Violet

Fantasy, Romantico, Avventura | Arancione

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    Capitolo 03 - Il Consiglio

    Il vestito rosso che avevo chiesto a Marien di tirare fuori altro non era se non una divisa dell’esercito che designava il grado di luogotenente, ovvero colui il quale stava a capo di una squadra di uomini, solitamente da cento a trecento soldati, che potevano essere impiegati per varie missioni. A capo dei luogotenenti c’era un Comandante scelto tra le guardie giurate del re. Orvo era divisa in quattro Ducati ed ognuno di essi aveva il proprio Comandante. Tutti i Comandanti eseguivano gli ordini del Generale che stava al vertice della scala piramidale di potere e che era alle dirette dipendenze del re: era egli stesso, infatti, a sceglierlo tra gli uomini più valorosi. In tempo di pace, il Generale non era una figura cui si faceva spesso riferimento se non per questioni specificatamente burocratiche e ad esercitare l’effettivo potere di coordinazione dei quattro eserciti dei Ducati erano appunto i loro Comandanti. Gli eserciti stessi erano dunque alle dipendenze dell’aristocrazia più in vista – quella il cui capofamiglia si avvaleva del titolo di Duca – ed i Comandanti erano solitamente scelti all’interno della famiglia stessa tra i figli cadetti. Ma tutte le forze armate giuravano assoluta fedeltà al re ed in ogni caso dipendevano da lui: in tempi di guerra quindi, per unire le forze, era il Generale del re a prendere potere e si occupava di coordinare le azioni militari.
    Nonostante fossi l’unica donna della regia milizia, avevo preteso di indossare i pantaloni da uomo della divisa (adattati alle mie misure), in maniera da fornire meno pretesti per lanciare frecciatine a coloro i quali appariva divertente che fossi nel mucchio assieme a loro. C’era chi, tra le alte sfere, davanti al dilemma di ammettermi o meno tra le guardie scelte del re, aveva pensato che fosse opportuno far cucire una divisa più femminile, comprendendo tanto di gonna (anche se corta), in modo da conservare il senso della decenza e del decoro che un paio di pantaloni, a quanto pare, avrebbe mandato a quel paese. Ovviamente ne ero stata assolutamente contrariata: ci mancava solo che qualche deficiente in calore si mettesse a sbirciarmi sotto la gonna con la scusa degli allenamenti corpo a corpo. No, almeno i pantaloni mi avrebbero protetta e coperta di più anche se, di contro, risultavano un tantino troppo aderenti sulle mie forme tonde.
    La questione si era risolta optando sulla scelta di fornirmi due divise, quella maschile e quella femminile, per poter scegliere all’occorrenza quale fosse preferibile indossare a seconda dell’occasione. Inutile dirlo, avevo sùbito messo da parte quella con la gonna e avevo sempre optato per l’altra.
    Anche questa volta avevo scelto di indossare la divisa maschile, nonostante non sapessi cosa aspettarmi dal consiglio.
    Camminavo lungo il monotono corridoio di pietra illuminato appena dalla luce che filtrava dalle strette feritoie sulle pareti della roccaforte. I pantaloni di pelle neri mi fasciavano le gambe accompagnando comodamente i movimenti delle lunghe falcate che eseguivo percorrendo la strada che portava alla sala delle udienze. Sopra portavo una tunica lunga che mi arrivava a mezza coscia di lino rosso, fermata in vita da una cintura. Il seno sinistro era protetto da un giustacuore dello stesso cuoio degli stivali lunghi, nel tipico abbigliamento maschile.
    La divisa femminile, invece, non prevedeva i pantaloni e comprendeva un diverso tipo di protezione per il petto che coprisse entrambi i seni. Inoltre era di un colore più sbiadito e non vivido come il rosso acceso della divisa maschile, colore che si addiceva ad un uomo perché richiamava alla mente il sangue nemico versato in battaglia.
    I primi anni di allenamento sotto la guida di zio Klaus erano stati piuttosto sereni: gli altri ragazzi si divertivano a scimmiottarmi ma non erano davvero infastiditi dalla mia presenza, semmai divertiti e si prendevano gioco di me in un modo che mi faceva sentire partecipe dello scherzo. Non erano mai volutamente cattivi ed apprezzavano il fatto che migliorassi di pari passo a loro. Gli anni più difficili furono quelli successivi: Klaus mi aveva portata alla corte sia per presentarmi come giovane di buona famiglia, sia per farmi approvare nell’esercito, qualcosa di assolutamente inusuale per non dire di mai tentato prima. Si era prodigato a lungo per far valere le sue ragioni in consiglio e spiegare i motivi per cui potevo essere d’aiuto al mio re, nonché al resto dei soldati. Se non bastavano le mie capacità fisiche da sole ad impressionare i Comandanti, la mia facoltà di condizionare lo scorrere del tempo avrebbe senza dubbio giovato ad ogni causa per cui fosse stata impiegata. Fu dunque soprattutto la mia eccezionale dote psichica a garantirmi l’accesso ad una casta così rigida e tradizionale come quella della milizia. Ma nonostante questo, molti uomini non vennero mai a patti col mio esser donna e che fossi successivamente stata scelta per comandare su alcuni di loro. Credevano che fosse stata solo l’influenza di Klaus a permettermi di infiltrarmi fra di loro. La maggior parte del tempo cercavo di non badare ai loro commenti caustici gratuiti, ma quando potevo, durante qualche scontro amichevole di allenamento, la facevo pagare loro sconfiggendoli ed umiliandoli persino davanti ai novellini. Questo non mi procurò certo la loro simpatia, anzi, nonostante avessi dimostrato ampiamente di meritare il mio posto, non mi perdonarono mai la dimostrazione di forza che li aveva portati ad essere sconfitti da una donna. Ma a me non era mai importato molto della loro opinione, per cui traevo solo soddisfazione da quei pochi momenti di riscatto.
    Comunque altri furono di vedute più ampie, per fortuna, altrimenti non avrei avuto tregua. Dopo la morte dello zio, però, le cose parvero peggiorare perché non ci fu più la sua presenza a proteggermi; mi isolai maggiormente anche a causa della delusione bruciante e della ferita fresca del tradimento da parte della persona che credevo di amare.
    Dovetti costringermi a tornare alla realtà quando arrivai al luogo dell’incontro, dove un soldato semplice mi ingiunse di fermarmi e attendere un momento, affinché mi annunciasse all'interno della sala in cui era riunito il Consiglio. Presto il brusio cessò e mi fu permesso di varcare la soglia che dava su un vasto spazio circolare, occupato da un largo tavolo centrale. Con un rapido sguardo vidi Raafael presiedere il nutrito gruppo di persone, formato da tutti i luogotenenti dell’esercito del Ducato regio: in tutto, seduti davanti quell'immenso tavolo rotondo, si trovavano quindici persone, escluso il Comandante.
    Feci il mio cenno di saluto rivolto alla folla ma non mi sprecai a parlare.
    Raafael mi fissò per un momento prima di prendere la parola ufficialmente: «Benvenuta luogotenente Knight. Prego, accomodati» disse indicando l’unico posto rimasto vacante al tavolo.
    Mi ci adagiai con perfetta calma, studiando i volti degli uomini e cercando di decifrare le loro disposizioni d’animo.
    «Sapete perché siete stata convocata davanti al consiglio?» mi fu chiesto dal secondo al comando di Raafael, un uomo di mezz’età dai capelli grigi ed il volto segnato da numerose cicatrici e dai segni del tempo: Rufus non aveva mai nutrito molta simpatia nei miei confronti ma mi aveva tollerata solo sotto insistenza del Comandante stesso.
    «Suppongo che il motivo sia la missione che ho condotto la scorsa notte» risposi placidamente ma con voce ben udibile a tutti. Non potevo permettere che pensassero fossi intimorita dal fronte compatto che avevano costituito.
    «Non è esatto. Non si è trattata di una missione perché non avete avuto il permesso per la spedizione da parte del Comandante! La vostra è stata un’azione non autorizzata che ha messo in pericolo le vite di alcuni uomini del nostro esercito. Cosa avete da dire a vostra discolpa?»
    «Solo che combattiamo il Falco da anni ed è consuetudine ormai agire anche senza nessun consenso esplicito contro questo nemico. Si sono verificati altri casi in cui è stato necessario passare all’azione prima che gli eventi peggiorassero. Non ho agito diversamente da come avrebbe ritenuto opportuno qualsiasi altro luogotenente.»
    «Voi vi siete infiltrata nel suo covo! Non vi trovavate in campo a combattere contro i suoi uomini!» la voce di Rufus si fece più aspra, l’espressione contratta nel disgusto. Probabilmente si sentiva oltraggiato per il dover discutere di azioni militari con una donna.
    «C’era il pericolo che avesse catturato l’uomo che cerchiamo.»
    «E questo giustificherebbe il rischio cui avete esposto i vostri uomini?»
    «Abbondantemente.»
    «Stolta! Lo sapevo che una donna come voi non può capire gli affari militari! Questa non ne è che una conferma!» sbraitò mettendo da parte qualsiasi formalità.
    «Vice-comandante Rufus», lo apostrofai, «Se non sbaglio foste proprio voi a lamentare la mia immaginaria inettitudine quando richiesi di entrare nell’esercito, adducendo come pretesto il fatto che una donna non avrebbe avuto il cuore di prendere decisioni difficili come quella di mettere in pericolo la vita di altri uomini al proprio comando. Ora avete da ridire sul fatto che ho agito proprio come un uomo, addossandomi le mie responsabilità?»
    Questo lo fece diventare rosso di collera e gli fece perdere ulteriormente il controllo del proprio tono di voce. «Le vostre responsabilità?! E come intendete assumervele? Avete pensato bene di rischiare solo per delle voci. Delle voci! Nemmeno avevate la certezza quando avete comandato ai vostri uomini di seguirvi in quella che molto probabilmente era una missione suicida!»
    «Con tutto il rispetto, signore, ma i miei uomini sono tornati incolumi. Non ci sono stati danni irreparabili e questo mi sembra già di per sé un ottimo risultato. Per di più, come ho detto, era un rischio che andava corso. Nel caso che le voci si fossero rivelate fondate…»
    «Quello che non capite, signorina», mi interruppe apostrofandomi come se non avessi il grado di luogotenente ma fossi una semplice civile, «è che si tratta solo di voci e leggende. Sempre! Insistete ancora nel cercare questa persona che presumibilmente ha un potere simile al vostro ma non abbiamo prove della sua esistenza!»
    Iniziavo ad esasperarmi ed a perdere la pazienza a mia volta. «Io stessa sono una prova sufficiente! Se esisto io perché non dovrebbe essere vera tutta la leggenda? Parlate tanto di rischi e di perdite, ma vi rendete conto che se una persona col mio potere cadesse nelle mani di Samuel per noi aumenterebbero esponenzialmente i pericoli di perdere la vita in battaglia? Ancora di più, un solo uomo che usasse per fini malvagi le capacità che ho io potrebbe persino arrivare ad uccidere facilmente il nostro re davanti ogni occhi di centomila soldati. Non ci sarebbero più protezioni, avete pensato a questo?!»
    Ero seccata di dover sempre ripetere le mie ragioni e vederle puntualmente sottovalutate. Nessuno si degnava mai di prendere in considerazione quello che dicevo, tutti preferivano pensare che stessi solo esagerando e che non fosse possibile che si verificasse ciò che tanto temevo. Le possibilità che denunciavo erano così tragiche che nessuno voleva davvero fermarcisi a riflettere. Mi sembravano tutti una marea di codardi senza spina dorsale, troppo attaccati ai loro onori e ai gradi militari, alla loro carriera e al loro stupido orgoglio maschile per accorgersi che tutto ciò che avevano costruito e che proteggevano si fondava sulla sabbia e non su solida roccia come preferivano pensare.
    Puntualmente udii lo sbuffo spazientito di Rufus. «Vi sopravvalutate, luogotenente Knight.» Ora sbeffeggiava persino la mia carica.
    Prima che potessi ribattere ancora più acidamente di quanto avessi fatto fino ad ora, prese la parola Raafael che si era accorto che ero al limite e stavo per perdere il controllo: «Ora basta, ricordatevi che siamo in consiglio e dovete tenere un comportamento onorevole» ci riprese.
    Ci zittimmo tutti e due ma continuammo a guardarci scontenti ognuno ai capi opposti del grande tavolo. Gli altri luogotenenti avevano assistito allo scambio nel più assoluto silenzio nonostante quelli non fossero argomenti di discussione nuovi. Solitamente, però, non ci trovavamo riuniti in una simile formalità.
    «Erin, per favore, non vogliamo discutere ancora della leggenda dei bambini del tempo. Abbiamo già stabilito che ognuno è libero di pensarla come vuole e a te non abbiamo mai vietato di condurre le tue ricerche, anche usando gli uomini della tua unità. Ma questa volta ti sei spinta troppo oltre.»
    «Quindi per quale motivo mi avete convocata? Volete vietarmi di continuarle?»
    «Voglio evitare che tu metta in pericolo altre persone per i tuoi scopi, quindi ho deciso di revocarti il comando della tua squadra. Gli uomini che ti erano stati assegnati torneranno sotto il comando di Vladimir.» Indicò con una mano l’interessato che sedeva ad un paio di posti di distanza dal mio.
    Era davvero il colmo: mi avevano affidato solamente trenta uomini quando un semplice luogotenente minore aveva sotto il suo comando un centinaio di soldati e non avevo potuto fare molto per protestare perché il mio sesso mi aveva penalizzata. Ero stata da sola contro tutti e avevo dovuto accontentarmi, dicendomi che avrei dimostrato il mio valore con quello che avevo ma che, in futuro, tutti loro sarebbero stati costretti a riconoscere il fatto che avessi le capacità necessarie anche per diventare luogotenente maggiore – carica che permetteva di disporre, solitamente, di circa trecento soldati.
    Ora mi stavano togliendo pure quei pochi che mi avevano affidato, e la cosa non poteva che farmi rabbia, nonostante fossi sempre stata ben consapevole che non erano stati altro che un contentino: sapevano che la carica mi spettava di diritto. Avevo superato, infatti, tutte le prove obbligatorie, sconfiggendo gli avversari e dimostrando di essere un abile stratega, guadagnandomi il diritto di assumere il comando di un manipolo di uomini. Ma per fare tutti contenti – tutti tranne me invero – si erano limitati ad assegnarmene la modica cifra di trenta individui contro i cento che, come minimo, mi spettavano!
    «Quindi mi state revocando la carica!», constatai.
    «No, non voglio arrivare a tanto. Quella te la sei guadagnata.» Raafael aveva un’espressione seria ma doveva sicuramente stare prendendomi il giro.
    «Di chi o che cosa dovrei essere “luogotenente” se non ho più uomini? Una sola persona non fa squadra», gli feci notare esasperata.
    «Rimarrai luogotenente in carica e avrai diritto a due soli soldati.»
    «Due soldati?! Ti stai prendendo gioco di me?»
    «Modera i termini, luogotenente Knight», mi riprese Athor, un maggiore seduto poco distante dal Comandante, calcando volutamente sul titolo. Lo fissai per un lungo momento facendogli capire, senza usare parole, che ero ben consapevole che ormai la mia carica fosse stata svuotata di qualsiasi significato. E che non ne ero affatto contenta.
    Sospirai, cercando di calmare i nervi e di parlare con un tono di voce controllato. «Molto bene. Se non ho più i miei uomini, chi saranno questi due che staranno sotto il mio comando?» Non riuscii a celare del tutto l’ironia.
    «Puoi sceglierli tu stessa», mi concesse Raafael. «Se non sbaglio ieri ti sei lamentata dell’inettitudine di quelli che ti avevamo fornito. Questa volta puoi scegliere di persona chi farà parte della tua squadra. L’unica condizione è che loro siano d’accordo a sottostare al tuo comando, che ti obbediscano e siano disposti a rischiare la loro vita per le missioni in cui vorrai mandarli.»
    «Nessuno dell’esercito si sottometterebbe mai a queste condizioni. Nessuno mi seguirebbe di sua spontanea volontà» fui costretta ad ammettere.
    «Se non troverai qualcuno rimarrai sola e la tua carica di luogotenente rimarrà priva di effettivo potere, per quanto poco te ne sto concedendo.»
    «E se ne trovassi più di due?» lo sfidai. «Se la scelta fosse degli uomini e loro decidessero di mettere la loro vita nelle mie mani, per la mia causa, ci sarebbe bisogno di limitare il comando a sole due persone?»
    Di nuovo Rufus sbuffò e sentii molti ridacchiare delle mie parole, ma nessuno ebbe effettivamente nulla da dire in contrario: tutti credevano che fosse una cosa impossibile.
    «La mia scelta di toglierti gli uomini è stata dettata soprattutto dal fatto che molti di loro si sono lamentati. Quindi no: se troverai qualcuno disposto a seguirti non vedo perché non possano essere più di due.»
    Raafael aveva fatto un discorso serio e mi aveva praticamente dato la sua parola che non si sarebbe opposto a fornirmi il comando di quanti soldati si fossero volutamente sottomessi ai comandi di una donna.
    «E con questi uomini posso condurre le ricerche come preferisco?»
    Un muscolo guizzò sotto l’occhio di Raafael che non mi rispose ma mi squadrò in viso. Intanto nella sala si erano diffusi diversi mormorii di incredulità o scontentezza, non avrei saputo dirlo per certo. Forse a sgomentare gli uomini era la mia palese ostentazione di fiducia, o magari il fatto che continuassi imperterrita a fare le mie richieste nonostante il comandante, con quella convocazione, avesse voluto ammonirmi. In ogni caso non abbassai lo sguardo dal suo viso, perché attendevo ancora la sua risposta.
    «Non voglio che tu corra dei rischi» mi disse.
    «Far parte della guardia mi espone ad essi, costantemente. Non mi tirerò indietro se avrò l’opportunità di trovare l’uomo della leggenda, ma almeno non potrete accusarmi di aver inconsciamente messo in pericolo alcuno, visto che chi deciderà di seguirmi lo farà di sua spontanea volontà.»
    «Lasciala fare, Raafael» proruppe divertito Testano, un altro maggiore che andava molto d’accordo con Rufus. «Non troverà mai quello che cerca, dunque lasciala scorrazzare in giro come preferisce. Baderemo noi uomini a fare il nostro dovere nell’esercito. Se lei fosse impegnata in altro, almeno, ci eviterà il fastidio di averla attorno.»
    Con quel discorso suscitò l’ilarità generale. Io, dal mio canto, lo guardai come si guarda un animale e ci si chiede che livello di intelligenza possieda. Ero troppo abituata a quelle battutine per prendermela davvero, ed in ogni caso il suo poco diplomatico raccomandamento avrebbe in realtà giovato alla mia causa se il Comandante avesse deciso di ascoltarlo.
    «Il Falco la vuole» gli fece notare Raafael.
    Testano scrollò le spalle. «È una bella donna, nulla da dire, anche se ha un caratteraccio. Posso capire perché la desideri nel suo letto.» Altre risatine risuonarono attorno al tavolo. Ormai era come se non ci fossi.
    «La questione è seria. Non possiamo permetterci che la catturi.»
    «Ma fin ora non lo ha mai fatto.»
    «Ciò non diminuisce il rischio cui si espone.»
    «È lei che vuole correrlo. Che faccia pure quello che crede, ma lo faccia lontano da qui!» Le ovazioni per un momento crearono scompiglio tra gli uomini. Poi il Comandante richiamò tutti all’attenzione e alla serietà, prima di rivolgersi a me.
    «Erin, non possiamo proteggerti dal pericolo se ti ostini a fare di testa tua. Tuttavia non possiamo nemmeno impedirti di andare avanti con le tue ricerche.» Di sottofondo sentii qualcuno dire “E chi vuole farlo?”. «Ti sei guadagnata la carica di luogotenente e la manterrai, ma come ho già detto avrai sotto il tuo comando solo gli uomini che saranno disposti ad eseguire i tuoi ordini, altrimenti non avrai nessuno. Quindi cerca di usare il tuo giudizio e di non cacciarti in situazioni pericolose se non hai qualcuno a coprirti le spalle.» Così Raafael concluse il suo discorso e pose le condizioni per farmi rimanere in carica nell’esercito, togliendomi effettivo potere. Ma ero riuscita comunque a farne stabilire una che mi avrebbe permesso di riacquistarlo se fossi stata abile a maneggiare a mio favore le clausole esposte.
    Avevo appena finito di fare un inchino di accettazione al Comandante che Rufus si rivolse di nuovo a me aspramente: «Stai solo perdendo tempo, luogotenente Knight! Non c’è nessuno là fuori che abbia il tuo stesso potere. Sei solo uno scherzo della natura e nient’altro! Non sei destinata a nessuna missione gloriosa, che tu lo voglia credere o meno, sono solo credenze popolari!»
    «Potrebbe anche darsi, signore, ma non sono disposta a correre il rischio di sottovalutare queste credenze popolari: se ci sbagliassimo, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche non solo per noi ma per tutto il nostro regno.»
    «Solo perché il tuo potere ti rende un po’ più veloce degli altri, non significa che tu sia imbattibile. E così non sarebbe nessun altro uomo con lo stesso potere!»
    «Voi non comprendete affatto la natura della mia capacità e continuate a sminuirla.»
    «Oh, vi ho visto sconfiggere alcuni dei nostri uomini migliori a duello, ma dubito che un esercito intero non sia in grado di fermarvi. Anzi, sarebbero sufficienti solo le persone presenti in questa stanza per rendervi totalmente inoffensiva, per quanto veloce possiate mai essere!»
    «Vi sbagliate di grosso, signore. Solo perché ho mostrato una parte dei miei poteri non significa che le mie capacità si limitino a quello. A dirla tutta finora sono stata clemente con i vostri soldati.»
    Rufus proruppe in una risata denigratoria. Qualcuno degli altri si accigliò per la mia impudenza.
    «State forse insinuando di essere in grado di sconfiggerci tutti assieme?» domandò Rufus come se non potesse credere a quello che sentiva. «Raafael, penso che la ragazza sia uscita di senno, hai sentito che ha detto?»
    Egli non gli rispose ma si rivolse direttamente a me: «Saresti davvero capace di farlo?»
    Feci cenno di sì. Tutti gli altri ufficiali si mostravano ancora divertiti della cosa. Rufus non demorse e mi sfidò.
    «Perché non ci mostrate questo grande potere allora?» Dicendolo estrasse la spada che aveva appesa al fianco. Fedigar ed Uten, due dei luogotenenti minori, si animarono a quella provocazione del vecchio e, seguendone l’esempio, misero anche loro mano alle spade.
    Io ero disarmata e valutavo la situazione: era il caso che mi facessi trascinare in quella ridicola dimostrazione di forza? Mi dissi che non ci sarebbe stato nulla di male: ormai il danno era fatto, la mia squadra persa e, in più, avrei avuto l’occasione di far abbassare la cresta al Vice-Comandante che diventava ogni volta sempre più antipatico ed arrogante.
    «Come volete voi» accettai infine.
    Attesi che anche gli altri comandanti si mettessero in posizione di difesa, con le armi sguainate, ed inalai dell’aria, preparandomi ad esercitare il mio potere.
    Non appena imbrigliai metapsichicamente l’energia del tempo, che scorreva nel suo ritmo consueto, la obbligai a rallentare e rallentare, fino a far sembrare che il tempo si fosse fermato: nessuno batteva ciglio, o meglio, se qualcuno lo stava facendo il movimento risultava così lento che avrei potuto fare il giro completo dalla roccaforte due volte e la palpebra non si sarebbe ancora risollevata del tutto dopo essere discesa. Ora tutti i luogotenenti se ne stavano immobili davanti ai miei occhi ed io ebbi così modo di disarmarli ed impilare le armi in un angolo della sala, lontano dal tavolo. Usai i cordoni e le cinture, che stringevano in vita le casacche delle divise militari, per bloccare braccia e polsi dietro la schiena di coloro che avevano raccolto la sfida e sguainato la spada. Alcuni dei luogotenenti maggiori erano rimasti volutamente seduti al proprio posto: a loro tolsi solo le spade ma evitai di legarli per premiarli della loro accortezza. L’unico che non disarmai fu Raafael in segno di rispetto. Infine trascinai Rufus dalla parte opposta della sala dove, poco prima, mi ero trovata io di fronte al muro di uomini ormai ridotti all’impotenza e gli puntai un pugnale alla gola prima di ripristinare lo scorrere del tempo.
    Ogni volta che manipolavo il tempo col mio potere, dal mio corpo scaturiva un bagliore violetto che mi circondava per tutta la durata dell’azione: la mia vista assumeva le tinte di quel colore e mi permetteva di vedere perfettamente persino al buio. Per me era una condizione più o meno prolungata, ma per gli altri, che assistevano impotenti alla manifestazione delle mie doti, quel colore era un lampo, una luce che scaturiva e si esauriva nel giro di millesimi di secondo. Era un attimo che le loro pupille percepissero e registrassero nella memoria il folgore violaceo, ma tanto era sufficiente a lasciare loro dentro qualcosa. Era stata proprio questa manifestazione di luce, che precedeva puntualmente l’uso del potere, ad avermi valso il soprannome di “Violet”.
    D’improvviso tutti si accorsero con un sussulto e non poco sgomento di non poter muovere le braccia e di essere disarmati. Si guardarono attorno l’un l’altro prima di voltarsi e capire cosa fosse successo senza che nessuno se ne rendesse conto: mi videro puntare alla gola di Rufus la sua stessa lama affilata che avevo trovato nel suo mantello. Anche il diretto interessato capì cosa doveva essere accaduto: diventò di pietra accanto a me ed il respiro gli si mozzò in petto nell’istante in cui il suo cervello comprese il pericolo che correva. Raafael era stato il primo a riprendersi dalla sorpresa perché, in fondo, mi aveva creduto capace di fare quello che avevo asserito già prima della mia dimostrazione.
    «Non ci avevi mai mostrato prima questo livello di abilità» mi fece notare.
    «No, non lo avevo mai fatto» concordai.
    «Perché ora?» mi chiese semplicemente. Sapevo perfettamente cosa mi stava domandando: non avevo mai fatto nulla di simile prima d’ora, perché espormi e dare questa dimostrazione proprio in questo momento?
    «Continuate a sottovalutare il pericolo che deriva da una capacità come la mia. Finché è me che si sottovaluta non mi importa: io non ho nulla da dimostrare a nessuno. Ma se può esistere qualcun'altro sulla Terra che sia capace di fare anche solo la metà di quello che so fare io, allora è giusto che tutti valutino una simile evenienza. Quella che mi sono prefissata non è una missione di poco conto o il capriccio di una donna: è necessario trovare l’uomo della leggenda ed assicurarci la sua lealtà oppure ucciderlo, prima che lo faccia un altro e se ne serva contro di noi.»
    A quelle parole seguì un silenzio innaturale; Rufus continuava a non osare muoversi.
    Dopo qualche secondo mi scostai da lui abbandonando la presa e restituendogli il pugnale. Feci un cenno di congedo al mio Comandante e lasciai la sala dove più di metà Consiglio era ancora legato come un salame ed assolutamente attonito da ciò che era appena successo.
    Mi concessi un sorriso soddisfatto mentre tornavo ai miei alloggi: chissà, forse finalmente avrebbero preso più seriamente i miei timori e sarebbero stati meno restii a supportarmi nella mia missione. In ogni caso, mi sarebbe semplicemente bastato che smettessero di fare resistenza e mi lasciassero fare il mio lavoro: con o senza uomini al mio comando, non mi sarei lasciata fermare da niente e da nessuno.

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    Edited by Ryo13 - 16/1/2014, 18:20
     
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    Che bel capitolo Rita!
    Finalmente si è capito il perchè del soprannome Violet.
    Al posto suo, avrei tagliato a pezzettini la divisa di Rufus così, quando lei avrebbe fatto tornare il tempo al suo scorre normale, si sarebbe trovato senza vestiti xD
    Sono propio curiosa di sapere se troverà qualcuno che la seguirà nella sua missione.
    Complimenti come sempre!
     
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    Eheheh... beh, se davvero si fosse messa a tagliare la sua divisa, rischiava di essere punita con più severità XDD Non che non se lo meriti però Rufus un trattamento del genere XD
    Non voglio fare spoiler di sorta, così tutto sarà una sorpresa U.U
    Ahahah! <3
     
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  4. lee‚
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    Letto il capitolo!! *^*
    Complimentissimi Rita! XD E ora capisco perchè ti sei divertita a scrivere la fine, è molto bella...u.ù E fa capire bene le potenzialità di Violet, sono proprio curiosa di vedere ora come andranno le cose! Che uomini riuscirà a trovare e come si comporteranno con lei i comandanti d'ora in poi...u_u
    Molto bello, aspetto il seguito ♥
     
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    Grazie Lee xDD Sono contenta che la storia risulti interessante (almeno fin ora O.O ) xD
    Aggiornerò appena possibile ^^
     
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  6. dany the writer
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    Per il momento ho letto solo il primo capitolo, ma proseguirò sicuramente. Devo dire che il bacio con il proprio nemico giurato è una di quelle scene che, resa bene (come hai fatto qui), dimostra una carica visiva notevola. Una scena che ha il suo stile e che mi è piaciuta non poco ^^ La trama nella descrizione è un po' confusionaria, ma mi intriga :)

    A presto!
     
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    Sono contenta che ti interessi la storia xD In effetti quel bacio nel prologo ha più significato di quanto si può intendere dal racconto fino ad ora xD
    La confusione nella trama temo sia dovuta al fatto che si tratta di un fantasy, quindi è difficile rendere in breve ed in generale la verità di una realtà completamente altra e diversa dalla nostra XD
    Spero che continuaerai con la lettura XD O meglio, spero di riuscire a continuare ad affascinare, con la mia storia, i lettori eheh
     
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    Capitolo 04 - Boicottaggio

    Avevo passato la settimana successiva alla convocazione del Consiglio nella vana ricerca di soldati che mi affiancassero spontaneamente per aiutarmi nella mia missione e soprattutto che fossero disposti ad eseguire i miei comandi senza battere ciglio. In qualche modo, la notizia di ciò che era successo durante la riunione e la mia dimostrazione di potere si era in poco tempo diffusa tra le file dell’esercito suscitando le reazioni più disparate: non vi erano dubbi, tuttavia, che fosse opinione comune il doversi categoricamente tenere alla larga da me. I più vecchi parevano essere spaventati dalle mie capacità e le additavano come qualcosa di maligno e losco: ‘arti occulte’ le chiamavano, pensando che avrebbero portato alla morte chiunque si fosse avvicinato troppo alla mia persona. I più giovani e baldanzosi, invece, mascheravano la loro titubanza dietro uno sfrontato orgoglio: loro non temevano affatto il mio potere –affermavano– ma non si sarebbero mai abbassati a prendere ordini da una donna. Tantomeno da me.
    Mi ero lamentata della misera manciata di uomini che mi avevano affidato e successivamente tolto, ma dovevo riconoscere che, perlomeno, i novellini erano rimasti per lo più affascinati da ciò che sapevo fare e dalla fama che il soprannome “Violet” si trascinava dietro, per cui si erano dimostrati più facili da trattare. Ma ora persino loro parevano restii ad entrare a far parte del mio gruppo. La situazione appariva disperata: se non avessi trovato qualcuno al più presto non mi sarebbe rimasta altra scelta che proseguire le indagini da sola; il che non solo costituiva un peso eccessivo per le spalle di un'unica persona – fosse stato solo questo, avrei stretto i denti e sarei andata avanti a dispetto di qualsiasi fatica –, ma rallentava infinitamente il processo di ricerca e faceva drasticamente diminuire le possibilità di successo, oltre che alzare vertiginosamente il livello di pericolo cui mi sarei sottoposta: checché ne dicesse Raafael ed il resto del Consiglio, non ero una stupida ragazzina ossessionata dalla vendetta. Non più, per lo meno. Ora avevo piena coscienza della sciagura che sarebbe piombata sul mondo se non fossi riuscita a trovare l’uomo della leggenda prima che lo facessero altri al posto mio. Avevo avuto sei interi anni per riflettere sulle molteplici sfaccettature della situazione e mi ero convinta da tempo, ormai, che la mia sete di vendetta contro Samuel doveva essere mantenuta in secondo piano rispetto ad elementi più importanti. Certo, ragionando a mente fredda era sempre più facile, e dovevo ammettere che non poche volte mi era capitato di dimenticare i buoni propositi non appena mi trovavo a fronteggiare il mio mortale nemico, tuttavia dovevo riconoscere a me stessa che ero perlopiù riuscita a conservare una facciata fredda e distaccata e non avevo fatto trapelare troppo il mio odio sconfinato nei suoi confronti. Proprio come la notte dell’ultima missione conclusasi in un nulla di fatto, quando mi aveva teso una rete ben congegnata.
    Sospirai passandomi una mano tra i capelli mentre fissavo, senza vedere, il mio volto tirato sulla superficie riflettente dello specchio nella mia camera: non avendo un comando effettivo da esercitare quella mattina, così come le precedenti di quella lunga settimana, mi ero ritrovata senza nulla da fare, senza nessuna missione da svolgere. Ormai avevo praticamente fatto il giro di quasi ogni squadrone dell’esercito nella speranza di attirare qualche uomo dalla mia parte, ma non avevo ottenuto nulla e rimanevano solo pochi altri uomini cui fare appello prima di dichiararmi sconfitta. Non era stato per nulla facile dovere chiedere ad ognuno di quegli arroganti uomini se fossero disposti a seguirmi spontaneamente: nel migliore dei casi si erano limitati ad ignorarmi, altri mi avevano schernita e sbeffeggiata dicendo di andare ad elemosinare da qualche altra parte; pochi avevano rifiutato con la dovuta cortesia, spiegandomi che preferivano rimanere sotto il comando del loro luogotenente. Qualcuno mi aveva addirittura fatto delle proposte indecenti, cercando di attirarmi nel proprio letto in cambio del loro aiuto per la mia missione. Con questi ultimi non ero riuscita completamente a frenare il mio sdegno e avevo impartito loro una lezione, che non avrebbero più dimenticato, su come rivolgersi con rispetto ad una donna.
    Un altro sospiro. Com’era dura la vita di una ragazza in mezzo ad un manipolo di rozzi uomini! Probabilmente, se mi fossi sistemata come una perfetta bambolina alla corte, quelle stesse persone che ora mi disprezzavano avrebbero fatto a gara per ricevere i miei favori e non avrebbero tenuto in nessun conto il mio potere – figurarsi poi averne paura e soggezione –, ma sarebbero rimasti soggiogati dall’allettante invito del mio corpo.
    Sollevai lo sguardo e focalizzai la mia immagine: i capelli lunghi quasi fino alla vita, che di solito per amor di ordine e austerità tenevo legati in una stretta treccia, erano ora sciolti, lasciati liberi nell’intimo abitacolo del mio alloggio. Erano di un colore castano chiaro, dai riflessi dorati che, mi avevano detto, avevo ereditato da mia madre. Così privi di qualsiasi ornamento sembravano una coperta che mi avvolgeva scendendo mollemente oltre le spalle. Era tanto tempo che non usavo alcun gingillo per abbellirli e la cosa mi mancava un poco anche se non avrei potuto ammetterlo con nessuno: quando si viveva in un ambiente che ti disprezzava per il tuo sesso e si faceva di tutto pur di essere accettati, si finiva inevitabilmente a rinunciare a molte cose che, pur sembrando banali, recavano sollievo e gioia ad una ragazza. Non credevo di essere un tipo vanitoso, anzi, avevo dovuto rinunciare a qualsiasi cosa potesse rimandare alla mia femminilità nello sforzo di farmi accettare dagli uomini dell’esercito, ma non potevo comunque negare che mi mancassero le delicate attenzioni dei cavalieri, i vestiti ampi e vaporosi che sapevano modellarsi molto bene alla mia figura e sottolineare le mie forme migliori, i profumi, i trucchi, i gioielli… a volte mi mancava di usare certi vezzi femminili. Avevo dovuto bandire tutto questo per dedicarmi alle armi e all’inizio non mi era sembrato un gran sacrificio poiché il mondo maschile e militare aveva sempre esercitato un certo fascino su di me.
    La verità era che ero pienamente donna, ma non ero solamente questo: amavo che mi si notasse ed apprezzasse – quale donna non si sentirebbe lusingata di suscitare l’ammirazione della gente? –, ma contemporaneamente non mi bastava vivere rilegata della categoria cui appartenevo semplicemente perché non ci era concessa abbastanza libertà. L’universo femminile pareva svilupparsi all’interno di quello maschile, più ampio ed indipendente, secondo un modello ben definito dall’uomo stesso a cui una donna doveva sottomettersi senza obiezioni. Era così che una persona come me si ritrovava soffocata dalle tutte quelle regole che mi dicevano come comportarmi, come parlare, a cosa interessarmi… e si spingeva ancora oltre fino a pretendere di dirmi persino cosa pensare! Ma che dipendesse dal mio carattere o dalla mia particolare educazione, ero stata determinata a travalicare certi limiti e mi ero aperta a forza una strada per accedere al mondo così come appariva agli occhi di un uomo: grande, pieno di possibilità e soprattutto di azione. Ero una donna ma non mi sarei mai accontentata di sedere su una torre a ricamare tutto il giorno e a farmi ammirare dai corteggiatori alla sera. Non volevo appartenere ad un uomo, tantomeno desideravo che qualcuno, oltre me, decidesse del mio destino. Per ottenere ciò avevo dovuto soffocare la mia parte più debole, però: quella prettamente femminile.
    Ma era inutile rimpiangere qualcosa arrivati a tal punto: avevo più libertà di quanto una donna si fosse mai sognata, un potere che mi dava sufficiente protezione, un compito ben definito da assolvere. Compito che ero stata costretta a mettere momentaneamente da parte a causa degli intrighi del consiglio.
    Mi riscossi. Avevo pensato a sufficienza, mi dissi. Ora era tempo di passare all’azione e fare quel che si poteva nella misura delle nostre forze. E se ciò non fosse bastato, avrei dovuto trovare un altro modo. Il fallimento non era contemplato.
    Sollevai le mani e cominciai ad annodare i capelli con mosse rapide e consuete e fissai l’intreccio con un piccolo laccio di pelle molto resistente. Il viso, un po’ pallido al momento, era lindo: alla mia vanità non rimaneva che consolarsi con i lineamenti che erano regolari e morbidi e mi facevano apparire bella pur senza alcuna aggiunta di trucco. Probabilmente se fossi stata un po’ bruttina avrei avuto una vita più facile nell’esercito, ma non ero tanto ipocrita da rammaricarmi della mia avvenenza, soprattutto perché questa, in più di un’occasione, mi aveva tolto da certi impicci. Mai sottovalutare il potere che aveva un bel volto di affascinare un uomo: molti nemici si erano trovati ad esitare ed io avevo così potuto sconfiggerli senza aver nemmeno dovuto ricorrere al potere di rallentare il tempo.
    La tunica di verde lino grezzo che indossavo andava più che bene, dunque non ebbi bisogno di cambiarmi. Gettai un’occhiata alla camera spoglia che era perfettamente in ordine, raccolsi dal mobiletto vicino al letto il fodero contenente il pugnale di zio Klaus, lo allacciai alla cintura in vita e mi diressi alla porta, pronta per uscire.
    La mia camera si trovava all’interno del palazzo delle guardie, in una zona che ospitava gli alloggi dei soldati ma che era ben separata da essi. Questo trattamento di favore era l’unico che avessi mai incoraggiato perché davvero non ci tenevo a finire per sbaglio tra le grinfie di certi uomini e dormire troppo vicina a loro mi avrebbe esposto al pericolo di subire una violenza o peggio.
    Percorsi a grandi passi il corridoio che portava alle grandi scale. Il piano dove mi ero sistemata era il più alto ed isolato e per raggiunge gli alloggi maschili avrei dovuto scendere due rampe di scale. A quell’ora sapevo che avrei trovato i novellini impegnati negli allenamenti, mentre i più esperti si dividevano tra i compiti più disparati come quello, per esempio, di battere la città per controllo.
    Mi diressi, dunque, verso la grande uscita dell’imponente costruzione: il grande cortile esterno metteva in comunicazione gli alloggi con l’armamentario, il palazzo delle guardie dove venivano indetti i consigli, distribuiti i compiti e pianificate le azioni, ed il Palazzo regio, residenza di Re Gustav.
    All’interno dell’armamentario vi era una palestra dove tutte le guardie, periodicamente, dovevano allenarsi per mantenersi in forma. Le mie gambe mi guidarono con sicurezza, attraverso il cortile poco affollato, appunto in quella direzione.
    Varcata la soglia d’entrata assistetti per un certo tempo ai combattimenti. Ruston, il luogotenente di un plotone di cento uomini, stava allenando i suoi con la severità che lo caratterizzava. Poco più distante Vladimir era alle prese con quelli che fino a poco tempo fa erano stati i miei uomini. Mi avvicinai a questi ultimi che smisero di agitare le spade e, con un’aria preoccupata, passarono alternativamente lo sguardo tra me, il vecchio capo, e Vladimir, quello nuovo. Fu quest’ultimo a rompere il silenzio che si era diffuso, rivolgendomi la parola.
    «Siete venuta a chiedere se qualcuno vuole far parte del vostro plotone?» la voce calma e ferma aveva un timbro roco. Vladimir era uno dei pochi soldati che mi dimostrava una benaccetta indifferenza: non aveva mai pronunciato una parola contro di me, così come non si era mai pronunciato a favore. Nonostante non fosse uno degli atteggiamenti più calorosi che si desiderava ricevere, era certamente quello che preferivo tra gli altri che mi venivano riservati. A onor del vero, gli unici luogotenenti che mi mostrassero un aperto favore, per quanto ciò fosse possibile, erano Gaven, un maggiore, e Ketan, un minore.
    «“Plotone” non è forse il termine più esatto, Vladimir, ma hai ragione: sono qua per chiedere ai tuoi uomini se sono disposti a passare sotto il mio comando.»
    «Avete ragione, “plotone” non è il termine da usare in questa situazione», riconobbe. Poi si rivolse ai soldati, dicendo: «Dovreste ormai tutti sapere che al luogotenente Knight è stato concesso di riunire sotto si sé quanti uomini siano disposti a seguirla. Ora questa richiesta viene fatta a voi: qualcuno vuole aderire? Pensateci per bene ma velocemente e sappiate che nessuno verrà criticato dal sottoscritto per qualsiasi decisione prenderà. È stata concessa a tutti la più assoluta libertà.»
    I soldati rimasero in silenzio e continuarono a scrutarci come a valutare la situazione: avevano chiaramente già saputo come stavano le cose, e molti sembravano propensi a rimanere dove si trovavano. Solo i miei ex commilitoni evitarono accuratamente il mio sguardo, cosa che mi fece ripensare alle parole di Raafael di una settimana prima: si erano lamentati di trovarsi sotto il mio comando già prima che venisse offerta loro la possibilità di aggiungersi alle file di Vladimir. Era una cosa su cui, sul momento, avevo evitato di riflettere ma che successivamente mi aveva ferito non poco. Mi sarei aspettata più considerazione almeno da loro che avevano lavorato per molto tempo con me e sapevano quanto fossi valente. Cavolo, a molti di loro avevo persino salvato la vita in più di un’occasione, ma non avevano esitato ad abbandonarmi, nemmeno fossi un insopportabile vecchio caprone come Rufus!
    Misi da parte quei pensieri poco felici e notai che solo Eric, il giovane un po’ smilzo che mi aveva seguita nell’ultima missione, mi guardava, incerto se fosse opportuno proferire parola. Attesi qualche istante, ma fu tutto inutile. Volsi il mio sguardo, abbandonando il suo, e ringraziando Vladimir per il tempo concessomi e per la possibilità di fare la mia richiesta, mi avviai nuovamente all’uscita. Solo quando fui nel cortile, sentii dei passi affrettarsi nella mia direzione. Voltandomi riconobbi Eric che correva verso di me e lo attesi per sentire cosa aveva da dire.
    «Mi dispiace» sbottò.
    «Sei venuto fin qui solo per dirmi questo?» gli chiesi. «Torna ai tuoi allenamenti. Vladimir ha concesso a tutti il tempo per pensarci, non dovresti farlo arrabbiare perdendo tempo qui fuori con me.»
    «Lo so e mi dispiace, ma dovevo dirvi qualcosa. Io…» Sembrava non trovare le parole e si tormentava la nuca con una mano mentre teneva gli occhi bassi.
    «La scelta era libera, non mi devi nessuna spiegazione, Eric.»
    «Invece sì! Voglio che sappiate che non mi sono trovato male con voi al comando. Siete una donna nobile e coraggiosa e anche se siete severa, ci avete sempre trattato tutti con giustizia. Ma molti vedono solo quello che vogliono vedere, tengono troppo al loro orgoglio e non riconoscono i vostri meriti.»
    Sospirai. «Ti ringrazio della comprensione, Eric, ma anche se mi dici queste cose, nemmeno tu vuoi davvero stare dalla mia parte altrimenti ti saresti fatto avanti poco fa.»
    Le mie parole lo colpirono e lo fecero sentire colpevole, lo capii chiaramente. In realtà ciò che mi aveva detto mi aveva fatto piacere ma non riuscivo ad accettarlo del tutto perché in fondo mi sentivo ferita dal fatto che nemmeno lui, nonostante riconoscesse i miei sforzi, era stato disposto a schierarsi apertamente dalla mia parte.
    «Torna dal tuo luogotenente, ora. Dimostragli almeno che ti ho addestrato per bene.»
    Eric si morse un labbro e non si mosse. Mi fissava pieno di rammarico come se volesse ancora aggiungere qualcosa a quanto già detto. Lo tolsi di impiccio voltandomi ed andandomene per prima, ma fu allora che si decise ad aprire bocca.
    «Knight, la verità è che nessuno sarà disposto a passare dalla vostra parte!»
    Mi fermai a tornai a prestargli la mia attenzione. «Lo so. Nessuno vuole stare ai comandi di una donna, eccetera eccetera…»
    Lui scosse la testa. «Non si tratta solo di questo. Certo, siete una donna e ciò non migliora la situazione, ma il fatto è che troppe persone vi sono avverse perché avete il potere di sconfiggerle e questo urta il loro ego smisurato. Avete troppi nemici.»
    «Sì, sono cose che già so.»
    «Non capite! Il Vice-comandante Rufus assieme ai luogotenenti Sive, Terun, Fedigar ed Uten vi stanno boicottando.»
    «Cosa intendete dire?» chiesi sgomenta.
    Il nervosismo di Eric era nel frattempo aumentato e parlò velocemente, guardandosi attorno. «Corre voce che non siano rimasti molto contenti della vostra dimostrazione alla riunione del consiglio. Ho sentito dire che li avete disarmati tutti, legati con le cinghie e che avete puntato alla gola di Rufus la sua stesa spada, è vero?»
    «Sì, ma non si trattava di una spada, solo di un semplice pugnale. E mi sono limitata a legare solo coloro che avevano impugnato le armi contro di me.»
    Assentì con un cenno come se ciò che gli avevo detto confermasse le voci che aveva sentito.
    «Beh, dopo quello che è successo devono avere complottato tra di loro. Alcuni soldati dei loro battaglioni, miei amici, mi hanno riferito – e così hanno fatto con altri – che chiunque deciderà di unirsi al vostro seguito, subirà delle pesanti conseguenze. Ognuno di loro ha apertamente minacciato i propri uomini di non lasciarsi influenzare o tentare dalla vostra offerta perché altrimenti avrebbero fatto in modo da fargliene pentire. La minaccia è stata sottile ma efficace: la voce si è sparsa e ora tutti temono una ritorsione da parte loro. Sive e Terun sono luogotenenti maggiori per cui hanno molta influenza e nessuno li sottovaluta; Rufus, poi, sa essere un vero despota quando vuole qualcosa. Uten e Fedigar sono delle rinomate teste calde: se già prima erano pochi i soldati disposti a spalleggiarvi per i motivi che conoscete, ora non avete nessuna speranza di trovare qualcuno di così coraggioso da rischiare tanto. Le missioni sono già pericolose di per sé e fare il soldato non è semplice… nessuno vuole dover fronteggiare una minaccia che venga anche dall’interno. Quello che intendo dire è che non avreste possibilità nemmeno se foste stata un uomo, non contro un fronte così compatto, e per di più non avete solide alleanze su cui contare.»
    In realtà le alleanze ce le avevo eccome, anche se la maggior parte non avevano a che fare con la milizia, non direttamente almeno. Se avessi voluto, avrei potuto trovare un modo per esercitare pressione persino su quei luogotenenti che mi erano più ostili, però non avevo mai voluto approfittare di un simile stratagemma perché anche io avevo il mio orgoglio e tenevo molto a farcela con le mie sole forze. Ma ora? Sarei stata costretta a ripiegare su questo pur di spuntarla contro i miei nemici nell’esercito? Volevo davvero che questa fosse l’ultima spiaggia…
    «Ora capisci?»
    Eric aveva continuato a fissarmi aspettandosi una risposta da parte mia, ma io ero rimasta in silenzio a riflettere. Ora che aveva richiamato la mia attenzione, mi rivolsi a lui.
    «Sì, comprendo molte più cose in effetti. Ti ringrazio di avermi detto come stanno le cose. Probabilmente, se non fosse stato per te, non lo avrei scoperto molto presto. Forse mai.»
    «Non c’è di che, mi sembrava il minimo visto che, come avete giustamente detto voi, nemmeno io ho il coraggio di mettermi contro di loro per stare dalla vostra parte» disse con voce cupa ed il volto triste.
    In quel momento mi pentii di essere stata tanto dura con lui.
    «Oh, Eric, non devi preoccuparti. Prima ho parlato senza sapere. Non pretendo che nessuno si metta così a rischio per me, quindi non fartene una colpa, va bene?»
    «Sì, ma non posso che esserne dispiaciuto. Avrei voluto avere più influenza…»
    «Non sarebbe stato abbastanza in ogni caso, temo» lo disillusi, «Sarebbero stati comunque molto più numerosi degli alleati che avrei mai potuto raccogliere.»
    Nel frattempo notai un movimento indistinto alle spalle del ragazzo. Osservando meglio, vidi Ruston scrutarci curioso dall’armeria, il che mi fece riflettere su quanto fosse pericoloso parlare con Eric in pieno cortile, dove tutti potevano ben venderci: se la minaccia era stata così reale da spaventare tutti i soldati, non potevo rischiare che quel ragazzo subisse delle offese solo perché aveva parlato con me in privato. Cosa avrei fatto se qualcuno lo avesse colpito sospettando che mi avesse spiattellato tutte cose? Non che avrei potuto davvero fare nulla, anche sapendo quello che realmente stava accadendo, quindi non avevano motivo di temermi. Ma non ero disposta a rischiare l’incolumità di Eric sulla base di quella ipotesi, soprattutto non dopo che lui si era dimostrato così fedele da rincorrermi fuori dalla palestra, abbandonando gli allenamenti col suo nuovo luogotenente.
    Ripensandoci alla luce delle nuove informazioni apprese, ora le parole di Vladimir acquisivano una nuova sfumatura di significato: “sappiate che nessuno verrà criticato dal sottoscritto per qualsiasi decisione prenderà”. Dunque sapeva. E aveva messo in chiaro con i suoi uomini che lui non faceva parte del gruppo che voleva ostacolarmi. Avrei potuto avermene a male per il fatto che non si fosse premurato di spiegarmi egli stesso perché i suoi uomini aveva bisogno di una simile rassicurazione, ma lo conoscevo da troppo tempo per meravigliarmi e soprattutto preferivo essergli del tutto indifferente piuttosto che avversa.
    «Eric, ora credo sia meglio che tu vada. Non voglio rischiare di metterti in pericolo se ti vedono parlare con me.»
    Sgranò gli occhi come se quel pensiero gli balenasse in mente solo ora.
    «Tu pensi che possa succedere? Solo perché ti ho parlato qualche minuto?» era chiaramente spaventato da quella possibilità.
    Accennai di sì. «Perciò stai al gioco» lo avvertii appena prima di sguainare, con una mossa repentina, la spada dentro al fodero appeso al suo fianco che aveva usato per gli allenamenti.
    Sussultò sorpreso ed aprì la bocca in una muta protesta, ma capì in tempo cosa avessi avuto in mente e si mise in guardia.
    «E non osare più insultarmi con le tue parole, ragazzino!» gridai a beneficio di tutti i testimoni: se pensavano che mi avesse offeso in qualche modo, nessuno avrebbe sospettato che mi aveva in realtà aiutata.
    Eric finse di adirarsi per l’umiliazione subita ma si arrese presto davanti alla lama che gli puntavo a pochi centimetri dal corpo.
    Quando lo costrinsi a scusarsi, gli gettai la spada e mi voltai sdegnosamente, congedandomi da lui e dal resto del pubblico che ci aveva osservato dalle ombre, non senza prima rivolgergli un sincero sorriso di gratitudine che solo lui aveva potuto vedere e che ricambiò.
    Dopo quello che mi era stato rivelato, non me la sentii di tornare agli alloggi della caserma. Presi dunque la strada che portava fuori dalla zona militare rimuginando su tutto ciò che era accaduto negli ultimi tempi: il comportamento dei miei colleghi mi irritava non poco e adesso ero decisa più che mai a fare in modo che non mi ostacolassero. Non aveva importanza quale stratagemma avrei dovuto inventare: niente e nessuno mi avrebbe impedito di compiere il mio destino!

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    Edited by Ryo13 - 21/1/2014, 21:51
     
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    Eccomiiiiiiiiiiiii, ero rimasta indietrissimo! çwç
    Comunque mi sta piacendo molto la storia **
    La faccio breve e non mi soffermo troppo perché potrei parlare per ore XD
    Però mi fanno veramente rabbia questi uomini che prima la sottovalutano e poi la boicottano proprio per la sua forza.
    CHE ODIO! -.-
    Non so come fa Violet a starsene così tranquilla -.-
     
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    Beaaa XDD Sì anche a me fanno rabbia, ma in un mondo dove gli uomini sono abituati a capeggiare, non riescono proprio ad apprezzare che una donna sia più forte di loro e come se non bastasse sono devi veri e propri bastardi, lo so U.U Tra l'altro devono anche essere gelosi perché vorrebbero il potere di Violet per il loro tornaconto personale ^^
    Come fa Erin a stare tranquilla? In realtà non lo è poi tanto XD Ma sono anni che ha a che fare con questa politica militare e, oltre ad esserci abituata, ormai ha capito che non ha molto da fare per certe cose XD e poi ha imparato ad essere più sottile... non è più la ventenne impetuosa di una volta, crescendo tra mille delusioni ha capito che a volte una donna, per ottenere ciò che vuole, deve giocare di astuzia sfruttando quelle stesse regole che gli uomini le impongono e a volte, quando non c'è davvero molto da fare, allora va bene esplodere e riversare un po' di collera xD Ma sempre con classe e superiorità, proprio come ha fatto davanti al Consiglio! ahah

    A partire dal prossimo capitolo comunque, la storia entra ancora più nel vivo perché Erin dovrà inventarsi qualcosa per trovarsi da sola l'aiuto di cui ha di bisogno e visto che l'esercito tutto e sotto la minaccia di quei prepotenti.... che cosa potrebbe fare per cavarsi d'impiccio???
    Sarò cattiva -ma non tanto- ma vi lascio col dubbio XDD Altrimenti rischierei di svelare troppo del seguito!
    ahahah
     
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    Beaaa XDD Sì anche a me fanno rabbia, ma in un mondo dove gli uomini sono abituati a capeggiare, non riescono proprio ad apprezzare che una donna sia più forte di loro e come se non bastasse sono devi veri e propri bastardi, lo so U.U Tra l'altro devono anche essere gelosi perché vorrebbero il potere di Violet per il loro tornaconto personale ^^

    Non temete, non è un rimprovero il seguente xD Tutti vogliono il potere, se la situazione fosse capovolta, con le donne al comando che tentano di osteggiare un singolo uomo, non cambierebbe la situazione di fondo, cioè che tutti, indistintamente dal sesso e dalle condizioni, vogliono il potere. Che sia manovrare il tempo-spazio, bruciare un pianeta intero con lo sguardo o potere manovrare la vita di una moltitudine, il potere è univocamente desiderato e voluto, e logora chi non lo possiede, come scrisse Niccolò Macchiavelli ^^

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    Non so come fa Violet a starsene così tranquilla -.-

    Con la pazienza di una santa guerriera e il fervore di chi lotta per qualcosa u.u E dopo questo attimo di Dany the Ecclesiarch, devo dire che la storia diventa interessante :) Abbiamo due modi diversi di raccontare il militare fantasy, ma trovo notevole come lo rendi :) Ora riprenderò la lettura!
     
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    Non temete, non è un rimprovero il seguente xD Tutti vogliono il potere, se la situazione fosse capovolta, con le donne al comando che tentano di osteggiare un singolo uomo, non cambierebbe la situazione di fondo, cioè che tutti, indistintamente dal sesso e dalle condizioni, vogliono il potere. Che sia manovrare il tempo-spazio, bruciare un pianeta intero con lo sguardo o potere manovrare la vita di una moltitudine, il potere è univocamente desiderato e voluto, e logora chi non lo possiede, come scrisse Niccolò Macchiavelli ^^

    Sante parole! È proprio vero! XDD
    Però è anche vero che solo gli uomini vedono, in una singola donna che si "emancipa", un pericolo alla loro posizione di dominio U.U
    Socialemente parlando le donne non si sentono minacciate degli uomini o in competizione con loro - ovviamente escludendo le varie lotte di genere perché la donna fino ad oggi, finalmente ha trovato il modo di "ribellarsi" al giogo che l'uomo le aveva imposto... ma diciamo che è giustificata perché è stata "povocata" per metterla in termini poveri... ma non possiamo dilungarci di più, se no ne uscirebbe un trattato XD

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    Con la pazienza di una santa guerriera e il fervore di chi lotta per qualcosa u.u

    ALtra verità, questa! XD

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    devo dire che la storia diventa interessante :) Abbiamo due modi diversi di raccontare il militare fantasy, ma trovo notevole come lo rendi :) Ora riprenderò la lettura!

    Grazie ^///^
    Beh, del resto ognuno ha il suo modo di scrivere dopotutto xD Leggere di uno stesso tema in molti modi differenti, non soltanto arricchisce le conoscenza, ma stimola la lettura, impedendo che ci si stanchi XD




     
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  13. dany the writer
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    Sante parole! È proprio vero! XDD
    Però è anche vero che solo gli uomini vedono, in una singola donna che si "emancipa", un pericolo alla loro posizione di dominio U.U

    Questa sensazione di pericolo che gli uomini (noi uomini) proviamo ha radici molto, molto antiche. Si tratta degli archetipi, la nostra "memoria genetica".
    Mi spiego.
    Noi pensiamo di ricordare solo quello che la storia scritta e le fonti archeologiche hanno portato alla luce, ma in realtà la nostra mente ricorda, in maniera subconscia, eventi che risalgono al nostro più antico passato. Questi ricordi sono gli archetipi, quelle figure retoriche che troviamo onnipresenti nella nostra vita: la matriarca o grande madre, il vecchio, l'orfano, l'eroe, il vigliacco...sono archetipi, lasciti di un passato antichissimo.
    L'archetipo della paura verso la donna che "assume il controllo" si forma quando le società tribali, i nostri antenati delle caverne, modificano la propria struttura gerarchica da matriarcale a patriarcale, spostando tutta la gravità sul padre e togliendola alla "grande madre". Non sto blaterando su filosofie new-age o simili, ma solo evidenziando un passaggio storico più o meno accertato :)
    I cambiamenti non sono mai improvvisi, prendono molto tempo, durante il quale si forma l'archetipo dell'uomo al comando, che vediamo molto nelle prime società sumere, babilonesi ecc, ecc, ecc... il timore di un nuovo cambiamento induce gli uomini a vedere, per ragioni storiche, culturali e politiche, con astio una donna in comando.
    Pur considerando che le donne, spesso e volentieri, dimostrano capacità di comando molto equilibrate, meno impulsive e più portate al pensare "a lunga scadenza".

    Spero di non aver dato fastidio a nessuno con questo off-topic socio-culturale :)

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    Grazie ^///^
    Beh, del resto ognuno ha il suo modo di scrivere dopotutto xD Leggere di uno stesso tema in molti modi differenti, non soltanto arricchisce le conoscenza, ma stimola la lettura, impedendo che ci si stanchi XD

    Allora, non voglio fare spam della mia opera o simile, potresti trovare interessante il mio "The Eternal Crusade" ^^ Si tratta di due modi diversi di vedere il fantasy e la guerra in esso :)
     
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    No, l'off-topic socio-culturale è stato molto interessante e non l'ho considerato completamente una "filosofie new-age" come hai scritto xD
    Un po' di queste cose le sapevo grazie allo studio che ho fatto a scuola: sono senza dubbio molto affascinanti perché ci mostrano un lato della nostra psiche che di solito non consideriamo.... ovvero tutto quello che fa parte del sub-conscio che guida spesso e volentieri le nostra azioni e fa da base a certe motivazioni che noi stessi ci diamo, senza rendercene pienamente conto ^^
    Uno dei motivi per cui l'uomo ha inconsciamente soggezione della donna, accanto a quello che hai esposto, è che noi (donne) abbiamo il potere di procreare: è vero, senza il seme maschile non si va da nessuna parte, ma l'idea della donna feconda che accoglie all'interno del proprio corpo la vita e la fa sviluppare è qualcosa che ha da sempre affascinato ed intimorito gli uomini e che è stato visto di volta in volta come qualcosa di misterioso, magico, incredibile... e da ciò si è sviluppata una sorta di invidia per questo tipo di "potere" che gli uomini hanno appunto contrastato impradonendosi di un altro tipo di potere, ovvero quello politico (in tutte le sfaccettature) ^^
    Beh, non mi resta che citare Massimo Fini XD
    CITAZIONE
    Quest'abisso marino che la donna ha fra le gambe ha sempre fatto paura all'uomo. Perché rappresenta, materialmente e simbolicamente, la caoticità della femmina, la sua creatività, la sua inquietante fecondità. Da lì ha origine il mistero di tutti i misteri: la vita. E per questa atavica paura della donna, della femmina per essere precisi, che l'uomo ha sempre cercato di limitarla, di condizionarla, di recintarla, di confinarla, di controllarla, di sottometterla, di soggiogarla. E la vitalità della donna che fa paura. Il mondo femminile è primordiale, istintivo, ebbro, baccante, danzante, dionisiaco, quello dell'uomo è apollineo. La donna è la vita, l'uomo è la legge, la regola, il rigore, la morte.

    CITAZIONE
    Allora, non voglio fare spam della mia opera o simile, potresti trovare interessante il mio "The Eternal Crusade" ^^ Si tratta di due modi diversi di vedere il fantasy e la guerra in esso :)

    Appena trovo un po' di tempo, voglio leggerlo *w*
    Forse comunque potrò notare il diverso stile per quanto riguarda la categoria del fantasy, perché per come ho impostato la mia storia, la guerra è decisamente in secondo piano ^^ Al momento, nel mondo che ho creato, vige la pace e le truppe si hanno compiti semplici di prevenzione e controllo, mentre nel tuo racconto si è completamente immersi nella guerra a quanto ho capito (in realtà avevo già leggiucchiato il prologo, anche se non benissimo e dovevo rivederlo, ma non sono andata avanti perché me n'è mancato il tempo ^^)
     
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  15. dany the writer
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    User deleted


    Sono condizioni che ci portiamo dietro dall'alba dei tempi, molto prima della scrittura e della civiltà.
    Prima dell'agricoltura e dei campi, delle città e del bronzo, già esisteva la vita.
    500.000 anni e ancora non sappiamo davvero chi siamo e cosa ci facciamo qui. Abbiamo grattato la superficie del nostro essere, l'evoluzione ci porterà sempre più lontano ed un giorno, per noi molto lontano, i discesi dell'umanità si chiederanno: "ma eravamo davvero così?", guardando le ossa di qualche cantante o atleta famoso, esattamente come noi facciamo guardando le ossa di Lucy o dell'uomo di Cro-magnon.
    Piccola considerazione: il mistero della vita è lo stesso che pervadeva le menti dei nostri antenati, come la sopra citata Lucy. L'archetipo che non smetterà mai, almeno finché la nostra razza vivrà, di farci sognare e di inquietarci.

    Ora la smetto prima che ti riempio il topic di considerazioni e discorsi fuori dal contesto :) Però sono soddisfatto della discussione, è stata molto bella. Uno dei casi in cui internet, con i suoi forum, mostra quel che vale :)

    CITAZIONE
    Appena trovo un po' di tempo, voglio leggerlo *w*
    Forse comunque potrò notare il diverso stile per quanto riguarda la categoria del fantasy, perché per come ho impostato la mia storia, la guerra è decisamente in secondo piano ^^ Al momento, nel mondo che ho creato, vige la pace e le truppe si hanno compiti semplici di prevenzione e controllo, mentre nel tuo racconto si è completamente immersi nella guerra a quanto ho capito (in realtà avevo già leggiucchiato il prologo, anche se non benissimo e dovevo rivederlo, ma non sono andata avanti perché me n'è mancato il tempo ^^)

    Non vedo l'ora di sapere una tua opinione approfondita dunque :) Da te la situazione è molto più calma (per il momento), e si ha una cosa che da me non è presente da millenni: la pace.
    Nel mio, come hai detto, si è immersi in una guerra per la sopravvivenza, nella quale il singolo (me, te...il 99% della popolazione) non conta assolutamente niente ed è solo un pezzo sacrificabile di quell'ingranaggio che muove una distopia dispotica sull'orlo del baratro.
    Ma ne parleremo nel mio topic, così da non spammare qui :)

    Beh, mi cimento nella lettura degli altri pezzi, così da darti il mio parere sui capitoli indietro :)
     
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519 replies since 31/5/2012, 10:52   5785 views
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