Helias

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    Helias



    _autore: Martj
    _genere: giallo/thriller/drammatico
    _rating:
    _tipologia:
    _breve descrizione: Helias è un ragazzo deviato, che soffre di disturbo ossessivo-compulsivo.
    Mi definiscono uno psicotico assassino che si abbandona a esplosioni di furia incontrollata, senza alcun rimorso di coscienza. La mia personalità è estremamente instabile e fidarsi di me può essere letale: qualunque cosa succeda, cercherò sempre di preservare me stesso. Non ho rispetto per la vita altrui, godo enormemente nel commettere omicidi e non so cosa sia la pietà. La normale facoltà di provare compassione è stata estirpata, vittima di una lenta, precisa volontà. Sto semplicemente imitando la realtà, non sono altro che la grottesca caricatura di un essere umano. Ho nelle vene un male terribile, da cui è impossibile guarire. Una malattia che ha iniziato a manifestarsi in me fin dai primi anni d'età, dapprima in modo quasi impercettibile, poi con la fatalità di una condanna: la follia.
    _note: In realtà, questo è un pezzo di una storia di un mio personaggio per un gdr, ma sono così affezionata a lui (per quanto si possa essere affezionati a uno psicotico assassino) che mi piacerebbe scriverci una storia a capitoli, perché no :miniheart: questo, comunque, è solo uno dei tanti pezzi che ho scritto su di lui e che mi piace particolarmente. Volevo farvelo leggere per avere vostri consigli, vostre impressioni, quello che volete lol poi in futuro, chissà, finirò davvero per scriverci una storia :uff:
    !IMPORTANTE! il tutto è ambientato nel medioevo




    Era davvero una bizzarra sensazione, quella che si avvertiva ponendo fine alla vita di un essere umano. L'adrenalina lasciava spazio alla confusione e all'ebbrezza, per poi far sprofondare l'animo dell'assassino nella disperazione e nel lacerante senso di colpa. Tutto ciò, comunque, non accadeva al giovane Helias. La misera zecca si era evoluta, e ormai non si accontentava più di qualche piccolo animaletto a cui succhiare il sangue per trarne nutrimento e vita. Per sopravvivere, ormai, Helias aveva bisogno di qualcos'altro.
    Il giorno calò silenzioso. Una pace primordiale travolse gli spiriti stanchi e grigi, dipingendo il mondo intero di un colore tenero e opaco. Le misere anime trovavano finalmente la serenità tanto agognata, e tutto riposava. Il crepuscolo inondava le strade del mondo con la propria grigia consistenza, lasciando della giornata appena trascorsa nient'altro che fumo, vapore. Eppure vi era qualcuno incapace di trovare anche un solo istante di riposo. Il giovane Helias aveva compiuto sedici anni quello stesso giorno, e l'idea di una sua partenza dalla casa paterna iniziava a delinearsi all'orizzonte: prima o poi sarebbe stato costretto a lasciare la fortezza nella quale era cresciuto, nella quale aveva mosso i primi passi da essere umano. Dunque si limitava ad osservare il crepuscolo dalla finestra della sua camera, consapevole che forse quella sarebbe stata l'ultima volta in cui i suoi occhi color indaco avrebbero incrociato il labile azzurro del cielo morente.
    Alle sue orecchie giungevano strane voci, strani urli. Una massa di gridi discordi gli vorticava nella mente sgombra di pensieri, mentre una strana sensazione di appagamento lo travolgeva. L'intimo Crepuscolo, la tetra Notte... simboleggiavano per lui le stancati e solenni ore della propria vita. Ed era proprio in quel momento del giorno che la sua voce oscura si ridestava, esigendo un pagamento di sangue: il misero Helias ubbidiva. Partiva per la sua caccia, lasciando le accoglienti stanze paterne senza farsi notare, e svanendo come un'ombra nel lutto della Notte.
    Giungeva in strada con il fiato pesante e si sentiva come frastornato, ubriaco di quell'adrenalina che gli pulsava in ogni piccola particella del corpo gracile e grottesco. Era in quei momenti che gli era chiaro che senza il dolce e inebriante profumo del sangue la sua vita non avrebbe avuto alcun senso. Doveva conoscerlo alla perfezione, doveva imprimere quell'aroma scarlatto nella sua mente per poterlo esplorare e vivere a fondo.
    E proprio mentre la sua mente veniva inondata dal caos, la vide.
    Una ragazza, di spalle, camminava con passi lenti e aggraziati per le strade affollate della città plumbea con la testa chinata, come in segno di rispetto e sottomissione. Teneva i lunghi capelli biondi avvolti in un'acconciatura modesta, e il suo esile corpo era avvolto da tessuti umili e affatto vistosi. La seguì, agile e silenzioso, pregustando il sapore della sua pelle, e il delicato profumo del suo sangue. Doveva possederlo, doveva viverlo e inebriarsene. Lui stesso era nato nel sangue, e nel sangue avrebbe annegato la sua misera e innaturale esistenza.
    Quando poco a poco la folla svanì e i due ragazzi si trovarono da soli, il giovane Helias capì che il momento era arrivato. La fanciulla non si era accorta della sua presenza malevola, né si era voltata per accertarsi di non essere seguita. Era come paralizzata, immobile per via di quella sensazione di gelo che l'aveva travolta. Sentiva una presenza osservarla, trafiggerla, ma non aveva il coraggio di voltarsi e scoprirlo.
    Quando poi Helias fu abbastanza vicino, la ragazza si girò di scatto. Inorridì alla vista del ragazzo, il cui viso era deformato da una smorfia di sadico divertimento. Non ebbe il tempo di gridare, né di emettere anche il più piccolo, impercettibile sospiro, poiché Helias le fu subito addosso. Le strinse il collo con violenza, socchiudendo gli occhi e lasciando che la fresca brezza gli scompigliasse i capelli. Non la guardò negli occhi mentre la uccideva, come molti potrebbero erroneamente pensare: Helias non era affatto interessato ad osservare la luce vitale che abbandonava lo sguardo vitreo e terrorizzato delle sue vittime. Semplicemente si beava di quel momento, tenendo gli occhi socchiusi e ascoltando la voce del proprio spirito. Non notò le esili macchioline brune spruzzate qua e là sul viso della ragazza, né si accorse che portava degli orecchini d'argento ai lobi. Non vide i suoi occhi color nocciola osservare il vuoto, né le sue labbra sottili e rosee contrarsi in una smorfia di dolore e paura: tutto ciò che vedeva altro non era che il buio più totale, il silenzio più assoluto.
    E quando il corpo della fanciulla smise di agitarsi e divincolarsi, Helias sospirò, sollevato. Lasciò che il cadavere scivolasse via dalle sue braccia, dopodiché osservò come incantato un rivolo di sangue denso che le rigava il volto livido.
    Si sentiva sfinito, confuso e stranamente consapevole che nulla al mondo, quella notte, potesse essere più bello di quel piccolo rivolo di liquido purpureo. Al contrario, era convinto che non esistesse nulla al mondo capace di eguagliare simile perfezione e magnificenza.
    Fece ritorno a casa propria correndo come un forsennato, inciampando più volte e rischiando di travolgere gli abitanti della città, muti di fronte a tanta dimostrazione di scelleratezza. “Questi ragazzi, così irrispettosi...”
    In vita sua non aveva mai compreso con esattezza cosa fosse la felicità, ma quella notte qualcosa gli suggeriva di averla finalmente trovata. Per tutta la sua vita aveva conosciuto solo brevi istanti di grossolana e stupida allegria, ben lontani da ciò che provava in quel momento tanto sublime. Sentiva di essere rinato dalle proprie ceneri, di aver finalmente abbandonato il suo nascondiglio tra le rocce per esplorare il mondo in tutta la sua molteplicità. Quella notte si addormentò con il sorriso sulle labbra e il sapore dolce del miele in bocca. Ripensò all'anziana donna che lo aveva cresciuto, ai bambini che non osavano avvicinarsi a lui, al sovrano che lo aveva salvato, alla donna dai capelli scarlatti che tormentava le sue notti, ai suoi fratellastri, al cavallo argenteo di suo padre adottivo, al ragazzino che aveva ucciso a otto anni.
    Analizzò i brandelli e le rovine dei suoi ricordi come in trance, dopodiché le palpebre pesanti si socchiusero. Sentì l'aroma del legno marcio, della polvere, del sudore, dell'inchiostro, della pergamena, delle stalle, del sangue, dei fiori variopinti, del formaggio, del pesce marcio del mercato della città. Nella sua mente vi era un tale tripudio di ricordi, di sensazioni e di profumi che quasi non riuscì ad addormentarsi. Ma, dopo pochi secondi, la piccola zecca sprofondò in un sonno senza sogni, sereno come mai lo era stato in vita sua.
    Tutto ciò accadeva solo quando il plumbeo Crepuscolo avvolgeva il mondo, e quando la lugubre Notte prendeva il posto del giorno, durante il quale l'animo di Helias era sopito.
     
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