La villa Sognincanto

Storia a capitoli / Romantico / Verde

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  1. Sakiko-Chan92
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    La villa Sognincanto



    _autore: Sakiko-Chan92
    _genere: Romantico
    _rating: Verde
    _tipologia: Original
    _breve descrizione:

    Immaginatevi di vivere una delle esperienze più divertenti e romantiche che vi sia mai capitato.
    Ma soprattutto immaginate di poterla vivere all'interno della più bella villa che abbiate mai desiderato visitare.
    Alla ricetta aggiungeteci un pizzico di pazzia, di sano amore e anche di desiderio!
    Ecco a voi una storia semplice ma in un contesto particolare.
    Il tira e molla fra un baldo giovane e una fanciulla dai strani gusti ma soprattutto dal caratteraccio incontrollabile!


    _note: Questa storia è nata mentre scrivevo i capitoli struggenti di Zohas.
    Se la prima è triste e angosciante, questa storia si presenta come l'esatto opposto *^*
    Ricca di amore, sentimenti forti e brillanti, con tanto di leggeri scene comiche XD

    Questo è il mio piccolo regalo di Buon Anno *^*
    Spero vi piaccia, buona lettura.


    fvGvs



    Quella villa le piaceva tanto.
    Aveva quel non so che di misterioso, ma di affascinante al tempo stesso.
    L'unica pecca era: che ci abitava qualcuno.
    Questo qualcuno per Lea, rimaneva tutt'ora uno sconosciuto.
    ❃❃❃



    1. La Villa



    La facciata era larga e divisa su tre piani. Le alte finestre si estendevano per tutta la lunghezza dei tre piani, distanziate le une dalle altre con basse e strette semi colonne aventi il capitello piccolo e decorato con motivi faunistici.
    Le pareti esterne erano di un giallo paglierino, molto delicato e le decorazioni agli angoli e ai bordi, furono lasciate in cemento con una tinga di un grigio molto chiaro.
    Il cancello, che divideva l'area privata con la strada, era in ferro nero battuto a mano. Ogni singola decorazione era quasi imperfetta, ma simile alla sua gemella, ed ognuna di queste riprendeva con forme fluide e curvate l'andamento della natura: fiori, piante e quant'altro.
    Quel giorno, come al solito, prima di recarsi in biblioteca aveva percorso la stradina che portava al centro, sulla quale inevitabilmente, si sarebbe imbattuta nella famosa Villa Sognincanto.
    L'aveva soprannominata così quando, due settimane prima, si stava recando in biblioteca per riconsegnare un libro che doveva restituire ormai da tre giorni. Non aveva mai mancato una scadenza, anzi! Era sempre stata una ragazza puntuale e non capiva come mai, questa volta, si era ricordata una data invece che un'altra.
    Come se non bastasse, quel giorno la biblioteca aveva chiusura anticipata. L'unica soluzione era di correre il più velocemente possibile e trovare una scorciatoia.
    Con sua grande fortuna, grazie ad internet, era riuscita a trovare una stradina che collegava la via di casa sua con la via della biblioteca e addirittura era riuscita a guadagnare un po' di tempo fra un impegno e l'altro. Si era ripromessa che non appena avesse finito di lavorare, sarebbe tornata a casa a prendere il libro e a riportarlo in biblioteca. E così fece.
    Quel giorno splendeva un sole caldo e luminoso che rendeva l'aria pesante e afosa, sembrava estate nonostante fosse appena il mese di Aprile. Segno che la stagione più calda dell'anno era alle porte.
    La villa era lì, silenziosa e stoica. Si ergeva bella, fra il giardino anteriore e l'enorme cancello in ferro. Da quest'ultimo poi, partivano due braccia che collegavano appunto la cancellata con il corpo centrale dell'edificio.
    Lea, ammirando la facciata visibile, ne rimase affascinata. Ogni volta che ne aveva la possibilità, non appena terminava il lavoro, andava a casa: si faceva una doccia ristoratrice, si cambiava i vestiti, si metteva le cuffie alle orecchie e cominciava la sua solita visitina in biblioteca, per vedere i nuovi arrivi ma soprattutto per ammazzare il tempo leggendo qualcosa di interessante.
    Di stare a casa da sola non ne aveva proprio voglia e non le era mai piaciuto.
    Senza contare che Lea perse all'età di diciassette anni i genitori, in un incidente stradale dove, per colpa di un ubriaco, finirono in mare mentre tornavano a casa da una seconda luna di miele.
    Una morte orribile, pensava sempre Lea che non perdeva un Sabato per far visita alla tomba dei suoi cari.

    Quel giorno era particolarmente felice. La bella giornata le infondeva coraggio, gioia e vivacità.
    La primavera quell'anno aveva regalato una fioritura incredibile e il profumo di fiori variopinti aleggiava nell'aria come un sottile velo trasparente.
    Il cielo era limpido, di un azzurro intenso e nemmeno una nuvola minacciava di nascondere l'enorme palla infuocata.
    Quell'ora del pomeriggio, Lea, la preferiva di gran lunga al resto della giornata. Molti andavano a lavorare presto, mentre altri preferivano sonnecchiare per poter affrontare il pomeriggio con più energia, altri invece erano costretti a lavorare sino a tarda sera.
    Lea, d'altro canto, la scuola l'aveva terminata già da due anni.
    Ormai aveva vent'anni e abitava da sola in quella casa, in via Verdi numero 18.
    Adesso stava percorrendo via Miraggio e, non appena si trovò in zona villa, arrestò il suo andamento tranquillo e pacato per voltarsi sulla sua destra, ammirando ciò che le si parò davanti.
    La villa!
    Per qualche strano motivo quell'edificio le infondeva nel corpo una sensazione di mistero misto a curiosità. Un sentimento strano che faceva apparire la villa come un qualcosa di cui lei non poteva farne a meno e che a tutti i costi doveva vedere con i propri occhi, per assaporarne la reale bellezza e maestosità.
    Chi se lo sarebbe mai immaginato che quell'occasione arrivò così presto.
    Dal portone principale, ne uscì un maggiordomo magro, alto dai capelli brizzolati e dai simpatici baffetti dello stesso colore.
    Portava gli occhiali tondi vecchio stile, e la cosa lo rendeva buffo e simpatico. Il tipico nonnino tenero e fragile alla quale si riusciva senza troppi sforzi a strappargli un sorriso.
    Questi le si avvicinò con fare tranquillo e, senza movimenti bruschi, sorrise alla ragazza mentre con la mano destra azionava il pulsante di quello che sembrava essere il tipico telecomandino per cancelli elettronici.
    Stupita, Lea fissò una piccola fiamma inserita nel pilastro che sosteneva la cancellata e questa, non appena il maggiordomo pigiò il tastino, cominciò a lampeggiare indicando appunto che i due enormi battenti, di cui era formato, si stavano muovendo verso l'interno.
    Oltre a sembrare una villa antica è pure super accessoriata! Fico! Pensò Lea.
    Con lo sguardo fisso sul cancello, la ragazza non si accorse che anche il maggiordomo si era fatto da parte, come per invitarla ad entrare. Di fatti l'anziano signore, pensò bene di accentuare il gesto, distendendo il braccio destro in segno di accoglienza.
    Lea interpretò quel movimento come un “Prego. Da questa parte.” e, con un poco di esitazione, mosse le gambe, rigide dallo stupore, verso la direzione indicata.
    Non appena varcò la soglia, gli occhi sgranati le si illuminarono, Non poteva crederci! Insomma, qualche secondo prima sei lì, davanti a quel cancello pensando a quanto difficile possa essere entrare, chiedendo il permesso, e senza che te ne accorgi vieni invitato?!
    Quello era decisamente il suo giorno fortunato.
    Dallo stesso portone oltre la quale era uscita la figura del maggiordomo, Lea intravide una silhouette nella penombra. Sembrava quella di una donna, anzianotta, con una gonna lunga chiara ed una canottiera, elegante dello stesso colore abbinata.
    La signora a quanto pare la stava aspettando perché non appena oltrepassò l'ingresso, le si avvicinò anch'essa sorridendole e dicendole: «Buon giorno mia cara, mi chiamo Lady Sofì e sono la padrona di questa villa.» detto questo la donna che si era presentata come “Lady Sofì”, tese la mano a Lea che, abbastanza tesa per la situazione, rispose alla stretta con titubanza «Bu-buon giorno ehm..sigor- ah Lady Sofì, io sono...cioè il mio nome è Lea, piacere di conoscerla.».
    Sì, dalla presentazione poteva sembrare una ragazza stupida e ingenua, in verità Lea era una ragazza matura e diligente. Il solo fatto di essere finalmente all'interno della villa e di aver conosciuto la proprietaria, che in fine si stava rivelando una signora molto cordiale, beh..Semplicemente era felice.
    Lady Sofì fece cenno al maggiordomo di avvicinarsi e l'anziano signore obbedì.
    «Alfred, per cortesia, saresti così gentile da prepararci il tè e di portare alla nostra ospite qualche pasticcino?», il maggiordomo rispose sorridendo e inchinandosi a fatica con la mano destra aperta, poggiata sul petto:«Come la mia Lady desidera, sarò felice di servirvi il tè, a patto che andiate nel balcone sul retro. Fuori c'è una splendida giornata mia Lady, che spero voi possiate godere.», finì la frase mentre con lentezza rialzava il busto per poi sorridere con gentilezza e sparire a passo svelto in una stanza a Lea sconosciuta. Saranno le cucine pensò.
    Intanto Lady Sofì si stava dirigendo verso una porta finestra sulla destra. Lea la seguì guardandosi intorno emozionata.
    La casa era davvero bella, arredata con cura, ordinata, pulita, profumata e abbellita da quadri e specchi che le davano quel tocco di antico.
    Ci mancava solo il principe azzurro, sopra il suo cavallo bianco e vestito con la divisa stile Franz di Sissi.
    Appena fuori, a Lea si para davanti un mondo completamente diverso da quello che si immaginava.
    L'enorme distesa verde era la più grande che lei avesse mai visto. Attorno i tanti alberi davano l'impressione di creare una specie di mini bosco, per coprire le mura perimetrali.
    Il panorama sembrava quasi irreale.
    Fiori. Tantissimi fiori, di ogni colore, tipo, forma e profumo.
    Il verde del prato pareva essere finto, un verde tanto acceso solo un pittore poteva riprodurlo. E il sole? Beh, che dire. Il sole rendeva il tutto...magico!
    L'idea che Lea formò nella sua mente era di serenità, pace e qualcosa di meraviglioso, come appena uscito da uno dei libri di fantascienza che la ragazza tanto amava sfogliare.
    Un sorriso fece capolino sul suo viso, incurvando le sue labbra rosee all'insù.
    Lady Sofì si accorse di questo impatto nella ragazza, perché non appena la vide sorridere, le si avvicinò rivolgendole queste parole:«Bello vero?! Ho sempre amato il verde e l'aria pulita. Questa vista suscita in me un continuo vorticare di emozioni. È come un uragano che a ciel sereno colpisce la mia mente e il mio cuore, creando in me una personalità pulita e serena, mi sento vuota ma felice.».
    Come poteva dargli torto, tutto quello appena descritto dalla signora era ciò che in quel momento stava provando Lea, incapace di distogliere lo sguardo da tutto quel ben di dio. Le sembrava di fluttuare.
    D'improvviso l'attenzione le fu catturata da una sagoma in movimento. Quella piccola macchiolina sembrava venire dalla loro parte e di distingueva perfettamente con il verde del prato.
    Quando Lea assottigliò lo sguardo, si accorse che non era un macchiolina, ma un cavallo e sopra di esso vi era qualcuno.
    «Oh, ecco che arriva Matt.» quando Lady Sofì pronunciò queste parole, Lea si voltò di scatto guardando la signora con occhi sgranati.
    Matt?? Chi era Matt?? Possibile che il vero proprietario fosse lui e non la signora?
    E se lui invece fosse scorbutico e mi buttasse fuori a calci? E se chiama la polizia? E se fosse un maniaco? In fondo quanto male possono fare una signora ultra cinquantenne ed un maggiordomo pelle e ossa! Pensò Lea che con preoccupazione fissava la figura ormai quasi vicina a loro.
    Osservando con più attenzione, la ragazza notò nuovi particolari ed anche più interessanti.
    Il colore del cavallo era marrone e sembrava essere un bellissimo stallone.
    Il padre di Lea era fissato coi cavalli, erano i suoi animali preferiti, e questa passione la tramandò alla figlia, istruendo la piccina a riconoscere la razza e il sesso a vista d'occhio.
    In più, la persona in sella al destriero non era un vecchio ultra cinquantenne, bensì un baldo giovano che a quanto pare si chiamava Matt.
    Appena arrivò sotto il balcone, fermò il cavallo e scese con un salto agile, da maestro.
    Legò l'animale ad un anello in ferrò conficcato nel muro e salì le scale a fianco, due gradini per volta.
    Una volta sul balcone, con due falciate, coprì la distanza che c'era fra le scale e il punto in cui si trovavano Lea e Lady Sofì elargendo a quest'ultima un enorme sorriso e spalancando le braccia.
    «Nonna! Che bello rivederti, quando sei arrivata?!» detto questo il ragazzo abbracciò la signora che ricambiò l'affetto dimostratogli.
    A quanto pare erano nonna e nipote, questo almeno dimostrava a Lea che il ragazzo doveva avere almeno la sua età o qualche anno in più.
    Ciò che colpì la ragazza invece non era il gesto d'affetto davanti ai suoi occhi, quanto la bellezza di colui che compiva tale gesto. Il ragazzo era bellissimo!
    Le guance di Lea si tinsero di rosso quando due occhi, del colore del prato che poco prima aveva ammirato, le si piantarono nei suoi color nocciola.
    Rimase folgorata dal colore di quei occhi così intensi ma anche così brillanti. Sembravano finti ma sapeva che non lo erano.
    Oltre agli occhi, la ragazza osservò ogni lineamento di quel viso così giovane ma anche così maturo.
    I capelli erano corti, ordinati e di un color ramato che al sole accentuavano la loro bellezza brillando come sottili fili di rame.
    Si riscosse da quella vista paradisiaca quando si accorse di avere proprio quelle due gemme puntate addosso.
    Lui la stava guardando. Non sapeva cosa fare. Era come inglobata da quei cristalli di giada, puri e luminosi.
    Optò per la presentazione, in fondo ancora i due non si conoscevano, magari se si sarebbero presentati avrebbero allentato la tensione.
    Non fece in tempo ad aprire la bocca che una voce a lei familiare le giunse alle orecchie: «Oh, signorino Matt, giusto in tempo per il tè.».
    Dal dietro Alfred, stava arrivando con calma, il vassoio in mano e un sorriso caloroso per il signorino. A quanto pare aveva previsto che si sarebbe aggiunto qualcun altro, perché sulla superficie in puro argento vi erano tre tazzine grandi in porcellana bianca.
    Il ragazzo rispose con un cenno lieve della testa e disse «Lo sai Alfred che non posso assolutamente mancare al tè di nonna Sofì.» pronunciando queste parole il ragazzo ammiccò un sorriso all'anziana signora che contraccambiò, spostandosi poi verso Lea ancora paralizzata per l'improvvisa apparizione di quel principe.
    Lo sguardo però che ricevette non fu per niente gentile ne tanto meno cordiale, sembrava quasi che la stesse guardando dall'alto verso il basso con aria strafottente.
    Questo infatti a Lea non piacque molto e subito non mancò a farlo notare.
    «Cosa c'è? Non hai mai visto una ragazza fin'ora?» forse aveva usato parole troppo maleducate o forse aveva addirittura usato il tono sbagliato, tant'è che l'idea di vole risultare simpatica andò a farsi fottere nel giro di quei due secondi.
    Lady Sofì scoppiò in una fragorosa risata, coprendosi la bocca con una mano e voltandosi dalla parte opposta; Alfred dal canto suo, non poteva esprimere liberamente quello che pensava, ma tutti, persino un cieco, potevano intuire che anch'egli stava per mettersi a ridere.
    L'unico che, casualmente, non trovò divertente l'entrata in scena di Lea, altri non fu che Matt, la quale accolse appunto tali parole come una sorta di sfida.

    Il “tavolino”, sul terrazzo, sembrava più una decorazione in marmo e le sedie erano dello stesso colore però fatte in ferro riverniciato.
    Oh! Qualcosa di economico! Caspita. Pensò fra se e se Lea, ghignando leggermente.
    Questo gesto fu così ovvio agli occhi del misterioso Matt, che subito non perse l'occasione di immischiarsi.
    «Cos'è, l'idea di un tè fuori all'aperto ti diverte tanto?».
    Brutto arrogante, presuntuoso, figlio di...
    «Matt! Suvvia, lascia stare la nostra ospite.» disse Lady Sofì riprendendo il ragazzo che sbuffò sonoramente voltandosi verso di lei.
    «Nonna, lo so che lei è un'altra candidata, non sono stupido.», Lea si fece scappare un colpo di tosse volontario alla parola “stupido” e Matt si voltò di nuovo a fissarla con superiorità, «Oh! Scusa non volevo offendere chi lo è già.».
    Sconcertante! Non la conosceva nemmeno e subito attaccava briga con lei. E poi cos'era questa storia della candidata?!
    La risposta a questa domanda arrivò subito dopo quando il ragazzo alzò un dito per indicare Lea come se fosse un ladro e pronunciando le suddette parole, «Non mi fidanzerò mai con una come “lei”. Insomma guardala!». Sia Matt che Lady Sofì si voltarono a fissarla e Lea fece lo stesso fissandosi i piedi e le mani come se avesse addosso degli insetti velenosi.
    «Ehi ehi ehi!» fece Lea alzando una mano e sgranando gli occhi, «Fidanzata? Quale fidanzata! Io non sono qui per diventare la tua “schiava d'amore”! Rilassati stallone, tua nonna si è solo dimostrata gentile facendomi visitare la villa, per cui riporta quel culo sulla sedia e abbassa quel dito, se non vuoi che te lo tiro via a morsi!».
    Di nuovo altre risate, stavolta non solo Lady Sofì ma anche Alfred si unì.
    Il ragazzo sembrava voler ribattere ma l'unico movimento che fece, era aprire e chiudere la bocca sconcertato.
    «Caspita, buon giorno finezza!» disse invece una volta sedutosi.
    Matt scosse la testa incredulo, mentre al suo fianco scemavano le risate della nonna e del maggiordomo.
    «Nonna, non so dove tu abbia preso questa selvaggia, ma ti prego tienila lontana da me.», «Non sono un insetto, idiota! E poi, tranquillo che tanto vicino a te non ci starò un minuto di...», non fece in tempo a finire la frase che Lady Sofì alzò una mano pronta a parlare, «Adesso basta! Ragazzi comportatevi bene, Matt anche tu! Sii più gentile, in fondo non conosci questa ragazza e come ti ha già detto lei, l'ho solo invitata a vedere la villa, non è una candidata.», detto questo, passò lo sguardo da uno all'altra.
    «Ora da bravi, presentatevi come si conviene.».
    I due ragazzi si guardarono: Lea, curiosa di vedere cosa diceva ora il ragazzo e Matt, imbarazzato per l'enorme sbaglio che aveva commesso.
    Aveva trattato la ragazza davvero male e aveva accusato involontariamente sua nonna di aver invitato un'altra candidata, quando questa supposizione si rivelò essere errata. Che figura!
    Sì, doveva scusarsi e lo avrebbe fatto subito se solo il movimento improvviso della ragazza non lo interruppe proprio all'inizio, «Io mi-», «Oddio! Il libro!». Lea si era alzata di scatto, aveva gli occhi spalancati, e guardava la signora «Mi dispiace Lady Sofì, la ringrazio per l'improvvisa ospitalità ma io ho un'urgente commissione da fare.», «Ma certo cara, non indago oltre, piuttosto mi scuso io per averti accolta così senza preavviso. Infondo penso che anche tu abbia i tuoi impegni. Lascia solo che ti accompagni alla porta. ». Fece per alzarsi quando Matt irruppe nella conversazione tossicchiando «Ehm... se non hai niente in contrario....Ecco... pos- posso accompagnarti io all'ingresso.».
    Le parole gli erano uscite di getto, senza respirare fra una sillaba e l'altra, il che fece divertire molto Lea che vedendo il ragazzo impacciato volle stuzzicarlo ancora un po'.
    «Guarda che sono si e no dieci metri, non è un labirinto. E poi non credo che a te faccia davvero piacere “signor arrogante”! Ora con permesso, vado, sono molto in ritardo.» dicendo questo si voltò verso Lady Sofì, «Spero anche di poterla rivedere presto Lady Sofì e di poter ammirare la casa con più calma. La ringrazio anche per il tè che purtroppo non ho potuto bere.», «Piacere mio cara, davvero. Vieni pure quando vuoi, sarà bello avere una fanciulla in giro per casa ogni tanto.».
    Le parole della donna erano state così dolci e così sincere che Lea non sapeva davvero come ricambiare tutta quella fiducia e in cuor suo decise che sarebbe venuta a trovarla più spesso.
    Fermo restante che il ragazzo non vi fosse nei paraggi, ovvio!
    Che arrogante presuntuoso, prima la guarda con superiorità, poi la accusa di essere una sua “candidata”, e subito dopo fa il gentiluomo. Ma figuriamoci!
    Però c'era da ammettere che è davvero bello. Vestito con una semplice camicia bianca, i pantaloni di un marrone chiaro stretti e gli stivali neri lunghi fino al ginocchio.
    Non aveva addosso alcuna protezione. Segno che il ragazzo aveva un grande talento per l'equitazione.
    Peccato che il suo aspetto e le apparenze tradivano la realtà.
    Quando si diresse verso la portafinestra dalla quale era uscita, Lea si voltò di nuovo verso i presenti e si inchinò lievemente in segno di ringraziamento, per poi dirigersi verso l'ingresso.
    Il cancello, non appena ella vi fu vicina, si aprì da solo dando modo alla ragazza di varcarne la soglia e tornare alla sua noiosa vita quotidiana.

    Come c'era da aspettarselo, quel giorno Lea non fece in tempo a portare il libro e così dovette chiamare le bibliotecarie per poter avere un permesso speciale di restituzione posticipata.
    Per fortuna le fu concesso, così ella ebbe modo di concluderlo come si conveniva dato che non era mai riuscita a terminarlo.
    Gli impegni poi non tardavano a mancare. Fra il lavoro e la casa non riusciva quasi ad avere un piccolo spazietto per se.
    La sera era l'unico momento che Lea preferiva in assoluto, solo che data la stanchezza, passava quelle ore preziose a dormire sfinita.
    Era ormai passata una settimana intera da quando la signora Sofì le aveva dato il permesso di andarla a trovare.
    Non avendo purtroppo il numero della signora, non poté chiamarla per avvisare che in quei giorni non sarebbe potuta passare e ogni secondo che passava si dava della stupida per non aver approfittato dell'unica occasione per lasciarle il suo numero di telefono.
    La decisione che ne seguì, fu una delle più incredibili e azzardate che avesse mai preso.
    Il lunedì della seconda settimana che stava per cominciare, decise di saltare il lavoro.
    Ormai era stufa del suo capo, delle sue colleghe e dei clienti.
    In negozio era diventata la schiava di tutti, correva a destra e a manca facendo favori, ingoiando ramanzine senza senso e ascoltando sempre le critiche che la gente non perdeva occasione di urlarle praticamente contro. Per di più il tutto in presenza del suo titolare che non mancava mai di rimproverarla davanti a tutti.
    Lea sapeva come farsi rispettare, ma non poteva mancare di rispetto al suo titolare. Se avesse perso il posto di lavoro in quel periodo sapeva che le bollette e la spesa non poteva pagarle e che presto avrebbe perso anche la casa.
    Eh sì....purtroppo era povera. Senza i genitori era dura.
    Molte volte ,la notte, rimaneva inerme sul letto, lo sguardo fisso nel vuoto ad immaginare una vita molto più solare e semplice. Con la sola presenza di un adulto, maturo e responsabile pronto ad aiutarla e a confortarla nei momenti più bui. Purtroppo Lea sapeva che indietro non si tornava e che doveva fa tesoro dei ricordi che aveva dei suoi genitori, ma soprattutto doveva tenere alta la loro memoria, comportandosi come loro avrebbero sempre voluto. Brava, gentile e sincera.
    Erano questi gli aggettivi perfetti per descrivere la ragazza che voleva diventare una principessa.
    Lea aveva sempre creduto nelle favole. Sapeva che un giorno anche lei, come cenerentola, dopo varie sofferenze avrebbe vissuto la vita più bella che chiunque avesse mai potuto desiderare e se al suo fianco vi era un principe azzurro dai lineamenti perfetti e dall'amore insuperabile beh.... Che male poteva fargli fantasticare ancora un po'. In fondo le fantasie rispecchiano il nostro io interiore, ci fanno apparire per quello che siamo veramente e ci mostrano quello che vogliamo. Noi sogniamo per appagarci, creando un mondo nel quale ci nascondiamo per scappare da ciò che è reale e che non tolleriamo.
    Un mondo fatto di morbidezza e sincerità, dove ognuno è quello che è, dove non vi sono ostacoli e dove la ragione perde del tutto con la fantasia.
    Lea sapeva che i sogni si potevano realizzare, bastava crederci fermamente e lottare con tutte le proprie forze per diventare delle carpe umane.
    Andare contro corrente!
    Così la decisione che prese fu appunto questa: quel lunedì Lea Cloud non si presentò al lavoro, mandò invece una lettera di scuse al capo spiegando che non ce la faceva più.
    Ormai vivere all'interno del negozio era diventato insostenibile, e lei questo non riusciva più a tollerarlo. Chiese gentilmente di essere pagata per quello che aveva fatto fino al giorno prima e chiese se era possibile anticipare questo pagamento di qualche giorno.
    Poi come se fosse la cosa più naturale del mondo, si mise le cuffie alle orecchie, accese la musica e vagò a zonzo per tutta Lifis.

    La stessa canzone, che si ripeteva ormai da quattro ore. Il cielo che da chiaro cominciava a presentare delle sfumature tendenti al viola scuro e al blu. Le stelle, che delicate, facevano capolino sparse qua e la su quella distesa infinita e irreale.
    Non aveva una meta precisa, solo le andava di camminare.
    Non voleva più tornare a casa, se quella poteva considerarla ancora “casa”. Tutto ora le pareva così estraneo, freddo e distaccato. Non aveva più un lavoro, le mancavano tantissimo i genitori e non sapeva come affrontare il suo ex titolare per riavere i soldi.
    Come avrebbe fatto a chiederglieli? Lo stava praticamente abbandonando nel periodo più critico della stagione, ma non ci riusciva proprio, vivere là dentro divenne a poco a poco una cosa insostenibile.
    Improvvisamente la paura si fece strada nella sua mente, come la pioggia che di lì a poco iniziò a scrosciare sul suo corpo infreddolito. Brutte immagini, strani pensieri contorti e negativi. Tutto ciò la fece tremare, piangere.
    Si accovacciò per terra ignara del luogo in cui inconsciamente era capitata.


    Edited by Sakiko-Chan92 - 30/12/2012, 00:09
     
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    Suppongo che ci sia un continuo ^^ la storia è carina, scorrevole e piacevole da leggere, anche se non ti nascondo che è più una storia da ragazze, non ho potuto apprezzarla del tutto I guess! Comunque complimenti, ti lascio alcune osservazioni e correzioni sotto spoiler :)

    ps. per leggere ho dovuto però incollare su word il testo, dovresti cambiare colore, ché il nero non si vede!

    CITAZIONE
    con basse e strette semi colonne aventi

    Di solito si dice semicolonne* :)

    CITAZIONE
    Le pareti esterne erano di un giallo paglierino, molto delicato e le decorazioni agli angoli e ai bordi, furono lasciate in cemento con una tinga di un grigio molto chiaro.

    Le virgole le hai messe male qua, io avrei scritto:

    Le pareti esterne erano di un giallo paglierino, molto delicato, mentre le decorazioni agli angoli e ai bordi erano state lasciate in cemento con una tinga di un grigio molto chiaro.

    CITAZIONE
    Il cancello, che divideva l'area privata con la strada

    dalla strada* is better ^^

    CITAZIONE
    questa volta, si era ricordata una data invece che un'altra.

    qella volta* visto che parli con i tempi al passato ci sta meglio secondo me :)

    CITAZIONE
    quel giorno la biblioteca aveva chiusura anticipata

    Perchè non scrivere qualcosa come "era il giorno di chiusura anticipata"?

    CITAZIONE
    poi, partivano due braccia che collegavano appunto la cancellata con

    Togli l'appunto!

    CITAZIONE
    si faceva una doccia ristoratrice, si cambiava i vestiti, si metteva le cuffie alle orecchie e cominciava

    I "si" dopo il primo credo siano pleonastici in questo caso. :)

    CITAZIONE
    non perdeva un Sabato per far visita alla tomba dei suoi cari.

    sabato* non è necessaria la maiuscola, anche se non è sbagliata :)

    CITAZIONE
    Chi se lo sarebbe mai immaginato che quell'occasione arrivò così presto.

    "Chi avrebbe mai immaginato che quell'occasione sarebbe arrivata così presto?"

    CITAZIONE
    Dal portone principale, ne uscì un maggiordomo magro

    Uhm, io toglierei virgola e "ne"

    CITAZIONE
    Il tipico nonnino tenero e fragile alla quale si riusciva senza troppi sforzi a strappargli un sorriso.

    al quale*

    CITAZIONE
    Bu-buon giorno ehm..sigor- ah Lady Sofì, io sono...cioè il mio nome è Lea, piacere di conoscerla.»

    Forse intendevi scrivere "signor"?

    CITAZIONE
    beh..Semplicemente era felice.

    beh... semplicemente era felice*

    CITAZIONE
    poggiata sul petto:«Come

    Spazio dopo i due punti!

    CITAZIONE
    parole:«Bello vero?

    Idem.

    CITAZIONE
    questa passione la tramandò alla figlia,

    meglio "e aveva tramandanto questa passione alla figlia"

    CITAZIONE
    Non hai mai visto una ragazza fin'ora?»

    finora*

    CITAZIONE
    tant'è che l'idea di vole risultare simpatica

    voler*

    CITAZIONE
    Come c'era da aspettarselo

    Meglio "Com'era prevedibile" secondo me :)

    CITAZIONE
    La sera era l'unico momento che Lea preferiva in assoluto

    il momento* non l'unico, altrimenti la frase sembra strana.

    CITAZIONE
    che in quei giorni non sarebbe potuta passare e ogni secondo che passava

    Evita la ripetizione del verbo passare ^^

    CITAZIONE
    doveva fa tesoro

    far*

    CITAZIONE
    beh.... Che male

    C'è un punto in più.
     
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  3. Sakiko-Chan92
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    User deleted


    O mio dio! Grazie infinite *^*
    Appena ho tempo, correggo tutto quello che mi hai suggerito e metto il seguito ^^
    Purtroppo è ancora work in progress... penso di aver sbagliato col metterla direttamente sul forum, dovevo come minimo raggiungere un tot numero di capitoli.
     
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  4.     +1   -1
     
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    Di nulla! Fra l'altro il mio ps. non vale più, prima c'era lo sfondo scuro ma adesso è chiaro quindi no problem! :)
     
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3 replies since 29/12/2012, 22:18   120 views
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