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giallo | thriller

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    _autore: SybilByOscar
    _genere: thriller
    _rating: giallo
    _tipologia: one-shot
    _breve descrizione: La mente umana è labile, un qualcosa che non può essere studiato e che non verrà mai capito. Forse.
    _note: one shot scritta per il contest di scrittura #07; colore scelto: nero.



    [Amare se stessi è l’inizio di un idillio, che dura una vita.
    Oscar Wilde]



    Salem conta all’incirca quarantamila abitanti. Essere più, essere meno. Ogni abitante conosce tutto e niente dell’altro, senza porsi troppi interrogativi. Siamo circondati da boschi rigogliosi, e da arbusti possenti le cui radici paiono proteggerci senza porre fine alla bellezza di questo posto. Più mi guardo attorno, e più mi ritengo fortunato. La mia famiglia non è delle più ricche, e sicuramente non discende da coloro che hanno fondato la cittadina, ma la reputazione è qualcosa che con il passare del tempo, si forma. Si amalgama. La si guadagna rispettando le leggi. Le regole della buona convivenza e della semplice educazione. Tutto nella norma se solo la scuola non fosse stata inondata da un numero indefinito di bambini giocherelloni e sorridenti. Non c’è niente per la quale valga la pena di tendere il viso in una posa rocambolesca e stupida, perché contenti di assistere a lezioni tenute da maestri ancora più ignoranti di noi.
    «Mi chiamo Gabriel. Ho sette anni, e mi piace guardare la televisione. I cartoni animati sono la mia passione, ma anche i telefilm lo sono. Quelli a puntate dove i poliziotti catturano i cattivi, perché fanno qualcosa di sbagliato, e vanno puniti.» mi presento alla nuova classe, perché un nuovo anno scolastico ha inizio, e qui tutto ruota secondo una burocrazia un po’contorta «Mi piacciono anche i giocattoli. Le macchine e la velocità. Con il mio papà ci divertiamo a correre per i boschi, al parco… dovunque ci sia possibilità per stare insieme. E’ divertente.» continuo a spiegare, rivolgendomi ai miei compagni, che incuriositi mi guardano negli occhi. Chi annuisce, chi mi trova noioso. Chi invece alza la mano e pone qualche domanda, sapendo che alle questioni private spesso non rispondo, perché è di delicatezza e contegno di cui ho bisogno, in questo momento.
    «I miei genitori si stanno separando. Sapete…non vanno molto d’accordo. Ma io starò con entrambi. Mi hanno promesso che andrà tutto per il verso giusto…» cito con calma e pacatezza le testuali parole che i due adulti mi hanno rivolto, riportandole così ai miei amici «…e che mi vogliono bene.» sottolineo, sospirando. Con un fil di fiato concludo una presentazione scialba, accomodandomi poi al mio posto riservato e ordinato come solo io so tenere. Nella compostezza di un bambino della mia età, si intende. Non devo dare nell’occhio, e la recitazione è una delle mie qualità. C’è chi mi guarda in silenzio senza commentare. C’è chi, come l’insegnante, si complimenta per la mia capacità discorsiva e di intrattenimento. Dovrebbe solo osare a sostenere una teoria diversa da quella che ha appena elargito a tutti noi. Seguo le lezioni regolarmente. La ricreazione, giorno dopo giorno, diviene un momento come un altro per fare nuove conoscenze, e scambiarci parole per capire come siamo fatti. Se simili o diversi. Se simpatici o antipatici. In fondo siamo tutti dei bambini. «Non sono sicuri questi boschi sapete?»
    «E perché no?» domanda un mio compagno di classe, inarcando appena un sopracciglio, con fare perplesso. Scuoto il capo con tranquillità alzando un dito «Aveva sei anni il bambino che hanno trovato non molto lontano da questo parco giochi. Correva veloce. Sempre di più, guardandosi continuamente indietro per capire chi o cosa lo stesse inseguendo. E più lui correva, più la figura nera gli stava dietro. Ma ad un tratto, dietro uno dei tanti alberi il bambino ha incontrato un anziano signore…anche lui macchiato di sangue. Sangue che anche il piccolo aveva calpestato pur di non fermarsi.» racconto in un velo di divertimento, una delle tante leggende che popolano questa città. Sorrido, scoppiando poi a ridere, notando le loro espressioni sconvolte e terrorizzate «Sto scherzando!» esclamo per farli rilassare sebbene uno di loro, la mia migliore amica, se posso azzardare tale definizione, balzi in piedi in un unico scatto, quasi felino «Ma qui un bambino è stato ucciso veramente. Me lo ha detto la mamma questa mattina. Arriverà la polizia in questi giorni…» vocia tremante, scendendo dalla panchina sulla quale era seduta in maniera scomposta. «Magari anche lui era inseguito da una strega. Non puoi saperlo.» come stuzzico lei, provoco anche gli altri interlocutori, causando però una reazione che non mi convince.
    «Smettila Gabriel. Queste cose non si dicono. Era un bambino come noi, e ora non c’è più.» trema Emily, la mia amica, dandomi successivamente le spalle, come se il mio racconto fosse stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso, oramai troppo pieno, per non far più fuoriuscire dell’acqua torbida.
    «Emily mi dispiace. Stavo scherzando io…andiamo a casa.» invito i presenti a seguire il mio esempio, separandoci poi l’un l’altro. Osservo la bambina allontanarsi, sino a quando non scompare ed io mi dirigo verso una casa che non è più la stessa, da quando la mia mamma se ne è andata, abbandonando mio padre, per la futile convinzione che la stregoneria non esiste, e che se il contrario fosse vero, allora dovrebbe essere direttamente ricoverato in un manicomio, perché ritenuto pazzo. A me piace ed interessa questa sua visione distorta, e questa sua apertura verso una parte di storia che tutti tralasciano, perché inquietante. Lui è un uomo di media età, ben proporzionato, sia di altezza, che di peso. La mamma dice sempre, o forse è meglio, diceva sempre che gli somiglio. Aveva dannatamente ragione. Io e lui siamo due gocce d’acqua, copie peculiari dai tratti somatici differenti solo per la data di nascita. Mi vuole bene, mi porta sempre su un palmo di mano, perché ha capito che sono speciale. Come un tempo, suo padre aveva intuito che lo era lui. Di generazione in generazione, sempre al primo posto, in tutto e per tutto. «Sono a casa papà.» lo saluto subito, saltellando in sua direzione, trovandolo intento nello studiare un quaderno dalla copertina nera e dalle pagine ingiallite.
    «Cosa fai?» domando ciondolando un po’ su me stesso, concedendogli completa attenzione. Lui solleva lo sguardo, sorridendo «Lo sai anche tu che non c’è molto tempo, vero Gabriel?» comincia a bassa voce, tendendomi una mano. La stringo facendomi trascinare contro il petto, quando mi stringe, baciandomi la nuca. Annuisco senza proferir parola.
    «Ci sono troppi bambini qui. E nessuno è al tuo livello Gabriel. Dobbiamo ridurre tutto quanto…» sussurra al mio orecchio, aumentando la pressione delle braccia sul mio corpo.
    «Lo so papà. Sono stupidi. Tutti quanti.» dichiaro, ripensando mentalmente al fatto che nessuno dei miei coetanei sappia riconoscere uno scherzo dalla verità.
    «Da quando ho saputo che eri un maschietto, ero certo che sarebbe andato tutto secondo i piani. Saresti cresciuto forte e sano. Con un’intelligenza alla pari di me, e tuo nonno. Non mi hai mai deluso Gabriel. Mi fido di te, lo sai?» sciorina senza riprendere fiato, elogiando le mie qualità, lasciandosi andare a qualche carezza affettuosa. Eppure la testa mi fa male. Le tempie pulsano, e non posso fare a meno di stringere le palpebre.
    «Gabriel?» mi richiama nell’oscurità la voce di mio padre, scostandosi quanto basta per assicurarsi che io stia bene. Mio papà è sempre stato un uomo buono. Per nulla burbero e sicuramente fermo in cima alla piramide di grandezza di tutti gli abitanti di Salem. E’ in gamba, metodico. E la sua maniacale perfezione l’ho ereditata, per fortuna. Non potrei essere alla sua altezza, destreggiandomi con così tanta dimestichezza per le strade, assieme ai perdenti che mi circondando.
    «Sono nella mia testa papà.» biascico con voce suadente e intonata, socchiudendo gli occhi «Mi assillano. Parlano. Mi dicono cosa devo fare…le loro voci sono così pesanti. Sono nella mia testa, papà…» mi agito, incrociando le sue iridi colme di orgoglio, e fierezza. «E cosa ti consigliano, Gabriel. Cosa ti dicono di fare.» insiste, premendo un tasto difficoltoso che però giunge come novella in questi giorni così tesi.
    «Dicono di aspettare papà. Di aspettare il momento giusto.» riferisco tempestivo, lasciando che gocce di sudore mi macchino la maglia. Lui sorride serafico annuendo con un cenno del capo. «Segui i loro consigli. Sei tu il campione di Salem, Gabriel. Sei tu il numero uno.»
    Mi confortano le sue parole. Mi aiutano ad affrontare i secondi che precedono il sorgere di un nuovo giorno, e una nuova recita, il cui inizio questa volta comprende un agente di polizia severo, sicuro di ciò che deve fare, per scovare il cosiddetto cattivo. A scuola le aule sono deserte. Ci hanno detto di raggrupparci assieme ai nostri genitori in palestra, perché qualcuno ci deve parlare. Devono darci consigli sul comportamento da tenere sino a quando l’assassino non viene arrestato. Io e mio padre sediamo nella prima fila. Rigorosamente in centro, perché da questo punto il volto dei maestri e dell’agente di polizia si ammirano da prospettive diverse, e sicuramente più importanti.
    «Buongiorno a voi genitori…e ciao a voi…» in ordine di età si presenta, sorridendo con fare per nulla altezzoso. Dovrebbe sentirsi orgogliosa del suo lavoro. Del distintivo che sfoggia. Al suo posto, io imporrei la mia volontà. Ma sono punti di vista, che a volte non coincidono. A suo rischio e pericolo, a ragion veduta l’ascolto concentrandomi sulle sue parole.
    «Mi chiamo Rebecca Ryan, e sono qui innanzitutto per comunicare lo sconvolgimento che arreca l’omicidio di un bambino. Il mio compito…assieme ai miei colleghi, sarà quello di spiegarvi come comportarsi in situazioni simili, a partire da un coprifuoco che vedrà i vostri figli all’interno delle rispettive case, entro e non oltre il tardo pomeriggio.» comunica suscitando clamore e perché no, scalpore tra tutti i presenti.
    «Ma possono anche ucciderci davanti casa però…» valuta ingenuamente la mia amica Emily dopo aver alzato la mano, e domandato il permesso, concessole, per parlare e porre ogni tipo di quesito. «Non vi succederà nulla tesoro…» comincia lei con un velo di malinconia e affabilità, causandomi un conato di vomito devastante «…se seguirete i miei consigli, andrà tutto bene. Non camminate mai da soli, mi raccomando. Sempre in compagnia di un amico, o di chiunque abbia la vostra piena fiducia.» conclude, congedandosi dopo un po’, risparmiandoci per fortuna la nenia, sull’attività giudiziaria e comportamentale che impronteranno le loro indagini.
    Ho deciso di tornare a casa con il mio papà questo pomeriggio, così da non dare nell’occhio e non destare alcun sospetto. E’ una scena familiare, osservare un padre di famiglia, giocare al parco con il proprio figlio, anche se il nostro rapporto è inimitabile. Qualcosa che va oltre l’immaginario comune. Siamo uniti da una corda indissolubile. Gli sorrido, a discapito di una pulsione irrefrenabile che sento nascere.
    «Ti stanno parlando vero?» sussurra addolcito mio padre, sfiorandomi la guancia con il palmo della mano.
    «Sì papà…» confermo in un mormorio.
    «E cosa consigliano?»
    «E’ il momento papà. Rebecca ti interrogherà…ed io agirò proprio in quelle circostanze…» spiego, cercando di mantenere lucidità.
    «Chi vogliono che tu prenda, Gabriel. Devi dirmelo. E’ importante.» incita ancora una volta, stringendomi ora il volto tra le mani che paiono fuoco al tatto. Deglutisco sensibilmente, chiudendo gli occhi per godere del viso della mia prossima amante mortale.
    «Emily. Vogliono che prenda Emily, papà.»
    «Vai Gabriel. Confido in te.»
    Mi infonde sicurezza, questo suo atteggiamento. La sua prepotenza è qualcosa di esemplare. Lentamente i genitori di tutti i bambini residenti a Salem vengono convocati per l’interrogatorio. Così lo chiamo le autorità, locali ed esterne. Io, dal mio canto, ho altro da fare.
    Mi dicono di correre dalla amica. Mi confidano che è agitata. Che ha paura che le possa succedere qualcosa, ma non è stata proprio la polizia a confessare che l’amicizia è il miglior accompagnatore? E chi. Meglio di me, può confortarla in questi momenti bui. Nessuno. Perché alcuno è come me. Questa è la prima regola che il mio papà mi ha insegnato, e di certo non transigo. Cammino lungo il viale, tagliando proprio nel suo cuore, l’intero parco, salutando la bambina con un cenno della mano.
    «Gabriel ciao!» saetta immediatamente lei, correndomi incontro.
    «Non dovresti stare qui da sola, Emily.» faccio notare, sorridendo con semplicità, proprio perché conosco la sua fiducia nei miei riguardi. «Hai ragione, ma sono stanca, e volevo riposarmi. Adesso torno a casa, solo cinque minuti…»
    «Ti accompagno io, dai…» mi sporgo sul suo viso, dandole così un bacio sulla guancia, prima di incamminarmi al suo fianco. Camminiamo per un paio di minuti, o forse di più. Non ne ho la certezza.
    «Gabriel basta. Voglio tornare a casa.» comunica lei affannata, guardandomi con occhi stravolti.
    «Manca poco Emily. Devi credermi.» la rassicuro, notando un cambiamento nel suo modo di relazionarsi in mia presenta. Lentamente compie qualche passo indietro. Sembra temermi. Sembra che un barlume di coscienziosità l’abbia resa vulnerabile alla situazione.
    «Io…io vado a casa.» balbetta spaventata, correndo velocemente immergendosi tra gli alberi. La seguo imperterrito, stringendo tra le mani la corda donatami dal mio papà, e suggeritami dalle loro voci. Ecco le sento. Mi dicono di aumentare la velocità. Lei si volta in continuazione perché impaurita o forse per accertarsi che veramente sia io il suo carnefice. Non voglio deluderla. E’ proprio come la leggenda che le ho raccontato.
    «Non puoi scapparmi Emily. Sono destinato ad averti tutta per me.» sibilo, avvertendo i suoi respiri. Sta piangendo. Delusa. Confusa. Impotente. Perché adesso sono io il re del momento. Il dominatore. Il primo ed unico che legherà attorno il suo collo, privandola dell’ultimo sospiro. Ma come avviene maneggiando un caleidoscopio, pezzi e frammenti colorati si uniscono formando figure simmetriche, che provocano solo ed esclusivamente un martellare continuo nella mente. Ecco cosa vedono i miei occhi, quando d’improvviso è Rebecca che si ferma davanti a me, sorreggendomi, poiché mi ritrovo in uno stato confusionale. Le sue mani mi cingono la vita, con una pressione tale, che pare quasi amichevole. Cordiale. Scuoto il capo, camminando severo verso l’auto i cui lampeggianti accesi mi accecano. Salgo con un unico gesto, seguita dal profilo dell’agente. Il suo profumo è forte. E persiste all’interno dell’auto. Lei mi guarda, reclinando il capo, mentre la mia attenzione è rivolta verso il mio papà, che riesce a poggiare le dita sul finestrino. Sorrido, fissandolo negli occhi, per promettergli che non smetterò mai di seguire i suoi insegnamenti. Imito il suo gesto, spontaneamente, notando poi il suo corpo dileguarsi, assieme alle forze dell’ordine. Sospiro, amareggiato per l’esito della vicenda, e del fallimento che ho procurato all’unico uomo che abbia mai creduto nelle mie potenzialità. Sono ancora il migliore in campo. Il più deciso e caparbio.
    «Perché lo hai fatto Gabriel?» chiede in un velo atono di voce la donna, scostandomi alcune ciocche di capelli dal viso. La sua domanda risuona ridondante e priva di qualunque spessore. Mostra così di essere più ridicola dei bambini che ho iniziato ad uccidere, e che moriranno una volta che il mio martirio sarà terminato. Ho promesso al mio papà che non mi sarei fermato. Che non avrei impedito alle voci nella mia testa, di parlare, e donarmi consigli sdrucciolevoli sino al giorno in cui la morte, per me, sarebbe sopraggiunta. Così farò, perché lui ha sempre avuto fiducia in me. Perché io sono il migliore. E ho una vita davanti, costruita su una base di piombo.
    «Perché mi andava di farlo.»

     
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  2. violetsaturn
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    Bella da mozzare il fiato, in senso letterale e metaforico. La adoro come tutte le cose che scrivi del resto!
     
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    Come farmi ricredere sul potenziale di ciò che partorisco? Leggere di questi commenti =* ti ringrazio di cuore darling!!!
     
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  4. ‹chiá›
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    Hai una scrittura fantastica, scegli ogni minima parola con attenzione! Un'unica cosa.. penso che in alcuni punti sia confusionaria perchè i periodi sono spesso troppo lunghi. Nel senso che arrivo alla fine del periodo dimenticandomi quale fosse l'inizio e mi tocca rileggere le frasi XD
     
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    ti ringrazio per l'appunto! ne farò tesoro, anche perché ci provo a farmi più corti e non ci riesco *si bastona, forte* XDDD
     
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    E' molto bella e decisamente inquietante come storia D:
    Anche io concordo su dei passaggi un po' confusionari ^^"
    L'unico appunto che ho da dare è che in certi momenti ho avuto l'impressione che fosse tutto troppo ben ragionato per essere partorito dalla mente di un bambino. Intendo dire che i protagonisti sembrano avere più di sette anni, anche per il modo in cui parlano X3
     
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    Una bella storia, anche se inquietante ** O meglio, particolare soprattutto per questo!
    Come al solito, complimenti alla scrittura, che è sempre favolosa!
    La tua shot mi ha ricordato una puntata che ho visto di Criminal Minds, anzi 2 ^^ Una su un serial killer che usava il proprio figlio per attirare le vittime, e l'altra in cui credo che fosse pure un bambino l'SI.
    Quoto Bea:
    CITAZIONE
    L'unico appunto che ho da dare è che in certi momenti ho avuto l'impressione che fosse tutto troppo ben ragionato per essere partorito dalla mente di un bambino. Intendo dire che i protagonisti sembrano avere più di sette anni, anche per il modo in cui parlano X3

    7 anni credo siano troppo pochi, anche per chi è chiaramente psicopatico, per usare questo tipo di linguaggio e ragionamento... se aumentassi l'età dei bambini a 10 anni sarebbe meglio ** è l'unico consiglio che ho da darti ^^
     
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    Grazie mille davvero ** anche per gli appunti che sono sicuramente ben accetti!!!
     
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    Come hanno già detto anche le altre è molto bella e inquietante! Pensare che un bambino di soli 7 anni abbia questi pensieri è un pò spaventoso e trovo spaventoso anche il padre!
    Concordo sul fatto che alcuni periodi sono un pò lunghetti rendendo un pò confusa la frase, però sinceramente questo è anche un pregio per questo tipo di one shot *A* diciamo che la rende più inquietante (:

    CITAZIONE (Ryo13 @ 22/11/2012, 23:03) 
    La tua shot mi ha ricordato una puntata che ho visto di Criminal Minds, anzi 2 ^^ Una su un serial killer che usava il proprio figlio per attirare le vittime, e l'altra in cui credo che fosse pure un bambino l'SI.

    Quotissimo!! Anche a me è venuto in mente Criminal Minds xD
     
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    Infatti =D era nata come pseudo ff su criminal minds! purtroppo non riesco (e non voglio) disintossicarmi da questo telefilm ._. è più forte di me!
     
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    E fai bene, è bellissimo! *A* non riuscirò mai a farne a meno!
     
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    siamo in due ahahahaha!!!!
     
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