Necrologya

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  1. dany the writer
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    Nota: non è necessario aver letto i miei altri racconti per fruire di questo. Verranno fatti dei riferimenti, sì, ma è una storia originale e non direttamente un sequel.

    Necrologya



    _Dany the writer:
    _genere: Fantasy
    _rating: Arancione
    _tipologia: Fantasy, Mistero, Horror, Distopia, Sci-fi
    _breve descrizione: Necrologya, erede spirituale e di storia di Winged Sun, vi racconterà della crescità di un messiah immerso in un multi-verso oscuro e decadente
    _note: Molto, molto truculento


    Il multi-verso non è il sogno che probabilmente ti hanno raccontato o nel quale ti sei illuso di vivere. Non è un luogo di pace ed armonia: non lo è mai stato e tu non vivrai abbastanza da vederlo diventare tale.
    Alla Confederazione di Solaria non interessa che tu sia un uomo oppure una donna.
    Alla Confederazione di Solaria non interessa che tu sia nato in un piano dimensionale ai margini dello Stato o in uno dei Mondi Interni.
    A lei non interessa nemmeno sapere quanti anni hai o come ti chiami.
    Perché ti dico questo? Perché il tuo Stato, la Sacra Madre Confederazione, è sotto assedio. Lo era da prima che tu nascessi, lo è adesso che vivi e lo sarà quando tu sarai morto. Lei ti ha fatto un prestito: il tempo che vivi, l'aria che respiri, il cibo che mangi, la terra su cui cammini.
    Ora vuole gli interessi. È suo diritto chiederli e tuo dovere darglieli.
    Vuole che la vita che ti è stata prestata sia messa in uso per farla sopravvivere. Sei un numero, prendi atto di questa granitica verità. Sei uno tra incalcolabili biliardi di miliardi di triliardi. Non sei niente e nessuno, aria e cenere, una voce senza potere in un multi-verso colmo fino alle sue volte di orrori che aspettano solamente di poterti strappare il cuore dal petto e masticarti gli occhi.
    Perché questo odio? Perché sei un semplice, miserabile e debole essere umano.
    Siamo l'ultimo gradino della catena alimentare del multi-verso, le spighe di grano da rubare, i capi di bestiame da mietere per le immonde razze non-umane che infestano le infinità delle stelle. Esistono un triliardo di razze e di specie che già alla nascita sono in grado di ucciderti senza farsi problemi.
    Ogni mezzo secondo, nelle oscurità gravide di una sala che tu non vedrai mai, situata in un mondo per il quale morirai e del quale sarai fortunato se vedrai un picto-quadro, duecentomila segnali d'allarme brillano su di un pannello riportante le cinque galassie e gli incalcolabili piani dimensionali facenti parte del Dominio di Solaria.
    Sono loro. Sono i nemici dell'umanità di Solaria che premono ai suoi cancelli.
    Mentre t'insegno queste cose, la galassia di Kolium è devastata da una legione di demoni tecno-magicamente e numericamente superiore a noi di un milione ad uno. La galassia di Jonia è funestata da invasioni barbariche, imperi nemici spuntati dal vuoto dello spazio e da attacchi esterni. La galassia di Andromeda è pregna di eresie e moti separatistici per i quali esiste solo la cura del fuoco. La galassia di Pegasos è costellata da incursioni ed invasioni aliene.
    Solo la galassia-trono di Solar si salva da questo quotidiano caos fatto di sangue e di mondi -nostri mondi- che vengono distrutti che nemici invidiosi.
    Pensa ai tuoi peggiori incubi, ai mostri che popolavano i tuoi sogni più orrendi e ai terrori che intuivi nascondersi nel buio: sono il minimo che ti capiterà di vedere una volta che ti avremo fornito un fucile ed un coltello. Sì, avrai un fucile.
    Ti daremo un fucile ad impulsi che davanti alle armi dei nostri nemici sembrerà una stupida ed inutile barzelletta, avrai una corazza di placche fatte in serie resistenti come cartone bagnato. Indosserai una divisa che ti farà gelare e poi avrai un coltello. Probabilmente ti servirà per toglierti la vita una volta che l'orrore visto sarà troppo da fronteggiare, ma può anche darsi che tu uccida qualcuno e lo renda meritevole di esistere.
    Ti sembra spaventoso? Non hai ancora visto niente. Con i tuoi occhi osserverai i devastanti poteri della magia scatenarsi attorno a te, guarderai l'orrido più spaventoso del multi-verso e lo combatterai.
    Sappi questo: non dare mai le spalle al nemico. Questo avviso esiste non tanto perché gli orrori che ti troverai a fronteggiare potrebbero prendere la tua spina dorsale e farci una panca, ma perché qualcuno dei tuoi stessi compagni ti fucilerà sul posto e morirai nell'ignominia.
    Una delle nostre morali è: quando hai qualcosa di spaventoso davanti, metti qualcosa di ancora più spaventoso alle spalle. Un giorno potrai vederli...e pregherai per potertene dimenticare.
    Prima ti ho detto che Solaria ti ha fatto prestito della vita e che desidera gli interessi da questo. Ebbene non stavo ingigantendo una più piccola verità. Ti dicevo come stanno realmente le cose.
    Magia, tecno-magia, stregoneria, progresso...non sono promesse per una vita migliore, ma strumenti con cui impedire che quel poco che è rimasto svanisca del tutto. Sappi questo: non esiteremmo a sacrificare la tua vita e quella di altri novecento miliardi di tuoi pari per un solo miserabile secondo di produzione industriale e ricerca magi-scientifica.
    Vali questo agli occhi della Confederazione...ed è già tantissimo.
    Non c'è il tempo materiale per curarsi della tua esistenza, non c'è il tempo materiale per chiedersi chi tu sia e quali ruoli e compiti ti sarebbero più congeniali. Nelle tenebre di questa Lunga Notte c'è soltanto il sangue dei martiri e il fuoco della guerra.
    Non illuderti: non sei qui per cambiare il corso degli eventi. Non sei nessuno, te l'ho detto prima. Non vincerai una battaglia da solo, non salverai la Confederazione dai suoi nemici per quale strana congiunzione di stelle e fati incrociati.
    Tu morirai, come tanti altri prima di te. Ma forse, questa è una speranza davvero molto flebile, la tua morte concederà a Solaria qualche secondo di respiro.
    -Introduzione ai nuovi nati dei mondi-fortezza. Questo discorso viene psichicamente inculcato nelle menti degli infatti a due settimane dalla nascita. Attraverso una particolare magia si fa in modo che loro possiano capirlo e ricordarlo sempre.

    È il sedicesimo millennio dalla nascita della Confederazione di Solaria, il terzo e mezzo dall'inizio della Lunga Notte. L'umanità di Solaria si aggrappa con disperazione al baratro della più mera sopravvivenza: lo stringe con una mano sola perché l'altra è impegnata a brandire una spada alla cieca nel quasi inutile tentativo di cacciare le ombre che la tormentano.
    Gli stivali di chi spinge per buttarla nelle profondità del baratro appartengono ad orrori di ogni sorta. È solo questione di tempo prima che l'umanità si rialzi...o cada per sempre.


    Atto I
    Risveglio.



    Nella sterminata immensità di un impero composto da triliardi e triliardi di mondi, che differenza può fare la perdita di uno o mille di essi?
    Questo dipende dall'importanza degli stessi o da quanto tale impero ci tenesse.

    -Riflessioni di Ura Nail, annalista della Confederazione. La citazione è estratta dal suo scritto, edito nell'Anno della Confederazione 14.965

    Una volta mi è stato chiesto per quanto ancora potremo resistere. Non ricordo chi mi fece questa domanda, alla quale non seppi dare una risposta. Centotrentasette anni dopo posso dire di aver visto abbastanza battaglie e condotto alla guerra così tante persone e navi da ipotizzare la mia replica.
    Per quanto ancora potremo resistere? Io dico per quanto ancora loro ci attaccheranno. Ho avuto al mio comando vascelli in grado di arare la superficie di dieci pianeti in quindici secondi, ho fatto nascere e morire centinaia di stelle e visto cose che voi che leggete questo mio ricordo non potreste e non vorreste neanche immaginare.
    Anche se dovessi trovarmi costretta a combattere armata di una clava e di dei sassi perché non si possono più creare munizioni, io continuerei a farlo. Ho mandato all'Awnw decine delle loro flotte al prezzo di migliaia delle nostre...e ho le riserve pronte.
    Resisteremo finché saremo in grado di farlo e anche dopo. La razza umana muore, ma non si arrende.

    -Estratto dalle chrono-psicomemorie dell'ammiraglia Junia Velieri, attiva dal 13.207 al 13.457. Cadde eroicamente nella Breccia di Traini, dove condusse la sua unità in una disperata quanto eroica carica contro forze navali delle Schiere Oscure in soverchiante superiorità numerica e di mezzi.
    È onorata in qualità di Eroina della Confederazione e Martire dell'Umanità.

    Sì, ho sentito parlare di questa figura. Il Sole Alato...mah! Per me è tutta finzione, una cosa fatta ad arte da quelli dell'Inquisizione per convincerci che c'è qualcuno che si preoccupa di noi. Credimi: non esistono più i messiah o i sinrael. Sarà uno dei loro xeno-incubi...
    Andiamo: davvero vorresti farmi credere che pensi che lui sia vero? C'è della gente che adora questa figura, e allora? Il fatto che qualcuno creda che una cosa sia vera non la rende tale, così come l'andare molto spesso allo spazioporto non mi rende un vascello siderale!
    E poi, se esistesse davvero, non pensi che vorrebbe in qualche modo manifestarsi a noi poveri comuni mortali? Invece di non farsi mai identificare camminerebbe sull'acqua o resusciterebbe qualcuno oppure...bah! Non esiste per davvero, dai retta a me.

    -Questo discorso è stato registrato da uno psi-commando di pattuglia all'esterno di un locale negli abitati inferiori dell'archeologya-formicaio di Sanshara, anno della Confederazione 16.624.

    Galassia di Andromeda, una delle cinque facenti parte del Dominio di Solaria
    Piano dimensionale di Caera Baloris
    Mondo-archeologya di Herasa'cea, uno dei quattrocentoundici milioni e trecento-sessantaduemila (14.362.000) pianeti creati, colonizzati o terra-formati dagli sforzi della Confederazione di Solaria
    Archeologya di Iristia, babilonie-appartamenti Troniie
    Ore 4.33


    Il ritmico battere dell'onnipresente pioggia sulle finestre, speciali lastre in mech-cristallo che lasciavano vedere senza essere visti, costrinse Ayarra ad aprire lentamente gli occhi.
    La schiava impiegò qualche secondo a rendersi conto di dove si trovasse, del fatto che avesse freddo e che risentisse ancora del cambio di fuso orario. La pioggia era una costante di tutte le archologye, un sotto-prodotto dell'incessante lavoro delle fabbriche e delle loro titaniche cortine di fumo.
    Dopo molti anni di vita all'interno del loro stato, la schiava aveva capito che i solariani non staccavano mai la spina. Per loro non esisteva il concetto del “per oggi basta”. Le loro classi operaie, composte da disgraziate ed incalcolabili moltitudini sotto-pagate, si caricavano le spalle con le necessità industriali di uno Stato che lottava tra la vita e la morte.
    Davanti all'impellenza di spedire armi e rifornimenti ai mille fronti aperti in ogni galassia. che importanza poteva avere se l'ambiente di uno o di un triliardo di mondi veniva distrutto? Se ne potevano creare altri sani e trapiantarvi la gente in eccesso.
    Ayarra si appoggiò delicatamente ai palmi delle mani e fece scivolare le esili gambe fuori dalla trapunta, restando così seduta al bordo del letto. I fulmini accompagnavano la pioggia con le loro frustate luminose, ripetenti nell'aria ogni due secondi. Le babilonie montavano chilometrici pinnacoli di mech-argenti per catturare quell'energia e stivarla nelle centrali. Poteva sempre servire. Anche questo dettaglio, il fatto che qualcosa potesse sempre tornare utile in futuro, l'aveva aiutata a comprendere la mentalità del popolo che aveva bruciato il suo pianeta natale e l'aveva fatta schiava quasi due decenni prima. I solariani erano una stirpe amareggiata dall'essere continuamente pronti al peggio. Costruivano le loro piramidi, le loro babilonie e i loro palazzi in previsione del vederli distrutti da qualche invasioni. Alcune volte si era trovata in difficoltà nel distinguere una pulsante metropolis-archologya da una necropoli dei mondi-sacrari.
    Sul suo mondo perduto non era mai esistito nulla del genere. Era sempre stato un pianeta tranquillo, abitato da una stirpe umana ma distaccata da Solaria e dal suo triste e millenario destino. Un giorno era scoppiata una rivolta verso le poco vantaggiose esportazioni di grano ed altri generi alimentari verso la Confederazione e questa era intervenuta nel modo che più la caratterizzava.
    Aveva arato i rivoltosi, le città, le genti innocenti e i campi con le bombe termo-nucleari, sparso sale sulle rovine radioattive e chiuso la zona a tempo indeterminato. Tutti i sopravvissuti erano stati avviati nei campi di schiavitù, colpevoli di eresia dell'autorità.
    La schiava guardò l'ora sulla sveglia digitale. Il display ottagonale raffigurante l'ora locale e quella standard era sorretto da Sacra Arrana, immortalata come in una delle statue che i devoti le innalzavano in tutti i mondi. La leggendaria condottiera era sospesa a mezz'aria per mezzo di due induttori di a-grav non più grandi del tappo di una bottiglia, le maestose ali irradiavano una tenue luce dorata, speculare a quella che le ardeva negli occhi di sola sclera.
    Erano le 4.33 secondo l'ora locale. Inscritti nella complicata lingua ufficiale della Confederazione, i numeri sovrastanti quelli letti dalla schiava davano l'ora ufficiale del mondo-trono di Areth. Lì erano le 15.02 di una teorica settimana e mezza prima.
    Ayarra lasciò il letto senza sbuffi o versi di fastidio. I piedini lasciarono la superficie del tappeto, una chincaglieria da quattro soldi nel quale erano ritratte alcune scene dell'Esodo dall'Antica Madre, e si posarono sul pavimento gelido.
    Accese la luce alzando l'interruttore a levetta ottagonale incassato nel muro. Una lampada ad otto sfere prese vita gettando sulla stanza una luce giallo-lattescente. La schiava si meraviglia sempre del fatto che il suo padrone, di pochi anni più grande di lei, le avesse lasciato per la seconda volta di possedere una stanza e degli oggetti completamente suoi. Essendo stata formata come schiava di compagnia, la donna aveva qualche difficoltà a comprendere la logica dietro il regalare ad un oggetto degli oggetti.
    Dal canto suo le era molto grata: avere qualcosa di suo e che le appartenesse l'aiutava a considerare quell'appartamento come una vera casa. Era stato così anche a Neo Shanti, prima che i vampiri attaccassero le metropolis-formicaio e la riducessero ad un cumulo di macerie. Il Grande Esercito gli aveva respinti e la ricostruzione era cominciata, ma Xantares non ne aveva voluto sapere di farvi ritorno.
    Troppo sangue, troppe perdite e troppi incubi legati ad una città un tempo faro della produzione e della vitalità solariana ed ora ridotta ad un cantiere ininterrotto. A distanza di mesi si trovavano ancora i corpi dei soldati caduti nella sua difesa e i resti degli abitanti massacrati dai raid. Le vittime si contavano in decine di milioni, i danni alle infrastrutture in centinaia di miliardi di dracme corinthiane. Nonostante tutto il dolore arrecatogli dai vampiri, il popolo solariano aveva messo mano agli strumenti edili e, lentamente, Neo Shanti stava tornando a vivere.
    Il suo padrone, il giovane uomo che, apparso a mezz'aria da una bolla di luce e l'aveva salvata dalle bombe e dalle macerie, aveva però deciso di cambiare città e regione. Il denaro non gli mancava e, in fin dei conti, che la sua volontà fosse eseguita era il primo obbiettivo di Ayarra.
    In qualità di schiava di compagnia, lei esisteva per servirlo.

    Circa mezz'ora dopo il suo risveglio, dopo essersi resa presentabile e aver alzato di qualche grado il riscaldamento, Ayarra lasciò la cucina e i suoi odori fragranti.
    I passi della schiava erano di una leggerezza eterea, difficili da captare persino per l'udito sovrumano di Xantares. Le ballerine scure della giovane donna sfioravano il pavimento senza alzare il benché minimo rumore. Persino il fruscio dell'elegante ma modesto vestito rosso cardinale che indossava era più intenso. Quell'abito dal taglio classico, con gli orli delle maniche decorati con una finta mano d'oro screziato e il colletto intarsiato da minutissime incisioni fatte a mano, rappresentava la divisa di Ayarra. Non amava presentarsi con capi diversi nella foggia o nel colore. Verso il rosso cardinale e la forma di quell'abito aveva sviluppato un affetto particolare. Era stato Xantares a farle scegliere il capostipite di quella sua moda.
    Il giorno in cui l'aveva comprata allo Stato le aveva chiesto cosa volesse davanti ad un negozio di vestiti povero ma dignitoso, un piccolo disco di luce e di vita su di un mondo ghiacciato e lontano dalle rotte principali.
    Padrone e schiava erano differenti come gocce d'acqua, con storie e mondi d'origine completamente diversi e posti a miliardi di anni-luce l'uno dall'altro. Che lei l'avesse salvato dal morire assiderato in mezzo alla neve e che lui l'avesse ricompensata portandola via dal campo e togliendole per sempre la vecchiaia erano stati dei casi più unici che rari.
    Ayarra strinse con grazia la mano destra attorno alla maniglia e la sollevò verso destra. Lo scatto della serratura la fece trasalire come il boato di un fucile ad impulsi che esplodeva uno dei suoi dardi a cinquemila metri di velocità al secondo. La schiava si fermò a mezz'aria, in testa la ventilata ipotesi che stesse mancando di rispetto verso il suo proprietario. Lui non aveva mai fatto caso o prestato attenzione a quell'etichetta, ma Ayarra ci teneva più di ogni cosa.
    Stava violando una regola? Non stava facendo bene il suo dovere?
    Dall'interno della stanza non provenne alcun suono. Le luci erano spente. Forse, si disse Ayarra, era troppo presto per destarlo. Avrebbe atteso qualche altra decina di minuti. Lentamente fece per lasciare la maniglia...
    «Sì, Ayarra? Hai bisogno di qualcosa?»
    La voce di Xantares, ancora impastata dal sonno, la colpì come uno schiaffo. Si sentì mancare un battito del cuore e per una frazione di secondo prese in considerazione l'idea di restare in silenzio e non dire assolutamente nulla.
    No, non sarebbe servito a niente.
    «Volevo dirvi che sto preparando la colazione» disse recuperando la sua naturale e ligia compostezza. «Sarà in tavola tra dieci minuti, se avete fame.»
    La maniglia le sfuggì dalla mano quando la porta venne aperta dall'interno della camera da letto. Le iridi nocciola chiaro della schiava si abbassarono nell'istintivo dogma del non guardare mai negli occhi il proprio signore. Fece un passo indietro, le mani conserte e forzate alla calma, e poi mormorò: «Se vi ho disturbato io...»
    «Tu non mi disturbi mai» sospirò Xantares passandosi una mano sul volto. «Hai detto colazione? Mi sembra un po' presto, ma...perché no?»

    Xantares Xeralla fece salire la mano dal viso fino all'attaccatura dei capelli, neri come quelli di ogni jarichans della tribù Xeralla, e sbatté un paio di volte le palpebre per riabituare le iridi color cobalto alla luce artificiale delle lampade.
    Darn, non devo avere una bella cera...
    Con quel pensiero in testa, Xan si coprì le labbra mentre sbadigliava e chiuse nuovamente gli occhi. Si appoggiò allo stipite della porta con il braccio destro, sentendo il freddo del sinto-legno sulla nuda carne, il movimento indusse un tintinnio nel pendente che aveva al collo.
    «Stai tranquilla, non mi hai disturbato.»
    «Sembrate avere ancora sonno» mormorò la schiava, oppressa dalla statura del jarichan rispetto alla sua. «Preferite che vi svegli tra una oppure due ore?»
    «Va bene così, davvero.» Fece un sorriso per convincerla che non era una menzogna a bella posta ed immise nelle parole una scintilla di quel potere carismatico che era comune agli elementi della razza umano-jarichan appartenenti alla casta Alfa.
    Non era una capacità nata per dialogare con i normali, ma funzionava anche con loro. Bisognava prestare più attenzione del solito e scegliere bene le parole: un significato espresso male e con troppa foga poteva portare una folla al suicidio collettivo in nome di chi aveva parlato. I normali, o kluunch se detto in jarichans, non avevano la resistenza psico-magica per opporsi davvero al volere di un Alfa.
    «Al vostro comando» annuì Ayarra, un po' intontita dalle parole del giovane uomo. Questi la seguì con lo sguardo mentre faceva ritorno al fragrante aroma della cucina. Per un attimo si perse nel colore bianco-argento dei suoi capelli. Per emarginare gli schiavi dalla popolazione libera e renderli facilmente riconoscibili, i responsabili dei campi gli lavavano all'arrivo con un acido magico particolare che aveva proprio l'effetto di cambiare in modo permanente il colore dei capelli.
    Ayarra non si ricordava di che colore fossero stati prima della trasformazione, quindi quel segreto era perso per sempre.
    Era ironico pensare che un cacciatore di taglie free-lance, un investigatore privato come lavoro ufficiale, un semi-dio con a carico il peso delle azioni del Sole Alato ed un cacciatore di Jaricho -tutte cose che Xantares era ed era stato- non fosse capace di scoprire quel piccolo e stupido dettaglio.
    In un certo senso gli ricordava che, nonostante tutti i suoi poteri e le sue magie, c'era qualcosa che si perdeva sempre.
    Prima un incubo, poi lei che mi sveglia...qualcuno non vuole che io oggi dorma. E dire che dopo l'ultimo caso speravo di esseri comprato un periodo di riposo totale. Ach, magari se ne può fare qualcosa di oggi.


    Atto II
    Something dark is coming



    Compatisco i poveri illusi che sostengono la possibilità di un accordo con i nostri nemici. Loro non sono lì per velleità espansionistiche o perché li piacciono i nostri mondi.
    Loro ci attaccano perché ci vogliono morti.
    Ho visto elveras strappare gli occhi ai nostri bambini e masticarli sopra i corpi dei soldati che erano morti nel tentativo di fermarli. Ho visto guerrieri vampiri fare a pezzi reggimenti interi ridendo nel vedere le viscere dei nostri Angeli Vendicatori venire spruzzate sulle loro armature.
    Ho visto anubith costruire totem con le teste dei nostri sacerdoti, guerrieri di Anvais fucilare la nostra gente perché lo ritenevano divertente, cavalieri di Clayhira smembrare fantaccini che avevano meno di quindici anni...ho visto un centesimo di quanto questo multi-verso sia spietato con noi, con l'umanità di Solaria.
    Pensate davvero che sia possibile stipulare una tregua con loro? Siete degli illusi. Non esistono tregue, non esistono condoni, non esistono i cessate il fuoco.
    C'è solo il nostro sangue e chi muore per vendicarlo quando viene sparso dalle sporche mani di qualche alieno non-umano!
    C'è solo guerra e vendetta!

    -Gran Sacerdote Icharios XII durante uno dei suoi Discorsi al Popolo.

    I più si chiederanno che diritto tu abbia a spedire nell'oblio un mondo con cinquanta bilioni di anime che vi tribolano sopra per frenare un male che avrebbe fatto un milione di volte quelle vittime. Ti accuseranno di essere una carnefice spietata, di non conoscere il significato della parola “innocenza” e “diritti universali”.
    Ti chiederanno che diritti tu abbia di vestire i panni della dea in terra e dispensare la morte dall'alto.
    Pochi, pochissimi tra loro, saranno abbastanza saggi da capire che tu non avevi alcun diritto a lasciarli vivere.
    Non ci sono diritti universali per il semplice fatto che non ci sono diritti. E quanto all'innocenza...lasciate che vi dica come, dopo cinque secoli di attività come Alta Inquisitrice, io abbia compreso che non esiste qualcosa come l'innocenza.
    Ci sono solo diversi gradi di colpevolezza.

    -Alta Inquisitrice Elosha Indalliari Val Athera-Chera, attiva dall'Anno della Confederazione 15.800 all'anno della Confederazione 16.622. Cadde nella Tragedia di Anxio Ther assieme a tutte le sue legioni, impedendo ad un Orrore di destarsi.
    È stata insignita del titolo di Eroina della Confederazione e Martire per la Razza Umana. Non date peso alle voci di chi l'ha accusa di aver ucciso, nel corso della sua carriera, oltre 214 (214.000.000.000.000.000) bilioni di persone. Se lo ha fatto è stato perché la salvezza del complesso vale ben oltre il sacrificio del più piccolo singolo.

    Bah, questi jarichans! Sarei bravo anche io a vincere ogni nemico se avessi ossa in Carbonia, super-poteri magici e muscoli blindati! Che hanno mai fatto di tanto grande? Io non ho nessun kak di potere, eppure sarò il primo a piantare la nostra bandiera su...-INTERROTTO-
    -Ultima registrazione vocale riconducibile al Sergente Staihn Terera del 162esimo Reggimento di Fanteria di Linea del pianeta Alatria XXII.
    Stato attuale dell'elemento Terera Staihn: deceduto in azione nel corso del Vittorioso Sbarco su Deathari Soli, la prima azione bellica della Guerra di Liberazione di Metraxas, cominciata nell'anno della Confederazione 16.620 e terminata bruscamente nell'Anno della Confederazione 16.623.
    Fu il primo soldato a cadere della sua unità.


    Temi i tuoi nemici esterni. Temi di più quelli interni e più di tutti temi quelli che si professano tuoi amici. Nessuna fiducia, nessuna ignoranza, nessuna benevolenza. Vuoi sentirti sicuro? Cammina con calma con una mano su di un coltello e l'altra sul calcio di una pistola.
    Vuoi sentirti più sicuro? Colpisci prima di loro e fallo per bene. Un colpo mancato è un occasione che i potenziali eretici che chiami amici hanno di strapparti la gola con le loro mani invasate dai poteri oscuri.
    Ripeto: non fidarti di nessuno.

    -Alta Inquisitrice Elosha Indalliari Val Athera-Chera, attiva dall'Anno della Confederazione 15.800 all'anno della Confederazione 16.622. Cadde nella Tragedia di Anxio Ther assieme a tutte le sue legioni, impedendo ad un Orrore di destarsi.

    Galassia di Andromeda, una delle cinque facenti parte del Dominio di Solaria
    Piano dimensionale di Caera Baloris
    Mondo-archeologya di Herasa'cea, uno dei quattrocentoundici milioni e trecento-sessantaduemila (14.362.000) pianeti creati, colonizzati o terra-formati dagli sforzi della Confederazione di Solaria
    Archeologya di Iristia, babilonie-appartamenti Troniie
    Ore 4.54


    Xantares bevve un sorso di caffè e storse le labbra in un percettibile cenno disgustato. Benché Ayarra facesse l'impossibile per portare in tavola cibi e bevande sane e reali, combattendo con inespresso ma fiero disprezzo tutti i surrogati di surrogati che si trovavano sui mercati, non era sempre possibile avere a disposizione pregiati articoli autentici.
    La maggior parte del cibo mangiato dalla stragrande maggioranza dei solariani era prodotto in ciclopiche catene di montaggio tecno-magiche: anche ignorando il fatto che i mondi agricoli erano sempre i primi a venire attaccati, i loro prodotti avevano un prezzo altissimo. L'offerta era drasticamente inferiore alla domanda e solo i più nobili e ricchi membri delle élite commerciali, nobiliari ed ecclesiastiche potevano permettersi tre pasti al giorno che non fossero stati letteralmente fabbricati alla stregua dei fucili.
    Quel caffè era decisamente un surrogato magico.
    «Sono ingiustificabile» mormorò la schiava abbassando il capo, una spaventosa ed autentica mestizia dominava nelle sue parole. «Non riesco a trovarvi niente di vero qui. È tutto artificiale. Non ho scuse.».
    «Non te la prendere, non te la prendere!» Le disse Xantares poggiando la tazza sulla tavola imbandita. Il liquido scuro all'interno tremolò quando le dita dell'immortale si ritrassero dalla presa.
    Abbandonando le braccia sugli appoggi dello scranno in sinto-legno dal marcato stile finto arethiano, l'uomo borbottò: «Siamo qui da quanto? Sette mesi? Sono pochi, non ti sembra?»
    «Non giustifica la mia incompetenza nei vostri confronti. È una mia mancanza e non riesco a superarla.»
    «Vedrai che troverai a chi rivolgerti anche qui. Ci sei riuscita su Neo Shanti, ci riuscirai anche qui. Non farti problemi» Pronunciata l'ultima parola, Xantares alzò lo sguardo al soffitto della cucina e sbatté le palpebre. «L'importante era di trovarci di nuovo una casa...o qualcosa di simile. Dopo quello che è successo a Neo Shanti volevo essere sicuro di trovarmi ad almeno un miliardo di pianeti dal più vicino vampiro esistente. Avevamo bisogno di un luogo dove stare. Lo abbiamo. Consideriamoci fortunati.»
    «Voi sapete bene che ovunque foste andato, io vi avrei seguito. Fino a quando non vi stancherete di me e non deciderete di abbandonarmi, io vi seguirò ovunque e vi servirò in ogni modo.»
    Un modesto sorriso apparve sul volto dell'immortale cacciatore di taglie. Gli occhi al cobalto scivolarono sul viso della sua schiava, trovandolo come sempre chiuso in quell'espressione di onestà totale e voluta che lei usava mantenere in ogni momento.
    Ayarra era al suo servizio ormai da quattro anni, dal giorno in cui l'aveva comprata allo Stato. Se avesse potuto, Xantares l'avrebbe liberata e le avrebbe dato i mezzi per farsi una sua vita, ma in Solaria chi era schiavo moriva schiavo.
    Nemmeno lui poteva farci niente. La volontà dello Stato Confederato era di gran lunga più potente della sua. Si era trovato a doverla combattere negli eventi legati al Rituale di Eldritch e questo l'aveva posto ad un millimetro dal baratro. Era riuscito a frenare il Rituale e a salvare se stesso ed Ayarra dalle ripercussioni, ma per molti altri non c'erano state simili fortune.
    Un pensiero, un nome legato ad un viso e a troppi errori, sfolgorò nella sua mente.
    «Non potrei mai abbandonarti, Ayarra. Mai, davvero. Per quello che hai fatto, per quello che significhi...non saprei più vivere senza saperti con me. Credimi.»
    La schiava, posta innanzi a quelle parole, si limitò a ripetere il suo credo di vita: «Io esisto per servirvi.»
    Già...per servirmi, dici. Non conti mai il fatto che mi hai rappezzato, ricucito, curato e rimesso in piedi almeno mille diverse volte. Una per ogni caccia dalla quale sono tornato più in pezzi che altro. Ti sei vista comparire sulla soglia un relitto e invece di farti prendere dal panico lo hai rimesso in piedi.
    E lo hai fatto senza mai lamentarti. Come potrei stancarmi di te? Dovresti essere tu ad essere stanca del dover prendere i miei pezzi e rimetterli a posto, del dover sopportare i miei incubi e le cose brutte che mi trascino da dove vado fino a te...
    Ma tu non sei mai stanca. Forse non sei capace di esserlo...oppure non vuoi mai esserlo.

    «Siete silenzioso. Ho detto qualcosa che vi ha infastidito? Sono in errore?» Ayarra sollevò impercettibilmente lo sguardo, attraversato da un veloce brivido di panico. Xantares fece un segno di dissenso con la testa.
    La rassicurò a mezza voce mentre si copriva il mento e le labbra con la sinistra in un gesto di riflessione: «Stavo solo pensando, Ayarra. Non preoccuparti.»
    «Al vostro comando.»
    Xantares annuì resistendo all'impulso di alzarsi dalla sedia ed aprire la finestra. Il kal, la voce e il simbolo della sua natura per metà divina, gli aveva trasmesso una violenta scarica di calore. Dal punto dove il kal aveva la sua posizione, la spalla sinistra, l'onda si era diffusa in tutto il suo corpo.
    L'immortale sapeva che questo succedeva solo in risposta a due fenomeni: dei nemici dei Signori di Azuras erano nei paraggi oppure qualcosa di veramente spaventoso ai danni della razza umana era in corso d'opera.
    Per l'intensità della scarica e il brivido che gli aveva trasmesso, Xantares sapeva che doveva trattarsi della seconda possibilità.
    Qualcosa di oscuro è in arrivo...

    La cabina dell'ascensore a rotaia magnetica discese l'ultimo chilometro di tragitto alzando un sospiro di metallo ed aria spinti l'uno contro l'altro ad altissima velocità. All'interno dell'alcova blindata e protetta da un campo di schermatura a-grav, Xantares scrutava corrucciato la pulsantiera direzionale.
    Appoggiato all'angolo della cabina, modellata sull'aspetto di una sfuggente goccia d'acqua, il giovane aveva le braccia incrociate sul petto e lo sguardo perso a guardare i controlli di quell'espressione della tecno-magia civile solariana. La lunga giacca nera gli cadeva dalle spalle fino a sotto le ginocchia come un mantello bagnato. Il colletto era abbassato, la cerniera e i bottoni sciolti. Il petto della giacca era increspato dalle pieghe che quella postura comportava.
    Non mi piace, pensò Xantares riferendosi al brivido di pochi minuti prima, neanche un po'. È dalla faccenda di Eldritch che non sento una cosa del genere.
    Chiuse gli occhi per meglio riflettere sulle sensazioni provate pochi minuti prima. Il brivido che gli era corso lungo la schiena era stato intenso, forse pari a quello vissuto quando l'abominevole Eldritch si era destato dal suo sonno.
    Se l'esperienza non lo stava ingannando, portandolo ad ingigantire qualcosa di ben più limitato, allora tra le stelle c'era veramente qualcosa di maligno. Qualcosa che si aggiungeva a tutto il resto, a tutte le cose viste ed affrontate in quasi nove anni di attività.
    Nove anni. Quella cifra lo fece quasi sorridere. Erano già passati nove anni dal giorno in cui aveva lasciato Jaricho e tutti i fantasmi che il suo mondo natio gli aveva messo alle spalle. Per disperdersi tra le stelle, per scappare dal ricordo, per non affrontare ciò che inevitabilmente era una parte di lui.
    Xantares Xeralla per metà del suo essere apparteneva al popolo jarichans, alle sue tradizioni isolazioniste e alla sua società matriarcale fondata sulla caccia e sulla famiglia. Per metà rappresentava quel popolo che, all'alba della Grande Marcia tra le Stelle lanciata dall'allora neonata Confederazione, si era fatto coscrivere in massa e spedire contro i miliardi di popoli ed imperi alieni che allora estendevano i loro domini sulle galassie di Solar, Pegasos, Jonia ed Andromeda.
    Le guerriere e i guerrieri delle tribù jarichans avevano strappato le zanne e gli artigli dei nemici dell'umanità solariana per dieci lunghissimi millenni, aiutando la nascente Confederazione a compiere un giusto genocidio delle bestie che, fino al giorno prima, avevano tormentato le stirpi umane arenatesi dopo l'Esodo dall'Antica Madre Azuras.
    Loro, uomini e donne scalzi ed armati con semplici coltelli d'argento e magie, messi contro tiranni alieni che potevano devastare interi continenti con un gesto.
    Avevano vinto praticamente ogni battaglia...al carissimo costo di uno spopolamento dal quale, seimila anni dopo, non si erano ancora ripresi.
    Chi lasciava Jaricho era visto male dalle altre tribù, per il quale diventava un traditore o al meglio un rinnegato. Jaricho era la sacra terra di tutti i jarichans, la loro prima ed unica patria, il solo pianeta dove dovessero risiedere e vivere per tutta l'eternità.
    Lasciarlo equivaleva a tradire e scombinare i delicati rapporti di combinazione genetica che le Matriarche richiedevano al loro popolo per mantenerne le migliori caratteristiche, le stesse predilette dalla loro dea-madre: la bellezza, la forza, la perfezione in ogni tratto.
    Era stato il loro mondo, attraverso i voleri della Divina Grande Madre Jaricho, a promuovere la spietata evoluzione che da coloni morti di fame e spauriti li aveva portati ad essere l'epitome delle possibilità umane, l'emblema di quella potenza e di quella sublime perfezione che solo una dea poteva creare.
    La razza dalla quale si erano distinti, la decadente umanità di Solaria, poteva soltanto guardare a loro come a delle chimere irraggiungibili e in segreto stringere i denti nell'astio.
    E lui, Xantares Xeralla, aveva lasciato Jaricho come sua madre prima di lui. Era fuggito dalla tribù e dai suoi dogmi orali per disperdersi tra le infinite realtà di quell'immensa macchina di morte che era diventata la Confederazione di Solaria.
    Ma sempre più spesso dagli eventi che lo avevano visto opporsi alla resurrezione di Eldritch e la sua promessa di rovina, Xantares sognava il suo mondo natio. Non appena chiudeva gli occhi e si lasciava prendere dalle braccia del sonno, lui lo vedeva. I suoi occhi lo vedevano. Ogni suo senso vedeva o percepiva il mondo natio e il suo richiamo al figlio che molti anni prima era approdato alle stelle per lasciarselo alle spalle.
    Una sfera indaco e smeraldina che si stagliava sul fondale del bui siderale come un faro. Una stella rocciosa ammantata da quell'incommensurabile energia magica che aveva accelerato l'evoluzione dei coloni in jarichans e fatto loro dono di poteri e capacità più stabili e fortificate di quelle normali.
    L'aura di Jaricho era così intensa e vibrante da illuminare i più vicini sistemi stellari di solo riflesso, concedendo anche a loro una modesta dose dei suoi benefici. Tutti gli elementi di quel mondo urlavano perché lui vi facesse ritorno: dai venti che li portavano il profumo di casa alle narici fino alla schiacciante gravità che aveva contraddistinto il pianeta e reso la sua gente tanto forte e prestante sul piano fisico.
    Da un mondo con sei volta la gravità standard di Areth ci si sarebbe aspettato un popolo di nani tozzi e robusti, ma la magia e il volere della Grande Madre avevano agito in senso contrario, elevando la statura, cambiando la composizione di ossa e muscoli, fortificando gli organi ed aggiungendone alcuni.
    Pur essendo per metà il figlio di uno sconosciuto e divino Signore di Azuras, Xantares aveva un corredo genetico ed una struttura fisica perfettamente identica a quella di tutti gli altri jarichans di tipo Alfa. Non c'erano geni che brillassero d'oro o stringhe di DNA avvolte dall'argento in lui. La sua metà semi-divina era una questione solo energetica, spirituale.
    Materia ondulatoria con la quale l'aura di jarichan si era aggregata e legata.
    Questo dettaglio l'aveva aiutato a nascondere quella parte di sé agli altri e a non far trapelare altro l'aspetto di un “comune” jarichan di classe genetica Alfa. Come se, pensò il cacciatore, gli o le Alfa fossero comuni.
    Ne nasceva uno ogni cento milioni e le responsabilità genetiche sulle loro spalle erano persino più gravose di quelle attribuite alle altre classi. Dovevano essere le guide cacciatrici delle tribù, la controparte attiva delle Matriarche.
    E non dovevano permettersi il crimine di lasciare il pianeta come aveva fatto lui. Un tale atto premetteva la dispersione di una linea di sangue troppo rara e difficile da creare.
    E pensare che hanno mandato qualcuno per convincermi a tornare...prima con le maniere buone e poi con quelle più forti. Ed ora? Sono io che voglio tornare a casa? È per paura di questo brivido? O forse ho solo bisogno di tornare...?
    L'ascensore emise un segnale acustico per avvisare gli utenti, in questo caso l'utente, dell'aggancio ai magneti del piano terra. Normalmente l'avviso era dato con un trillo piacevole e pre-registrato.
    Normalmente.
    Il suono che uscì dai riproduttori acustici fu quello di un gesso che strideva su di una vecchia lastra d'ardasiya unito al grido lancinante di una voce femminile. Una voce stridula che suggerì al cacciatore di taglie l'immagine di una figura bendata e prona su di un pavimento marmoreo intriso di simboli e rune demoniache, le mani tese in avanti con i palmi bucati da due grossi spilli anneriti ed una gibbosa escrescenza in crescita sulla schiena.
    L'immagine di una Postulante del culto di Chandra Caelum.
    La combinazione tra suono ed orrido ricordo fu agghiacciante e fece sussultare il sinrael che spalancò gli occhi, le iridi contratte nella penombra arrossata della cabina, già pronto ad affrontare una minaccia simile se non uguale a quella venutagli in mente.
    Invece di aprire i portelloni frontali, l'ascensore emise quel verso ed accelerò la sua discesa. L'aria nella cabina si fece tesa come la corda di un antico violino aiuriano e si fece pesante al pari di una colonna di icsero-piombo corazzato.
    I due cuori del cacciatore di taglie accelerarono i battiti pompando sangue ed adrenalina e magia in tutto il suo corpo, le ossa in naturale bio-lega di Carbonia sentirono la pressione atmosferica calargli addosso con la forza di una martellata e resistettero riversando sul sinrael una ridda di dolore che lui controllò con una smorfia del viso.
    Lanciò un'occhiata al pannello di controllo dell'ascensore, salendo oltre la pulsantiera per fermarsi sull'indicatore di velocità raggiunta: ottocento metri al secondo in rapido aumento.
    «Sacra Arrana!» Imprecò Xantares impuntandosi per non cadere. Le sue mani, coperte da due guanti a mezze dita, sbatterono a palmo aperto con i pannelli dell'ascensore così da fornire supporto. Il metallo lucidato venne ammaccato da quel gesto di forza sovrumana.
    Qualunque cosa fosse all'opera, pensò Xantares, lo voleva uccidere facendolo esplodere come un gavettone.


    Lo so, in genere postare due capitoli scoraggia la lettura, ma questa volta ho deciso di partire in quarta ^^
     
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    una legione di demoni tecno-magicamente e numericamente superiore a noi di un milione ad uno.

    Ahahah come in tutte le tue storie, i numeri impressionanti mi spavantano xDD ancora di più, sto appurando, le scale di riduzione! Spesso mi sento come se il mio cervello non ce la facesse ad immaginare tanta moltitudine di individui! È una sensazione piuttosto strana che viene sicuramente acuita con la tua già nota maestria nello rendere come qualcosa di reale, con le parole, un intero universo immaginato al punto che se ne riesce a respirare l'aria, o piuttosto l'atmosfera repressiva e opprimente, e sentire sulle proprie ossa il peso della storia, vera e inventata che sia.
    Non c'è verso che non mi ripeta, ma mi perdonerai se torno a sottolineare che hai un'incredibile capacità di raccontare le cose in modo da far riflettere su più temi che sono moderni e attuali a dispetto del tema dark-fantasy delle tue storie xD

    CITAZIONE
    Pensa ai tuoi peggiori incubi, ai mostri che popolavano i tuoi sogni più orrendi e ai terrori che intuivi nascondersi nel buio: sono il minimo che ti capiterà di vedere una volta che ti avremo fornito un fucile ed un coltello. Sì, avrai un fucile.

    eheheh... un "fucile" ed un "coltello" sembrano miseramente troppo pochi come equipaggiamento contro i nemici descritti... e sì che la tattica di attacco più usata di frequente, ormai si capisce, è quella di ammassare corpi su corpi per erigere un muro di carne per ostacolare l'avanzata del potente nemico... anche in questo, se non lo si fosse evinto dalle parole più che brutali di poco prima xD, si capisce quanta poca importanza abbia una singola vita in confronto alla "causa" di guerra ù.ù Triste e vero...

    CITAZIONE
    -Introduzione ai nuovi nati dei mondi-fortezza. Questo discorso viene psichicamente inculcato nelle menti degli infatti a due settimane dalla nascita. Attraverso una particolare magia si fa in modo che loro possiano capirlo e ricordarlo sempre.

    Questa è davvero una cosa... SPAVENTOSA OAO
    *muore*
    Sarà che ho il terrore delle manipolazioni di quasi qualsiasi tipo, ma immaginare che inculchino queste grazione paroline grondanti speranza in tutti i cervellini dei bambini neonati... dà i brividi a dir poco >.<
    Certo, togliendo tutte le considerazioni psico-umanitarie e morali, si può anche comprendere che una mossa del genere è una delle più astute per assoggettare al proprio volere miliardi incalcolabili di individui che, se seguissero del tutto la loro natura umana egoista e egocentrica, si potrebbero essere potenzialmente "pericolosi", ovvero potenziali ostacoli per la guerra ** E certo, perché se pensassero in massa che ognuno di loro possa essere più importante dell'altro, finirebbe tutto in un gran macello!
    Però, devo dire che se rischiassero di favorire l'individualità delle persone, forse si ritroverebbero ad avere un po' di più eroi e trascinatori che davvero potrebbero farene la differenza, piccola ma pur sempre una differenza che si somma a molte piccole altre. Insomma, come si fa a far vincere al genere umano una guerra quando si è svuotato l'uomo di qualsiasi umanità?? (la radice uman- si sta per lamentare per il troppo consumo che ne sto facendo XD ahahah)

    CITAZIONE
    -Estratto dalle chrono-psicomemorie dell'ammiraglia Junia Velieri, attiva dal 13.207 al 13.457. Cadde eroicamente nella Breccia di Traini, dove condusse la sua unità in una disperata quanto eroica carica contro forze navali delle Schiere Oscure in soverchiante superiorità numerica e di mezzi.
    È onorata in qualità di Eroina della Confederazione e Martire dell'Umanità.

    Ok, penso che questo pezzo sia una più che bastevole risposta a quanto scritto prima, vero?
    Cioè che umanità o meno non farebbe differenza in questo mondo dove imperversa con così forza e costanza questa tenebra impenetrabile?

    CITAZIONE
    costrinse Ayarra ad aprire lentamente gli occhi.

    Ayarra! Davvero, c'è anche lei! che bello!! *cerca Xantares in giro*

    *devo andare a pranzare, il commento lo finisco dopo e anche la lettura XD*
     
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  3. dany the writer
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    Ahahah come in tutte le tue storie, i numeri impressionanti mi spavantano xDD ancora di più, sto appurando, le scale di riduzione! Spesso mi sento come se il mio cervello non ce la facesse ad immaginare tanta moltitudine di individui! È una sensazione piuttosto strana che viene sicuramente acuita con la tua già nota maestria nello rendere come qualcosa di reale, con le parole, un intero universo immaginato al punto che se ne riesce a respirare l'aria, o piuttosto l'atmosfera repressiva e opprimente, e sentire sulle proprie ossa il peso della storia, vera e inventata che sia.
    Non c'è verso che non mi ripeta, ma mi perdonerai se torno a sottolineare che hai un'incredibile capacità di raccontare le cose in modo da far riflettere su più temi che sono moderni e attuali a dispetto del tema dark-fantasy delle tue storie xD

    Devo quotare tutto questo perchè lo merita assolutamente: sei riuscita ad afferrare nuovamente due elementi fondamentali delle mie storie. Le dimensioni impensabili che per noi sono difficili da prendere e vivere come concrete e il fatto che queste, assieme a molte altre cose, siano dei paraventi, degli specchietti per il raccontare qualcosa di nostro ed attuale :)

    CITAZIONE
    e sì che la tattica di attacco più usata di frequente, ormai si capisce, è quella di ammassare corpi su corpi per erigere un muro di carne per ostacolare l'avanzata del potente nemico...

    In un mio romanzo sul forum Scrittori della Notte, il romanzo si chiama Thana e cronologicamente è vicino a questo ma geograficamente molto distante, viene rivelato quale sia il glorificante grido di battaglia delle armate umane.
    Cosa potrebbero dirsi le donne e gli uomini di questo multi-verso oscuro e decadente per farsi coraggio, per ricordare ai loro nemici chi sono e per esorcizzare la paura? Uno pensa che sia qualcosa di epico, che esprima valore e patriottismo.
    Il grido di battaglia del Grande Esercito della Confederazione è:
    "Per ogni eroe che ascende alla gloria e agli allori, dieci milioni di noi muoiono nel fango e nell'anonimato!
    Per ogni eroe che viene celebrato nelle luci delle canzoni e dei festeggiamenti, dieci milioni di noi spariscono nelle tenebre del silenzio!
    Per ognuno di noi che cade dieci milioni prendono il suo posto!"

    E questo è più terribile di qualsiasi insulto o imprecazione che si possa rivolgere. Rivela ai nemici dell'umanità che l'esercito a difesa di questa è un tritacarne capace di affogarli nel sangue. Nel suo sangue. Certe volte (molto spesso) Solaria non può fare altro che, citando una delle loro condottiere, "Spedire altre persone nel tritacarne".
    Se non altro per ridurre i danni, neanche per vincere.

    CITAZIONE
    Sarà che ho il terrore delle manipolazioni di quasi qualsiasi tipo, ma immaginare che inculchino queste grazione paroline grondanti speranza in tutti i cervellini dei bambini neonati... dà i brividi a dir poco >.<

    Sappiamo bene che in Solaria i diritti civili, politici e di pensiero sono chimere dimenticate per mai più essere riscoperte.
    I mondi fortezza fanno di queste privazioni i loro pilastri, dovendo sopportare l'onere di rifornire Solaria di quella sezione "professionistica" che necessariamente deve sapersi schierare a capo e a fianco di tutti i fantaccini coscritti.
    Sono caserme globali dove non nasci per amore di due genitori, ma perchè la Confederazione stessa ha richiesto alla generazione precedente un rinnovo genetico da poter consumare in tutti i suoi fronti...e questi nuovi nati e i loro genitori sono soldati dalla cula fino alla bara.

    CITAZIONE
    Ok, penso che questo pezzo sia una più che bastevole risposta a quanto scritto prima, vero?
    Cioè che umanità o meno non farebbe differenza in questo mondo dove imperversa con così forza e costanza questa tenebra impenetrabile?

    Solaria ha milioni di eroi, Sacri, Sacre, eroine, Martiri...e nonostante tutto è messa in ginocchio. Questo premette che nonostante tutti i suoi sforzi, questo popolo solariano è...allo stremo.
    Continuerà a lottare fino all'ultimo secondo, ma sa che è spacciato o quasi.

    Aspetto il resto...tu riguarda Violet, potrebbe arrivare qualcosa! ^^
     
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    *proseguo del commento sopra - dopo pranzo*

    CITAZIONE
    Fece un passo indietro, le mani conserte e forzate alla calma, e poi mormorò: «Se vi ho disturbato io...»
    «Tu non mi disturbi mai» sospirò Xantares passandosi una mano sul volto. «Hai detto colazione? Mi sembra un po' presto, ma...perché no?»

    Sai che qui sembra quasi una fase della loro storia prima degli eventi di Ombra?
    Sembrano un po' meno in sintonia come se fossero assieme da meno tempo... eppure l'anno degli eventi di Ombra è il 16.623, mentre uno dei reperti di Necrologya è datato nell'anno 16.624, quindi si suppone che gli eventi del racconto siano successivi.
    Bù, continuo a leggere, magari è solo un'impressione passeggera xD

    No... questo mi sembra ancora una conferma dell'impressione:
    CITAZIONE
    «Sembrate avere ancora sonno» mormorò la schiava, oppressa dalla statura del jarichan rispetto alla sua. «Preferite che vi svegli tra una oppure due ore?»

    Insomma, sembra intimidita come se il padrone fosse nuovo e non sapesse bene cosa aspettarsi da lui!

    CITAZIONE
    Non era una capacità nata per dialogare con i normali, ma funzionava anche con loro. Bisognava prestare più attenzione del solito e scegliere bene le parole: un significato espresso male e con troppa foga poteva portare una folla al suicidio collettivo in nome di chi aveva parlato. I normali, o kluunch se detto in jarichans, non avevano la resistenza psico-magica per opporsi davvero al volere di un Alfa.

    Questa cosa, anche se inquietante, stimola in me tanto interesse!! ahahah

    CITAZIONE
    Per emarginare gli schiavi dalla popolazione libera e renderli facilmente riconoscibili, i responsabili dei campi gli lavavano all'arrivo con un acido magico particolare che aveva proprio l'effetto di cambiare in modo permanente il colore dei capelli.

    Oh, no! questo NO! I Capelli NO!!
    Non sono una fanatica del capello-sempre-fresco-di-parrucchiere (anzi, il più delle volte ho uno scopettone in testa) però ci tengo alla particolarità dei propri colori caratteristici di nascita! ç.ç
    Anche se sembra nulla a confronto con le perdite di vite per la guerra, questa ennesima spersonalizzazione degli individui mi rattristisce ç.ç

    *fine primo atto*


    CITAZIONE
    Il grido di battaglia del Grande Esercito della Confederazione è:
    "Per ogni eroe che ascende alla gloria e agli allori, dieci milioni di noi muoiono nel fango e nell'anonimato!
    Per ogni eroe che viene celebrato nelle luci delle canzoni e dei festeggiamenti, dieci milioni di noi spariscono nelle tenebre del silenzio!
    Per ognuno di noi che cade dieci milioni prendono il suo posto!"
    E questo è più terribile di qualsiasi insulto o imprecazione che si possa rivolgere. Rivela ai nemici dell'umanità che l'esercito a difesa di questa è un tritacarne capace di affogarli nel sangue. Nel suo sangue. Certe volte (molto spesso) Solaria non può fare altro che, citando una delle loro condottiere, "Spedire altre persone nel tritacarne".
    Se non altro per ridurre i danni, neanche per vincere.

    Già... è lo stesso concetto che si denuncia sin da "The Eternal Crusade" ù.ù

    CITAZIONE
    Sappiamo bene che in Solaria i diritti civili, politici e di pensiero sono chimere dimenticate per mai più essere riscoperte.
    I mondi fortezza fanno di queste privazioni i loro pilastri, dovendo sopportare l'onere di rifornire Solaria di quella sezione "professionistica" che necessariamente deve sapersi schierare a capo e a fianco di tutti i fantaccini coscritti.
    Sono caserme globali dove non nasci per amore di due genitori, ma perchè la Confederazione stessa ha richiesto alla generazione precedente un rinnovo genetico da poter consumare in tutti i suoi fronti...e questi nuovi nati e i loro genitori sono soldati dalla cula fino alla bara.

    Oltre che tristerrimo (come già detto), questa cosa mi ricorda i trattati filosofici sui poteri.
    Più uno stato è forte e coatto, più esige che i singoli individui cedano parte del loro potere e della loro libertà per fondarlo e mantenerlo in funzione.
    Questa della Confederazione sembra l'estremizzazione del concetto sopra citato >w<

    CITAZIONE
    Aspetto il resto...tu riguarda Violet, potrebbe arrivare qualcosa! ^^

    Ehehe eccolo! xDD

    Per ora invio anche questo pezzo, che temo sempre che mi si cancelli tutto il papello mentre scrivo! *A*
    Sappi che se mai dovesse capitare ti lascerei un commento con scritto solo che non ho la forza di riscrivere nulla ahahah xDD
    Comunque, stavo per dire che devo ancora leggere il 2° atto.
     
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  5. dany the writer
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    CITAZIONE
    Sai che qui sembra quasi una fase della loro storia prima degli eventi di Ombra?
    Sembrano un po' meno in sintonia come se fossero assieme da meno tempo... eppure l'anno degli eventi di Ombra è il 16.623, mentre uno dei reperti di Necrologya è datato nell'anno 16.624, quindi si suppone che gli eventi del racconto siano successivi.
    Bù, continuo a leggere, magari è solo un'impressione passeggera xD

    Il pezzo dopo li mostra più vicini, forse era che Xan qui praticamente si era appena destato da uno dei suoi incubi dovuti alle vicende vissute in Ombra. Ayarra si appella sempre con lui usando il voi in quanto lei schiava e lui padrone. Faccio una certa attenzione ai loro dialoghi, cercando sempre di non fare mai dire ad Ayarra "Io". Le hanno "insegnato (con metodi molto brutali) a non considerarsi come una persona perchè, per la legge solariana, lei non lo è.
    D'altro canto Ayarra non chiama spesso Xan "padrone" o "mio padrone". Ripiega su altre formule e su quel voi, conscia che al nostro non da un po' fastidio non poterci mai parlare da persona a persona.

    CITAZIONE
    Insomma, sembra intimidita come se il padrone fosse nuovo e non sapesse bene cosa aspettarsi da lui!

    L'essere un po' oppressi dalla statura dei jarichan vedrai che si ripete spesso con noi normali :) Ayarra inoltre dovrebbe essere alta 168 centimetri che devono essere confrontati. quando lei parla con Xan. con l'esplosivo 1.94cm del nostro cacciatore! ^^

    CITAZIONE
    Questa cosa, anche se inquietante, stimola in me tanto interesse!! ahahah

    Si tratta di uno dei curiosi poteri magico-genetici dei jarichans di quella speciale casta; se lo desiderano possono imporre la loro volontà anche sui normali, quando normalmente lo dovrebbero fare solo con i loro simili.
    Nella storia della Confederazione ci sono stati casi di maghi o signori della guerra che hannno copiato quell'abilità per usarla per i loro scopi, portando sotto il loro volere anche centinaia di pianeti. Una volta lo descrissi come "uno schiaffo". In effetti a noi sembrerebbe questo! ^^

    CITAZIONE
    Oh, no! questo NO! I Capelli NO!!

    Non lo hanno notato in molti questo aspetto! Però io non l'ho messo a caso: quel colorito bianco-argenteo perenne ed intangibile aiuta a discriminarli ed impedirne la fuga! Come puoi scappare se tutti ti riconosco subito?

    CITAZIONE
    Questa della Confederazione sembra l'estremizzazione del concetto sopra citato >w<

    E non è la sola! Mi fa piacere che tu l'abbia notata! ^^ Solaria ha molti tratti "nostrani" estremizzati oltre il pensabile per riuscire a creare una barriera tra loro e quanto li circonda. Vedrai nel corso della storia quanto Solaria sappia arrivare in basso pur di guadagnarsi una sola ora di vita in più! Ma non è tutta negativa...vedrai, vedrai.

    CITAZIONE
    Sappi che se mai dovesse capitare ti lascerei un commento con scritto solo che non ho la forza di riscrivere nulla ahahah xDD

    E che magari io devo immaginarmi cosa hai scritto! :D Se succede lo metto in firma! ^^ Grazie per il commento, comunque! Sei sempre molto attenta a cosa scrivo e a cosa voglia dire! ^^
     
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  6. dany the writer
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    Una patina di rosso traslucido s'espanse a macchia d'olio sul pavimento della cabina. Un liquido maligno dall'odore di zolfo e plastica fusa che descrisse dei cerchi concentrici attorno agli stivali di Xantares, i cui sensi eterei erano balzati all'erta. Un pinnacolo di metallo nero e striato d'argento in punta emerse dall'acqua appena comparsa, conficcandosi come la spina di un rovo contro il pannello di sinistra. Xantares si schiacciò contro la parete opposta, gli occhi stretti attorno all'oggetto che aveva cercato d'impalarlo.
    Naviganti tra le escrescenze dello spuntone, un fiume di piccole icone dettavano la loro luce purpurea nell'ascensore. Si legavano tra loro con nastri di chiavi simboliche la cui sola vista bastava a causare un lancinante dolore agli occhi.
    Un secondo spuntone emerse dal pavimento con un trionfo di schiocchi e frantumazioni di metalli, Xantares si piegò sulle ginocchia evitando all'ultimo secondo di vedere la propria testa recisa con un taglio brutale. L'ombra allungata dal secondo spuntone gli cadeva sul viso e sul dorso della giacca: volute di fumo nocivo aleggiavano al suo interno, aggravando la sensazione di claustrofobia ed oppressione che di per sé caratterizzava una qualsiasi cabina d'ascensore a rotaia magnetica.
    Sgattaiolando sotto lo spuntone, un grottesco arco di metallo conficcato nella parete, Xan si portò fuori dalla sua ombra, che andò in frantumi quando lui colpì l'arcata con un calcio dato di piatto con lo stivale. I frammenti si sparsero nel liquido trasformandosi in nascenti colonne di fiamme nere come lo scuro della notte.
    L'arcata andata in frantumi si ricompose legando i due tronconi con un viticcio di tendini e schegge ossee tenute costrette da nastri di correnti magiche.
    Darn, Xantares alzò la testa al soffitto della cabina, dove gli ottagoni luminosi funzionavano ad intermittenza, ed individuò la sua uscita d'emergenza.

    Dall'ascensore s'innalzò un turbine di frammenti irradiati da una luce blu-dorata, seguito dall'imprecazione del cacciatore di taglie. I frammenti irradiati di potere puntarono verso l'alto per una scarsa ventina di metri prima di cominciare l'inevitabile ricaduta.
    Un brandello del soffitto stridette al contatto con una delle rotaie, venendone sbrindellato come un pezzo di cartone bagnato. Le scintille nate dal contrasto illuminarono un tunnel verticale a quattro angoli immerso nella penombra dei chilometri senza fondo.
    Aggrappandosi ai bordi del soffitto, Xantares s'issò a contrastare la pressione di una discesa incontrollata verso i sotterranei della babilonia. Le rotaie, scure come fiumi dell'ormai dimenticato oro nero, scendevano verso il basso confondendo le loro sagome con la tenebra.
    Tutti gli ottocento metri per secondo di velocità piovvero sulle spalle di Xantares non appena questi uscì dal campo di schermatura a-grav. Per una frazione di secondo il semidio sentì il lamento striato dei suoi muscoli, tesi verso il basso dalla pressione. Fece leva sulle braccia e trascinò il piede destro fino a schiantarlo contro il soffitto dell'ascensore. La gamba destra era ancora penzoloni nella cabina, trattenuta verso il basso dalla forza di gravità interna ad essa.
    Una tremula luce bianco-azzurra avvampò nel buio del tunnel: s'innalzò dalle suole degli stivali fino alle punte dei capelli di Xantares, che percepì l'immediato attenuarsi della pressione e lo scemare di quel peso che cercava di trascinarlo sul fondo. All'interno della fiamma, l'emanazione fisica di un frammento dell'Aura magica del sinrael, si potevano vedere migliaia di minute bolle di energia marcata di celeste chiaro salire verso l'alto e poi perdersi in appuntite volute di pseudo-fuoco.
    Libero d'ignorare le noie della legge di gravità, Xantares si tirò in piedi con un colpo di reni. Attaccato al soffitto ora divenuto il suo pavimento, quasi lui fosse un magnete, Xantares alzò lo sguardo alla tromba dell'ascensore. Le rotaie continuavano a mischiarsi all'oscurità nella loro discesa verso il nulla buio. Correvano verso il basso con momentanei bagliori d'avvistamento propulsi da ottagoni illuminatori tinti d'arancione.
    Di quanto sarò sceso per questa cosa? Cinque chilometri? Dieci? Che awnw è, una contaminazione demoniaca?! Qui?! Come darn ha fatto ad arrivarci?
    Decise all'istante che non era importante. Inchiodò il suo sguardo alla rotaia di destra e sollevò le palpebre corrugando la fronte. I muscoli del volto erano irrigiditi in un'espressione greve e seria, freddamente concentrata circa il come uscire da quella trappola.
    Nelle iridi presero vita due torrenti di energia blu: le correnti magiche si mischiarono, rincorsero e confusero tra loro in un crescendo di turbini intinti di bianco lattescente. Con uno schianto altisonante, pari a quello che avrebbe prodotto un fulmine colpendo il tronco di un abete, due strali sfrecciarono dalle iridi infuse di potere e schiantarono la loro potenza contro il metallo conduttore della rotaia.
    Il moto della cabina s'arrestò con un dissesto che minacciò di far scivolare Xantares verso il nulla marcato di nero in fondo al tunnel. Egli s'impuntò pestando i piedi sul soffitto dell'ascensore e si diede una spinta con le braccia, gli addominali e i muscoli delle braccia tesi come delle corde di violino.
    Il silenzio che venne a regnare fu per una frazione di secondo così assoluto da permettere al jarichan di ascoltare con chiarezza la duale pulsazione cardiaco dei suoi cuori. Li avvertì che lo martellavano dall'interno del torace, pompando sangue ed adrenalina a fiumi.
    Xantares fissò la sua opera con un cipiglio aggressivo; il metallo liquefatto alzava invisibili filamenti di fumo rancido e colava verso il basso senza emettere altro rumore che non fosse quello di un liquido vischioso in discesa. Lo sfrigolio era soffocato dalla sirena d'allarme, il suo grido si perdeva nel tunnel.
    Con le iridi ancora tinte di azzurro e l'Aura che sforbiciava il buio con le sue vampate irregolari, Xantares diede le spalle a ciò che aveva colpito e portò la sua attenzione su quanto si trovava sotto il foro che aveva scavato per uscire dalla cabina.
    Sull'oleoso liquido si stagliavano due occhi verde opalescente dal taglio stretto e rettiliano: al cacciatore di taglie fecero venire in mente quelli di una serpe.
    Ma che...
    Una coltre di simboli magici non-umani s'irradiarono da quegli occhi al pavimento della cabina e, da questo, fino alle sue mura esterne. Scivolavano nel metallo come gocce di pioggia acida. Nello stesso momento, un turbine caratterizzato dal distinto sbattere di tante paia d'ali circondò il punto dove si trovava Xantares. Le regolari e sparute luci di segnalazione s'affievolirono e la sirena dell'allarme tacque, zittita dall'esplosione pilotata di tutti i suoi cristalli di trasmissione.
    No, no, no, no! Xantares dardeggiò con gli occhi in cerca di un punto di riferimento per quel rumore. Il rumore di ali di cuoio e carne che battevano all'unisono lo conosceva fin troppo bene, ma in quella tetra oscurità non riusciva a distinguere un becco da un artiglio ed una coda da un palco di piume.
    Il ritmico girare attorno delle presenza costringeva la sua giacca ad uno svolazzio nervoso e disorientato.
     
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  7. dany the writer
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    Atto III
    Battersi o battersela?



    Allungato per metri in ogni direzione, il rimbombo delle ali sbattute si faceva più intenso e vicino. Cuoio e pelle erano tenuti assieme dal sentore indimenticabile dei poteri oscuri, gli stessi che offrivano loro una tenebra in cui muoversi e sentirsi protetti.
    Xantares strinse i denti in un ringhio inespresso. I suoi occhi dardeggiarono in cerca di un punto vulnerabile, un varco che potesse sfruttare per evitare il contatto con quella foresta di zanne, artigli e gli-dei-solo-sapevano cos'altro. Doveva esserci: quei fantocci non potevano essere così tanti da formare una coltre impenetrabile, perché se così fosse stato...
    All'Awnw le ipotesi!
    Il kal gli faceva bruciare la spalla da quanto stava ardendo. La vicinanza del male che non dormiva mai era tale da mandare il simbolo della sua potenza per metà divina in xenofoba confusione. Tramite lui e i suoi sensi eterei, Xantares sapeva che chi gli stava volando intorno era un battaglione di semplici marionette. Una schiera di abomini da poco che gli erano stati buttati addosso con uno scopo diverso da quello di combatterlo.
    In quasi dieci anni di caccia il sinrael si era fatto dei nemici all'interno dei Poteri che non dormivano mai e, dall'alto di questa esperienza, sapeva che nessuno di loro avrebbe mai considerato la possibilità di ucciderlo con uno stuolo di marionette.
    Erano effettivamente troppo poco.
    Chiunque avesse teso quella trappola, senz'ombra di dubbio dedicata alla sua persona, l'aveva fatto con l'intento di distrarlo da qualcos'altro.
    Sì, ma cosa?
    Xantares spazzò l'inclinato soffitto della cabina divaricando le gambe. Scaricò il peso su piedi e stinchi, aggrappati alla innercarbonia dell'ascensore tramite la forza di gravità elevata dalla sua stessa Aura, e poi scoprì i denti in un ringhio di disgusto per ciò che gli stava volando a meno di dieci metri dalla faccia.
    La sua metà divina li riconosceva come gli sguatteri più infimi del Caduto e dei suoi Discepoli. La sua metà umana li sentiva come analoghi nemici a quelli che stavano massacrando il popolo di Solaria nella galassia di Kolium.
    L'odio e il disprezzo per quella genia fluirono dall'anima fino alle vene e da queste all'Aura che s'innalzava bruciando dai pori del sinrael. Racchiuse le braccia contro il torace stringendo i pugni fino a sbiancare le nocche poste sotto i guanti a mezze dita.
    Nella sua mente, Xantares vagliava le armi interne al suo arsenale da usare per difendersi e bandire quelle abominazioni dalla realtà. Scelse un pugno di chiavi magiche che ricordava essergli familiari e le invocò canalizzandone il potere nelle braccia: due collane gemelle di complessi simboli magici, figure che alcuni profani avrebbero potuto scambiare per forme geometriche legate tra loro da ponti vibranti di lettere turchese elettrico, si deposero dagli avambracci fino ai polpastrelli.
    Il rilascio, messo in moto dalla secca distensione che Xantares fece compiere alle sue braccia, si propagò nel suo primo secondo di vita come un boato d'aria compressa e poi rilasciata in una sola volata. Dal perimetro di luce disegnato all'altezza delle mani si levò una bolla pulsante di energia magica attraversata all'interno come all'esterno da una corte di scariche elettriche turchesi.
    Dal corpo del sinrael scaturirono delle colonne di simboli magici atti ad esorcizzare e bandire. I simboli si legarono alla bolla e la spinsero ad esplodere la sua forza nella tromba dell'ascensore.
    L'intensa vampata di calore, elettricità e luce illuminò una platea di visi stretti ed ossuti che in cima al cranio, rasato e cosparso di chiavi magiche ostili alla vista, ostentavano palchi ossei dai quali si protendevano piume stillanti icori incandescenti ed antenne chitinose. Erano i volti degli abomini minori che il misterioso nemico gli aveva scagliato contro, pensò Xantares.
    Urlarono la loro paura e il loro dolore all'unisono quando la bolla li raggiunse. Le prime linee non ebbero il tempo matematico per contrastarle, ridotte immediatamente a grumi di cenere e sbuffi di fumo rancido. Le ultime creature, invece, provarono a fuggire chi verso l'alto e chi verso il basso.
    Nessuna di loro fu abbastanza rapida. Quella che si era distanziata di più sentì le proprie carni venire distrutte e bandite in una cascata di dolore che nacque alla base delle zampe e che si allungò fino al suo volto angoloso ed incavato.
    Se fosse sopravvissuta, pensò il sinrael, non avrebbe mai dimenticato il sapore di magia mista ad elettricità che gli disincarnava la bocca.
    La forza proiettata dal sinrael s'abbatte sulle pareti come un'onda sulla risacca. L'Aura dispersa si spalmò in un turbinio di scariche elettriche e raffiche di vento che rimbalzarono dalle pareti alla cabina e dalla cabina di ritorno alle pareti. La scarica trasmessa alle rotaie fu sufficientemente forte da essere indirizzata, almeno da quella sopravvissuta, sui convertitori. Questi la convogliarono alla cabina dell'ascensore, che traballò nel vano tentativo di riprendere la sua discesa.
    Tentativo vano perché, scatenando quella magia, Xantares aveva distrutto l'infestazione nata all'interno della goccia di metallo...e tutti i sistemi di controllo e i relè di contatto a punto zero. La cabina era ancorata per semplice fisica del magnetismo alle rotaie, incapace di muoversi o compiere altro senza che una squadra di tecnici non intervenisse per sostituire e riparare ogni suo componente elettrotecno-magico.
    I simboli evocati da Xantares svanirono in un moto ascendente che al sinrael ricordò la combustione della fibrocarta bruciata.
    Per una frazione di secondo egli rimase lì, in immobile e precario equilibrio sul soffitto di un ascensore bloccato a molti probabili chilometri nelle profondità del sotterraneo della babilonia, avvolto dalla moderata fiamma d'Aura evocata pochi attimi prima.
    E poi giunsero le prime, distanti eco degli applausi. Un battere le mani lontano e proveniente dalle profondità sottostanti alla cabina ormai defunta.
    Applausi lenti, docili e ritmati con feroce sarcasmo.

    «I miei più sinceri complimenti» esordì la voce di una donna, il suono in progressiva, misurata ascesa. «Quella bolla è quasi riuscita a farmi il solletico. Notevole, davvero.»
    Ricomponendosi, Xantares gettò lo sguardo nel baratro sottostante la cabina. Individuò un disco di luce ocra inscritto in un gemello viola dai bordi purpurei; livelli di simboli in ordine decrescente s'irradiavano da questi per stringersi attorno ad uno scranno dall'alto schienale.
    Seduta sullo scranno stava la fonte delle parole appena dette, il cui eco non aveva ancora avuto modo d'estinguersi nelle claustrofobiche spire della tromba dell'ascensore. Il cerchio s'innalzò fino a pareggiare la propria quota con la cabina immobilizzata, facendo sì che Xantares alzasse il capo per guardare in faccia chi aveva parlato.
    «Ho sentito parlare di te, Xan. Posso chiamarti così, vero? Xantares come nome lo trovo un po' troppo...» la donna picchiettò con le dita sul bracciolo dello scranno, come a cercare la parola più giusta e l'intonazione migliore con cui esprimerla.
    Schioccò le dita, le stesse con cui aveva picchiettato il bordo traslucido del suo scranno. Dodici famigli dall'aspetto di nudi ed alati bambini privi di sesso apparvero attorno alla cabina sorreggendo, tra le mani che non si bruciavano, dei fuochi fatui dall'acceso colore bianco. Quelle parodie dei cherubini di Sacra Arrana battevano le loro piccole e scheletriche ali con un ritmo reso snervante e senza fine, fissando con occhi privi di vita il sinrael, ora teso come la corda di un violino.
    «Altisonante, sì. Trovo Xantares così altisonante!» Le parole della donna risuonarono come le note di un fortepiano: al primo sentore erano dolci e compiute ma, nelle loro profondità, erano coinvolte in un gioco di significati più contorto ed oscuro di quanto il semplice udito umano potesse comprendere.
    Il kal era passato dall'ardere all'essere più che incandescente nel momento in cui quelle parole avevano varcato le rosse labbra della donna per raggiungere il sinrael.
    «Vedo che già mi conosci...con chi ho la disgrazia di parlare?»
    «Ti facevo più nobile, Xan. È il modo di rivolgersi ad una signorina?» Fu il commento della donna, che reclinò il capo con una leggerezza autentica quanto artefatta. Appoggiò la guancia ai polpastrelli delle dita indice, medio e pollice della destra, il cui gomito era teso sul bracciolo dello scranno.
    Xantares occhieggiò verso i famigli. «Signorina? Quale? Dove?» L'uomo Soffocò una risata di scherno, più ostile di una lama sguainata. «Non ne vedo neanche una. Di chi stai parlando? È una ragazza interessante? Potresti darmi il suo indirizzo di SD?»
    La provocazione sortì l'effetto d'incrinare, anche se solamente per una frazione di secondo, la sarcastica tranquillità stampata sul viso della donna seduta sullo scranno. Un fulmine d'ostilità balenò dalla fronte fino alla curva delle labbra, subito riportato dall'ordine dall'emergere di un sorrisetto ironico.
    «Ma che divertente che è il nostro semidio. E...papà come sta? È sempre da qualche parte negli Elysia o ha in mente di scendere per...» la donna alzò gli occhi con fare annoiato, le iridi purpuree tese a sondare la penombra soprastante. «...fottersi qualche altra selvaggia e farle mettere al mondo una bella nidiata di bastardi sarcastici? Ti ricorda qualcosa questa domanda?».
    Questa volta fu Xantares a contrarre le proprie emozioni per non lasciarsi andare ad uno sproposito sia verbale che fisico. Il bruciore indotto dal kal, unito ai brividi indotti dai suoi sensi eterei, sembrava volergli urlare di non attaccare per primo ed aspettare, valutare chi aveva davanti, capirne i poteri e le potenzialità.
    «Chi tace acconsente» Aggiunse la donna con un sorriso beffardo a trionfarle sul viso. L'incarnato aveva un colorito bianco ma temprato da una tinta mielata, come se fosse stato sotto la luce di un sole particolarmente potente. Gli occhi purpurei erano inseriti in un volto che, per quanta malignità irradiasse, era obbiettivamente molto bello.
    C'era un che di malizioso nella piega delle labbra e nell'espressione assunta dalle sopracciglia. Gli occhi erano fissi sul sinrael e lo misuravano alla stregua di un qualche abito, cercando imperfezioni o punti deboli nell'insieme.
    La donna accavallò le gambe con una mossa lenta e misurata quanto la sua voce, disegnando una serie infinita di pieghe sull'ampia gonna che la fasciava dal termine della stretta camicia senza maniche fino alle caviglie. Il nero del capo d'abbigliamento era decorato da una lista di figure e chiavi magiche legate tra loro in modo da formare un fiume di geroglifici quasi impossibili da tradurre.
    «Non hai nemmeno chiesto il mio nome. Dovrei sentirmi offesa.»
    «Se ti fa piacere, allora...» Xantares mosse la mano sinistra in un vago cenno rivolto alla donna, risolvendo quell'azione con un commentò freddo. «Sentiti pure offesa.»
    «Che bambino cattivo...» sospirò lei con fare annoiato. «La tua mamma era troppo impegnata a fare la guerra contro Solaria per insegnarti l'educazione e le buone maniere, dico bene? Soddisfa questa mia curiosità: non ti è mai stata molto accanto, vero? Quanto è tragica questa storia: il messiah tanto atteso incapace di abbracciare la sua vocazione! Il figlio di un padre che si chiama Nessuno e di una madre assente e giustiziata crudelmente dallo Stato il cui popolo è così disperato da pregare perché...tu lo salvi.» Concluse quella frase con un simbolico cambiamento del tono della voce accompagnato ad un gesto vocativo e teatrale. «Ai lettori di questa tragicommedia l'ardua sentenza circa l'antieroe Xantares Xeralla, l'uomo che potrebbe essere re se soltanto avesse un briciolo di fegato in più.»
    «Che cosa vuoi da me, strega?» Sibilò Xan, i pugni stretti e l'aura tesa in uno spasmo che alzò una folata di calore e di vento per tutta la tromba dell'ascensore.
    «Ismeria, grazie. Non mi piace il termine strega e, non in ultimo, non è ne quello che sono ne il mio nome. Puoi rivolgerti a me chiamandomi Ismeria, non non mi offendo. Perdonami se non pronuncio anche gli altri miei nomi e cognomi...potresti cercarmi e non è quello che voglio.»
    Ismeria aggrottò la fronte in un'espressione di curiosità da appagare.
    «Che cosa voglio io? Immagino che tu abbia sentito quella presenza. Non nasconderti dietro ad una faccia truce e dei pugni chiusi. So che hai avvertito quella Potenza. Non era mia, sfortunatamente. Ti andrebbe di lavorare per me?»
    «Neanche morto, strega.»
    «NON sono una strega!» Urlò Ismeria scomponendosi in una frazione di secondo di pura rabbia. La sua voce rimbombò nella tromba dell'ascensore con una forza tale da spezzare diversi cardino-magneti e distorcere le linee guida delle rotaie.
    Rilassando la postura del suo corpo, la donna tornò ad assumere quell'aria da vampiresca seduttrice che tanto amava mettere in scena e ripropose la sua offerta: «Ti pagherò molto bene. A te piacciono i soldi...a chi è che non piacciono? Posso darti quelli, oppure tesori anche più grandi...vai oltre gli insegnamenti della casta religiosa del tuo popolo e vedrai che potrei anche piacerti. Allora, vuoi lavorare per me e scoprire a chi apparteneva quell'Aura?»
    Xantares finse interesse accarezzandosi il mento con fare concentrato, quasi riflessivo. Mormorò a bassa voce le parole salienti dell'offerta mossa da Ismeria, poi le scoccò un'occhiata ostile.
    «Ma sai che...per fare un taglio alla regola...e tutto sommato...direi che la mia risposta è...no
    «Oh, ma questo vuol dire che...se tu non lavori per me io non devo preoccuparmi delle condizioni dei tuoi oggetti e della preservazione dei tuoi interessi...no! Non deve accadere! Chi fermerà la mia accolita dallo sgozzare la tua schiava, allora?»
    Alzando di scatto la testa, il volto chiuso da un sorriso di compiacimento, Ismeria finse una disarmata sorpresa.
    «Oh, non te l'avevo detto? Peccato! Ma puoi sempre comprarne una nuova, no? Basta che vai in un qualsiasi mercato statale degli schiavi e compri la prima ragazzina dal viso triste e dolce che ti fa piangere il cuore, giusto? Insomma...quella schiava non era così importante per te, vero?»
    Prima che Ismeria avesse finito di parlare, Xantares si era già lanciato nella vuota tenebra soprastante, in supersonica ascesa verso il suo piano. S'allontanò fino a sparire, una scintilla di luce in volo dentro a delle tenebre troppo intense perché la sua luce potesse scacciarle.
    «Corri, Xan, corri...» mormorò una più che divertita Ismeria.
     
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    Compatisco i poveri illusi che sostengono la possibilità di un accordo con i nostri nemici. Loro non sono lì per velleità espansionistiche o perché li piacciono i nostri mondi.
    Loro ci attaccano perché ci vogliono morti.
    Ho visto elveras strappare gli occhi ai nostri bambini e masticarli sopra i corpi dei soldati che erano morti nel tentativo di fermarli. Ho visto guerrieri vampiri fare a pezzi reggimenti interi ridendo nel vedere le viscere dei nostri Angeli Vendicatori venire spruzzate sulle loro armature.
    Ho visto anubith costruire totem con le teste dei nostri sacerdoti, guerrieri di Anvais fucilare la nostra gente perché lo ritenevano divertente, cavalieri di Clayhira smembrare fantaccini che avevano meno di quindici anni...ho visto un centesimo di quanto questo multi-verso sia spietato con noi, con l'umanità di Solaria.
    Pensate davvero che sia possibile stipulare una tregua con loro? Siete degli illusi. Non esistono tregue, non esistono condoni, non esistono i cessate il fuoco.
    C'è solo il nostro sangue e chi muore per vendicarlo quando viene sparso dalle sporche mani di qualche alieno non-umano!
    C'è solo guerra e vendetta!
    -Gran Sacerdote Icharios XII durante uno dei suoi Discorsi al Popolo.

    Sai che a me non era venuto in mente di pensare ad una tregua o a qualcosa come un accordo di pace?
    Forse perché sin dalle prime parole dei racconti si percepisce come tutto questo sarebbe inutile perché si è raggiunto un livello di crudeltà, ossessione, depravazione e devastazione tale che non si riesce a concepire un'alternativa.
    E poi, come dice questo scritto, questa alternativa effettivamente non c'è!
    E poi ho riflettuto su un'altra cosa: ma le forze del male contro cui combatte Solaria... sono organizzate in una qualche gerarchia?? Perché non ci ho pensato fino ad adetto, però ho la sensazione che questi mostri siano lettaralmente vomitati addosso ai poveri solariani in maniera del tutto casuale, arbitraria e forse fuori controllo... beh, suppongo che ci sarà una gerarchia di "male" maggiore o minore, ma c'è al vertice anche qualcuno che guida la fazione nemica così come fa di qua la Confederazione?

    CITAZIONE
    Non date peso alle voci di chi l'ha accusa di aver ucciso, nel corso della sua carriera, oltre 214 (214.000.000.000.000.000) bilioni di persone. Se lo ha fatto è stato perché la salvezza del complesso vale ben oltre il sacrificio del più piccolo singolo.

    No, no... non diamoci peso! Figurarsi, che saranno mai 214 bilioni? bazzecole!

    CITAZIONE
    Ripeto: non fidarti di nessuno.

    Ahahah molto sullo stile della nota della scheda dei racconti, vero?? XDD
    "Non fidatevi di nessuno!" ehehe X°DD

    *ok mi interrompono sempre per il pranzo! ù.ù vado e torno, poi continuo a leggere! ahah*
     
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  9. dany the writer
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    CITAZIONE
    Sai che a me non era venuto in mente di pensare ad una tregua o a qualcosa come un accordo di pace?

    Avevo pochi dubbi in proposito! Sarò del tutto onesto: ogni tanto capita che ci siano dei cessate il fuoco, ma sono eventi di natra così limitata ed effimera, così presto schiacciati dall'insorgere di nuove minacce che. *sospira* è come se non ci fossero.
    Non è una esagerazione affermare che dall'Insorgere della Lunga Notte (Anno della Confederazione 13.000) Solaria non ha conosciuto un solo giorno di pace. Quello che cerco di far pensare ai lettori, prima di giudicare quanto Solaria sia crudele, è il livello di oppressione e claustrofobia che questa gente ha dalla prima ora in cui si sveglia da un incubo fino all'ultima in cui si addormenta.
    La domanda è sempre la stessa: voi cosa fareste nei loro panni? Noi, terrestre del 21esimo secolo, quanto resisteremmo prima di puntarci collettivamente una pistola alla tempia? Un ora? Due se siamo proprio "forti"?

    CITAZIONE
    E poi, come dice questo scritto, questa alternativa effettivamente non c'è!

    Le Schiere Oscure non fornirono alcuna dichiarazione di guerra all'alba del 13mila. Attaccarono e basta radendo al suolo la più lontana e pacifica colonia di Solaria. Ixiod mosse guerra a Solaria perché spaventata dal suo potere, Anvais per una chiama filosofico-religiosa, Tarran perchè siamo diversi, Clayhira perchè...non si sa. Gli Elveras ci odiano per il solo e semplice fatto che siamo umani.
    E, come detto dal sacerdote, questo è un centesimo di ciò che Solaria affronta ogni ora di ogni giorno. Ritorno al discorso della claustrofobia: per quanto immensa, Solaria è stretta d'assedio su così tanti fronti che nessuno, virtualmente, è al sicuro. Solaria è anche una donna con le spalle al muro, oltre che sul ciglio di un crepaccio. Può continuare a graffiare, mordere e tagliare ma sono tutti sforzi quasi inutili se comparati ai cazzotti che riceve in faccia da centinaia di bruti più forti e cattivi di lei.
    E, nonostante tutto, continua a combattere.
    Ci va riconosciuto l'essere ostinati.

    CITAZIONE
    E poi ho riflettuto su un'altra cosa: ma le forze del male contro cui combatte Solaria... sono organizzate in una qualche gerarchia?? Perché non ci ho pensato fino ad adetto, però ho la sensazione che questi mostri siano lettaralmente vomitati addosso ai poveri solariani in maniera del tutto casuale, arbitraria e forse fuori controllo... beh, suppongo che ci sarà una gerarchia di "male" maggiore o minore, ma c'è al vertice anche qualcuno che guida la fazione nemica così come fa di qua la Confederazione?

    Una volta un commentatore mi ha chiesto come facessero i solariani ad essere i buoni di queste mie storie. Mi fece notare che sono una oligarchia religiosa dispotica, "vagamente nazista", xenofobica, razzista e guerrafondaia.
    Gli risposi dicendo che i solariani sono i buoni per comparazione con tutto il resto.
    Le Schiere Oscure hanno una gerarchia organizzata (anche se ricorda molto quella medioevale). Anvais è una repubblica, Ixiod uno stato...generalmente ci sono delle organizzazioni dietro, un male strutturato e con la vocazione di alzare la polvere (i solariani) dal tappeto.
    Altre volte esiste un male più puro e disorganizzato, del tutto anarchico e casuale, ed è quello da cui bisogna guardarsi di più. Non attacca nemmeno per una motivazione o un pretesto, ma perchè è nel suo istinto attaccare e mordere.
    I vampiri sono un esempio. Loro colpiscono "il Genitore Morente", cioè come loro definiscono la razza solariana, il più delle volte senza un vero obbiettivo dietro. Lo fanno perché lo trovano divertente, piacevole oppure svagante. Ma tra loro ci sono quelle Famiglie che invec ordiscono piani e complotti così intricati e complessi che molte volte Solaria non ha la minima idea di cosa loro stiano progettando! Un piano dei vampiri può evolversi in nove giorni come in novecento anni senza che tu comprenda bene cosa loro vogliano fare o il perchè. In questo senso, i vampiri sono la forma più raffinata e barocca della malvagità umana.

    CITAZIONE
    No, no... non diamoci peso! Figurarsi, che saranno mai 214 bilioni? bazzecole!

    Il fatto che una cifra legata ai morti prodotti da una figura dell'Inquisizione sia stata resa "pubblica" vuol dire che è passata in mano agli "sposta-riduci-limita".Questi grami burocrati hanno l'ingrato compito di far sembrare meno onerose...le emorragie umane di Solaria.
    Il più delle volte sono costretti a spostare, smembrare e mischiare armate di persone già morte, ridurre e minimizzare le perdite di un attacco o far sparire nel nulla tutti quelli la cui dipartita può essere passata nel silenzio. Non è un bel lavoro.
    Questo mi porta a supporre (l'autore stesso!) che le vittime dell'Inquisitrice fossero qualcosa come cinque alla seconda volte tanto!

    CITAZIONE
    Ahahah molto sullo stile della nota della scheda dei racconti, vero?? XDD
    "Non fidatevi di nessuno!" ehehe X°DD

    Omaggio ad uno dei miei miti e alla sua frase simbolo, quel "Trust No One" che ha mosso per molte stagioni i passi di Fox Mulder in X-Files :) ADORAVO quella serie tv! Se in Tv capita una puntata, anche già vista e rivista, io sono sempre pronto a riguardarla. Per me è un capolavoro dell'insoluto :)

    CITAZIONE
    *ok mi interrompono sempre per il pranzo! ù.ù vado e torno, poi continuo a leggere! ahah*

    Buon pranzo! ^^ Ti aspetto! ;)
     
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    *tornata*
    CITAZIONE
    «Vedrai che troverai a chi rivolgerti anche qui. Ci sei riuscita su Neo Shanti, ci riuscirai anche qui. Non farti problemi» Pronunciata l'ultima parola, Xantares alzò lo sguardo al soffitto della cucina e sbatté le palpebre. «L'importante era di trovarci di nuovo una casa...o qualcosa di simile. Dopo quello che è successo a Neo Shanti volevo essere sicuro di trovarmi ad almeno un miliardo di pianeti dal più vicino vampiro esistente. Avevamo bisogno di un luogo dove stare. Lo abbiamo. Consideriamoci fortunati.»

    Ooh! eventi che non conosco!! Vampiri? chissà che sarà successo >.<

    CITAZIONE
    «Non potrei mai abbandonarti, Ayarra. Mai, davvero. Per quello che hai fatto, per quello che significhi...non saprei più vivere senza saperti con me. Credimi.»
    La schiava, posta innanzi a quelle parole, si limitò a ripetere il suo credo di vita: «Io esisto per servirvi.»
    Già...per servirmi, dici. Non conti mai il fatto che mi hai rappezzato, ricucito, curato e rimesso in piedi almeno mille diverse volte. Una per ogni caccia dalla quale sono tornato più in pezzi che altro. Ti sei vista comparire sulla soglia un relitto e invece di farti prendere dal panico lo hai rimesso in piedi.
    E lo hai fatto senza mai lamentarti. Come potrei stancarmi di te? Dovresti essere tu ad essere stanca del dover prendere i miei pezzi e rimetterli a posto, del dover sopportare i miei incubi e le cose brutte che mi trascino da dove vado fino a te...
    Ma tu non sei mai stanca. Forse non sei capace di esserlo...oppure non vuoi mai esserlo.

    Questo è molto romantico senza smielature. È un dato di fatto con tanto sentimento di cui se ne intravede solo una parte che mi fa piacere sempre di più questi due personaggi *çç*
    Magari Ayarra imparasse ad essere un po' meno formale... ho davanti agli occhi scene proibite da perfetta pervertita quale sono ù.ù che però non credo possano applicarsi alla loro relazione... beh, vedremo! XDD


    CITAZIONE
    Pur essendo per metà il figlio di uno sconosciuto e divino Signore di Azuras, Xantares aveva un corredo genetico ed una struttura fisica perfettamente identica a quella di tutti gli altri jarichans di tipo Alfa. Non c'erano geni che brillassero d'oro o stringhe di DNA avvolte dall'argento in lui. La sua metà semi-divina era una questione solo energetica, spirituale.
    Materia ondulatoria con la quale l'aura di jarichan si era aggregata e legata.
    Questo dettaglio l'aveva aiutato a nascondere quella parte di sé agli altri e a non far trapelare altro l'aspetto di un “comune” jarichan di classe genetica Alfa. Come se, pensò il cacciatore, gli o le Alfa fossero comuni.

    Ti avevo già detto quanto la storia dei jarichans mi affascinasse e quanto mi piacesse un protagonista come Xantares! Non posso che ripeterlo ancora! *w* è davvero affascinante! <3

    CITAZIONE
    Lanciò un'occhiata al pannello di controllo dell'ascensore, salendo oltre la pulsantiera per fermarsi sull'indicatore di velocità raggiunta: ottocento metri al secondo in rapido aumento.
    «Sacra Arrana!» Imprecò Xantares impuntandosi per non cadere. Le sue mani, coperte da due guanti a mezze dita, sbatterono a palmo aperto con i pannelli dell'ascensore così da fornire supporto. Il metallo lucidato venne ammaccato da quel gesto di forza sovrumana.
    Qualunque cosa fosse all'opera, pensò Xantares, lo voleva uccidere facendolo esplodere come un gavettone.

    Ooh! uao!! mamma mia!! ahahaha XD Poverazzo, ma è sempre strapazzato appena mette un piede fuori casa?? XDD
    *pacca sulla spalla a Xan*

    CITAZIONE
    Un liquido maligno dall'odore di zolfo e plastica fusa

    Mamma mia! mi brucia il naso solo ad immaginarlo un simile odore! :'P

    CITAZIONE
    Nelle iridi presero vita due torrenti di energia blu: le correnti magiche si mischiarono, rincorsero e confusero tra loro in un crescendo di turbini intinti di bianco lattescente. Con uno schianto altisonante, pari a quello che avrebbe prodotto un fulmine colpendo il tronco di un abete, due strali sfrecciarono dalle iridi infuse di potere e schiantarono la loro potenza contro il metallo conduttore della rotaia.

    OAO

    CITAZIONE
    Il moto della cabina s'arrestò con un dissesto che minacciò di far scivolare Xantares verso il nulla marcato di nero in fondo al tunnel.

    Cioè, peggio di un incubo! >ç<

    CITAZIONE
    Il ritmico girare attorno delle presenza costringeva la sua giacca ad uno svolazzio nervoso e disorientato.

    della

    Sono curiosa di sapere cosa sta succedendo e soprattutto che diavolo è successo!
    Complimenti come sempre dany ;')
     
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  11. dany the writer
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    CITAZIONE
    Ooh! eventi che non conosco!! Vampiri? chissà che sarà successo >.<

    Leggi Winged Sun per scoprirlo, qui (è Ombra, qui) o su Scrittori della Notte o su Efp! ^^ Il riferimento è virato agli eventi di Neo Shanti e a ciò che successe in Ombra: Il rituale di Eldritch! ^^

    CITAZIONE
    Questo è molto romantico senza smielature. È un dato di fatto con tanto sentimento di cui se ne intravede solo una parte che mi fa piacere sempre di più questi due personaggi *çç*

    Tra Xan e Ayarra c'è questa relazione-non relazione forse relazione sulla quale io metto poca luce e molta ombra :) posso solo dirti (non ti anticipo nulla u.u) che schiava e padrone si affidano l'uno all'altro per non cadere nel vuoto, molte volte. Senza Ayarra e il suo silenzioso ma continuo operato, Xan sarebbe un relitto alcolizzato che si trascina da battaglia all'altra in cerca di una morte rapida. Lo era prima di conoscerla, infatti. Lo si scopre in "Archeo-tecnomagya", un prequel che vede uno Xantares 20enne alle prese con un antico macchinario tecnomagico alieno da rivendere sul mercato nero :)

    CITAZIONE
    Magari Ayarra imparasse ad essere un po' meno formale...

    Ha un codice a barre inciso a laser sul braccio che le ricorda tutto il "gentile" (leggi moolte punizioni -frustate spesso e volentieri incluse- per ogni errore) addestramento da schiava di compagnia. Lei sente di essere sempre in dovere di dare del "voi" a Xantares, anche se questi con lei usa il tu oppure la chiama per nome. Ayarra evita sempre di chiamarlo per nome, temendo una punizione per questa infrazione dell'etichetta.
    Però c'è del romantico tra loro...e a me piace un casino ^-^

    CITAZIONE
    ho davanti agli occhi scene proibite da perfetta pervertita quale sono ù.ù che però non credo possano applicarsi alla loro relazione... beh, vedremo! XDD

    Due regole per gli scritti di Dany:
    1) Anyone can die. In every time, in every place, in every condition.
    2) Anything can happen!

    CITAZIONE
    Ti avevo già detto quanto la storia dei jarichans mi affascinasse e quanto mi piacesse un protagonista come Xantares! Non posso che ripeterlo ancora! *w* è davvero affascinante! <3

    E ti ringrazio sempre per questi complimenti e per questo tuo saperti fare piacere questa particolare genìa umana :)
    Il popolo jarichans è uno dei miei preferiti (non certo perchè sono tutti bellissimi, no no no...pft, cosa andate a pensare?) ma per la storia che hanno e il modo in cui affrontano quello che fanno :)

    CITAZIONE
    Poverazzo, ma è sempre strapazzato appena mette un piede fuori casa?? XDD

    Xan, teoricamente un messiah...nella pratica un povero disgraziato xD

    CITAZIONE
    OAO

    ...un povero disgraziato che però spara energia dagli occhi!

    CITAZIONE
    Cioè, peggio di un incubo! >ç<

    Xan risponde a RYO13: Carissima, mi credi se ti dico che quel b******* del mio autore mi ha infilato in situazioni ben peggiori? Davvero! Si diverte a cacciarmi nei guai e nel vedere come ne esco, ma se lo prendo...!
    (Tradotto dal corinta all'italiano in virtù degli sforzi di Sorella Alysia dell'Ordine di Sacra Scarlet)

    CITAZIONE
    Sono curiosa di sapere cosa sta succedendo e soprattutto che diavolo è successo!
    Complimenti come sempre dany ;')

    Allora leggi il seguito e divertiti il più possibile!
    Dopo correggo quello sfortunato errore! ^^
    Grazie mille per il commento, lo ricambio questa sera se non torno morto dagli impegni di sabato! ^^ Un bacio e grazia ancora! ^^
     
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  12. dany the writer
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    Atto IV
    Confronto



    Galassia di Andromeda, una delle cinque facenti parte del Dominio di Solaria
    Piano dimensionale di Caera Baloris
    Mondo-archeologya di Herasa'cea, uno dei quattrocentoundici milioni e trecento-sessantaduemila (14.362.000) pianeti creati, colonizzati o terra-formati dagli sforzi della Confederazione di Solaria nel piano dimensionale du Caera Baloris.
    Ore 5.04 (contemporaneo agli eventi raccontati nell'Atto III)


    Willian Shunas ravvivò la cenere in punta al mozzicone di sigaretta che stringeva tra le dita indice e medio della mano destra. Il calore, ormai prossimo al filtro in tesrargenti vivo, minacciò di scottarlo.
    Questo, pensò riferendosi al documento audio-video appena guardato, è spaventoso.
    Soffocò il mozzicone ardente contro il fondo del posacenere, pigiando con le dita perché l'utensile di bronzo assorbisse il calore ed uccidesse la sigaretta.
    Non si era mai fermato a considerare il valore di quell'oggetto: come lega il bronzo non valeva praticamente un soldo bucato, ma non veniva più prodotto da così tanti millenni che ironicamente un monile quale il suo posacenere poteva costare, per gli appassionati di metallurgia antica, quanto un palazzo.
    Sovrastata dalle sempiterne iscrizioni che la Watchtower Guard non era mai stanca d'infilare in ogni suo documento, la schermata del compter faceva pulsare debolmente le uniche tre opzioni possibili: CHIUDERE, RIPETERE, CANCELLARE.
    Willian trascinò il cursore olografico verso la seconda chiedendosi se ciò che avesse visto non fosse soltanto un photos-montaggio fatto eccezionalmente bene. Aveva il cuore di visionarlo di nuovo? La prima volta gli aveva quasi fatto venire un colpo di cuore.
    Staccò le dita dallo schermo e si lasciò cadere sullo schienale ligneo dello scranno.
    Per una frazione di secondo i suoi occhi vagarono in cerca di qualcosa d'indefinito posto da qualche parte sul piano da lavoro. Un moto di stanchezza fece per insorgere e pretendere qualche ora di sonno, ma venne avvistato dalle unità stimolanti interne agli organi dell'uomo.
    La Watchtower Guard non dormiva mai.
    Quel pensiero fece sorgere un sorriso sul volto dell'uomo, che da grigio e tirato stava riassumendo colore e vitalità nei limiti di un methimiano. La Watchtower Guard non dorme mai. Sarà per questo motivo che alla gente comune sembriamo una manica di gufi arrabbiati. Come darle torto...
    Willian chiuse gli occhi e ritrasse i suoi sensi eterei entro la soglia minima per lasciare alle unità stimolanti il più completo campo libero. Si avvicinò una mano alla fronte con la quale coprì gli occhi, allungandovi sopra una parvenza d'ombra familiare e confortante.
    L'associazione tra ombra e famiglia, quest'ultimo un concetto ormai dimenticato, gli suggerì l'immagine del suo pianeta natale, quello nel quale era nato e cresciuto. Da quanti anni era che faceva quel lavoro? Da quanti anni cercava -quasi inutilmente- di combattere ciò che non poteva essere battuto?
    Methim. Perso da qualche parte tra le ombre del piano dimensionale di Vala Irane, il suo mondo natio trascorreva le proprie giornate di eterna notte invernale nella nervosa calma di chi aspettava un'inevitabile e sconosciuto flagello. Ma questo aspetto non era da tributare agli infiniti mali che tarlavano Solaria dalle fondamenta fino ai più alti capitelli; andava collegato al naturale pessimismo dei solariani di Methim.
    Come si poteva essere solari ed allegri se si nasceva in un mondo stretto da una gelida e perpetua notte d'inverno? Gli occasionali turisti che soggiornavano su Methim lo definivano senza mezzi termini “una fogna dove nevica, piove e gradina in continuazione.”
    Era una descrizione carina, dopotutto.
    Trascorsi i due secondi che si era concesso per riflettere sulle minuzie del multi-verso, Willian riaprì gli occhi. Il formicolio indotto dalle unità stimolanti giunse al termine in quello stesso istante, avvertendo l'utente che aveva altre dieci ore di perfetta lucidità prima di dover nuovamente avere bisogno del tecno-magico operato delle nanomacchine.
    Ad attenderlo c'era Intes, in tutti i suoi quindici tridimensionali centimetri d'altezza. L'Intelligenza Artificiale posta al suo esclusivo servizio aveva un'espressione corrucciata sul volto, sempre adombrato dal berretto da fanteria adornato delle Ali della Gloria.
    Intes si batté il pugno destro sul cuore per salutare il suo superiore e poi alzò impercettibilmente il capo. Ogni volta che Willian capitava di vedere quell'IA, sempre così presente e protocollare, non poteva non chiedersi chi fosse quel “genio” che dava loro voce, anima ed aspetto.
    Intes aveva l'aspetto di un soldato di fanteria con indosso la divisa da fatica del fronte di Mirya Quatra, priva di protezioni balistiche e con il berretto al posto del casco integrale. Il blu scuro dominava la livrea dell'Intelligenza Artificiale con gli stessi uniformi riguardi del nero marcato di rari spunti d'argento della divisa da Ufficiale di Quinto Grado di Willian.
    Le pieghe che i calzoni assumevano nel venire infilati dentro gli stivali classificavano l'aspetto di Intes come quello di un paracadutista. Questo era un segno dell'intrinseca arroganza di quel costrutto tecnologico animato dalla magia.
    «Cosa c'è?» Domandò Willian scoccando un'occhiata all'IA e al suo olo-proiettore. Intes intrecciò le mani dietro la schiena e spinse in fuori il busto, quasi dovesse arringare delle truppe.
    «Sono venuto ad informarvi che abbiamo percepito di nuovo quell'Aura, Kyrio Inquisitore! Il suo ordine di mapparla è stato eseguito come richiesto! Nessun errore o imperfezione! Non ci ha percepiti! Abbiamo inoltre riscontrato un'anomalia sulla quale ho voluto investigare: ci sono altre due rilevazioni. Una è vicina a quella che voi ci avete ordinato di cercare, la seconda è più lontana ed è nei pressi dell'aura di una normale.»
    «C'è dell'altro, vero?» Willian sospirò nel chiederlo, domandandosi interiormente perché Intes dovesse battere i tacchi o il calcio del fucile sull'olografico basamento a guisa di Campo di Sacro Marte sul quale fluttuava.
    Era un collaboratore utile, degno di servire la Causa Umana, ma era anche tremendamente ripetitivo nei suoi schemi comportamentali.
    Il “genio” che l'aveva costruito doveva aver pensato che una IA con la mentalità da tronfio paracadutista sarebbe stata utile e...divertente ai danni di chi se la sarebbe trovata ad avere come strumento di campo. Willian si fece l'appunto mentale di rintracciare il creatore di Intes e proporlo per un trasferimento immediato sul disastrato fronte del piano dimensionale di Metraxas.
    Quant'è che durano i nostri fantaccini su Siran? Cinque ore? Beh...cinque ore di divertimento valgono bene un mago-genesìs delle IA, ci sono le riserve di quegli scansafatiche. Dopo faccio la ricerca ed invio l'ordine. Così impara a creare una fall di IA casinista.
    «Affermativo, signore! Ho indagato anche sulla fonte normale e...» Intes fece un cenno con il capo ed una scheda riepilogativa apparve a mezz'aria, orientando il verso di lettura verso gli occhi dell'Ufficiale di Quinto Grado.
    «Una schiava?» Willian aggrottò la fronte. «Ingrandisci la scheda di tre ordini, non manomettere l'Alta Risoluzione.»
    «Ai suoi ordini, Kyrio Inquisitor
    «E per tutti i Signori di Azuras, urla di meno! Avverti Fasha che potrei avere bisogno di lei...e di un caffè. Uno vero.»
    Intes annuì e fece di nuovo il saluto militare. Prima di svanire l'IA eseguì l'ordine di Willian, che stancamente sopportò il basso squillo di sirena che precedeva il dissolversi del collaboratore.
    Ma perché quando se ne va deve sempre annunciarlo come se stesse per lanciarsi da una Astralgun?! Voglio un'altra IA, una meno scenografica! Questa va bene per quegli idioti dell'Arma dei Cieli.
    Willian prese il grigio e retro-illuminato bordo superiore dell'ologramma e lo trascinò più vicino al suo volto, sovrapponendolo poi al monitor del computer. L'ologramma si agganciò allo schermo e i comandi della tastiera e del cursore s'impostarono per potervici lavorare.
    Dunque...
    La scheda fornitagli da Intes recava nella parte superiore sinistra il picto-quadro fotografico di una schiava sulla ventina, affiancato da lunghi nastri di testo e documentazione allegata. Iniziando a leggere da sinistra, Willian congiunse le mani all'altezza del mento e sbatté le palpebre.
    Gli invisibili simboli magici trapiantati nei suoi occhi focalizzarono la sua attenzione e la sua velocità di lettura, prendendola come valore base e moltiplicandola una decina di volte. Mezzo secondo dopo, Willian era alla metà della seconda pagina di documento allegato.
    La donna immortalata nella foto era: “S n852 134r-40sNI”. Quella era una complicazione burocratica per indicare la Schiava numero ottocentocinquantadue messa in vendita in seguito al centotrentaquattresimo raccolto della quarantesima squadra di Navi Infami.
    La scheda affermava che il suo nome e cognome originari erano stati cancellati in osservanza alla procedura standard per la coltivazione degli schiavi non-solariani, le era stato elargito il nome “Ayarra”, lo stesso di una Sacra Minore adorata da qualche parte tra Jonia e Pegasòs.
    Numero di serie, compiti, misure, se ha avuto oppure no precedenti padroni a quello attuale, statistiche disciplinari...non ha nessuna capacità psichica, magica o fisica. È una schiava come tante altre, che centra con questa storia?
    Proprietario attuale (qui sta scritto primo-ed-unico): Xeralla Xantares.

    Letti nome e cognome del proprietario della schiava, Willian sbatté le palpebre. Xeralla era il nome di una delle tribù di Jaricho. Stando a quando Willian sapeva di loro, quella di Jaricho non era gente nota per apprezzare il mercato degli schiavi o il possesso degli stessi.
    Per quale ragione uno di loro aveva al proprio servizio una schiava di compagnia? Cosa se ne faceva? E cosa ci faceva un jarichan, membro di una tra le razze sub-umane più isolazioniste di tutta la Confederazione, fuori da Jaricho?
    Che io sappia, il sesso tra jarichan e non-jarichan è molto pericoloso. Quegli scimmioni possono sbriciolarci senza problemi se non fanno attenzione. Non ce lo vedo un jarichan che si compra una schiava di compagnia per scoparsela, è...fuori discussione.
    Willian passò in rassegna le fotografie della schiava, scattate con periodicità dal momento della sua coscrizione nelle fila dei servitori senza nome e senza voce della Confederazione. Al jarichan bisognava riconoscergli di aver comprato un oggetto molto carino.
    In tutte le fotografie seguenti alla prima, che la mostrava pochi minuti prima della trasformazione, la schiava aveva un viso compiuto e sempre chiuso nel deferente rispetto che si pretendeva dagli oggetti come lei. Tranne nell'ultima fotografia, scattata pochi minuti dopo l'ufficializzazione del suo acquisto da parte del jarichan, non la si vedeva mai con un sorriso.
    Niente di strano, si disse Willian. Le cose come lei non erano pensate per sorridere a meno che non glielo si ordinasse e che i jarichan fossero gente molto riservata e preziosa nel concedersi agli altri era di quasi comune sapere.
    Forse sorrideva perché era certa del non stare venendo destinata al compito di giocattolo sessuale.
    Picchiettando indice e medio contro il nome del proprietario di Ayarra, Willian aprì il collegamento che portava alle informazioni raccolte dalla Watchtower Guard su quest'ultimo. La scheda che si aprì era grande una ventina di volte quella della schiava ed era pregna di allegati.
    Per gli dei...ecco perché il suo nome mi era familiare! Questo disgraziato è immerso fino al collo nella storia del Rituale di Eldritch. Stando a quanto è scritto qui, è stato lui a sconfiggerlo ed impedirne il ritorno.
    Capisco che i jarichans siano gente forte, ma come ha fatto? È solo un investigatore privato.
    Willian salvò i dati su Xantares ed Ayarra nell'unità di memoria del computer e poi chiuse tutte le schede con uno svogliato passaggio della mano. Più tardi avrebbe fatto svolgere un confronto tra le informazioni in suo possesso e le varie voci di corridoio su quel tizio.
    I fatti potevano essere fuorviati o computati male, le chiacchiere non mancavano mai di testimoniare almeno una parte della verità.
    Molto bene.
    La porta dello studio si ritrasse nelle pareti con un sibilo magnetico. Alzando la testa, Willian fece un cenno d'assenso.
    «Grazie, Fasha...procediamo. Dia l'ordine alla squadra e...mi raccomando: voglio che questo sia un lavoro pulito e fatto bene. Non sparate ai civili e non fate saltare loro le tempie con qualche magia a meno che non sia strettamente necessario.»
    Una freddissima voce femminile rispose al comandamento: «Al vostro comando, Inquisitore. Ha altre istruzioni?»
    «Sì.» Willian sospirò lasciando cadere nel vuoto un secondo di muta riflessione. «Prendi i dati di Intes e passagli alla squadra. Voglio che mettiate in fermo la schiava e, se necessario, anche il suo proprietario. Finché non ho il metro di quanto sono coinvolti in questa faccenda voglio saperli in condizione di non poterm...di non poter nuocere ancora. Vai.»
     
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  13. dany the writer
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    Galassia di Andromeda, una delle cinque facenti parte del Dominio di Solaria
    Piano dimensionale di Caera Baloris
    Mondo-archeologya di Herasa'cea, uno dei quattrocentoundici milioni e trecento-sessantaduemila (14.362.000) pianeti creati, colonizzati o terra-formati dagli sforzi della Confederazione di Solaria nel piano dimensionale du Caera Baloris.
    Archeologya di Iristia, babilonie-appartamenti Troniie
    Ore 5.04 (contemporaneo agli eventi raccontati nell'Atto III)


    L'accolita sfiorò con i polpastrelli la cornice di un picto-quadro. La fotografia al suo interno mostrava un bambino dai lucidi occhi blu cobalto e dai capelli neri abbarbicato sulle spalle di una donna, probabilmente sua madre, che piegava le labbra in un sorriso disarmante. Alle loro spalle c'era un ampio spiazzo verde che faceva da sfondo a dei picchi montuosi fatti di ghiaccio e d'argento.
    «Vi prego di non toccare gli oggetti del mio padrone. Non vi appartengono.» Disse Ayarra riservando alla guerriera uno sguardo fermo, salvo dalla paura che una persona sana di mente avrebbe provato nel vedere qualcosa di tanto alieno piombargli in casa ad armi quasi sguainate.
    Quasi.
    L'accolita non aveva sfoderato nessuna delle due corte daghe cerimoniali che portava alla cintura del paludamento stretto in vita. Non aveva nemmeno messo mano alla strana spada ad una mano e mezza il cui fodero gli pendeva di traverso lungo la schiena.
    Non aveva fretta di compiere il lavoro per il quale era pagata. Le era stato detto di procedere come meglio credeva, senza la tassativa proibizione di un po' di sano divertimento. Ismeria le aveva detto che, nel caso Xantares avesse detto di sì all'offerta di lavoro, lei sarebbe stata prontamente avvertita e fatta incontrare con lui.
    Non era entusiasta all'idea di lavorare con un solariano, men che meno con un jarichan. Quella gente aveva infranto i sogni di un impero dove gli elveras finalmente dominavano le stelle con l'umanità messa per sempre al suo giusto posto. Lo avevano infranto e distrutto assieme a tutte le armate della Confederazione, che dal primo giorno della Grande Marcia non aveva mai smesso di cercare con sistematico fanatismo ogni insediamento elveras per nuclearizzarlo.
    «Sono qui per ucciderti e l'unica cosa che fai è riprendermi perché tocco le cose di quello che ti ha comprato?» Volgendo i propri occhi alla schiava, l'accolita di Ismeria corrugò la fronte in un segno di disapprovazione. «Di norma la gente supplica, prega o cade in ginocchio chiedendo pietà. Perché tu non lo fai, schiava?»
    Ayarra conosceva a memoria la risposta a quella domanda. Prima di quel giorno era accaduto solo una volta che i nemici del suo padrone arrivassero a lei pensando di usarla come ostaggio o merce di scambio; in quell'occasione Xantares le aveva detto di non mostrare paura e di parlare il meno possibile.
    Scrupolosa come ogni schiava di compagnia, Ayarra osservava quel comando con la stessa precisione della prima volta. Non le era concesso il lusso delle emozioni se il volere del suo padrone era contrario.
    «Perché è il mio dovere. Quella cornice è un oggetto più importante di me: abbiate la grazia di non toccarlo in mia presenza.»
    L'accolita prese la cornice e la sollevò con un gesto di aperta sfida.
    «Altrimenti cosa mi fai, schiava?» Gli occhi dal taglio stretto della donna si serrarono in un'espressione di divertimento nel vedere il disappunto balenare sul volto di Ayarra. Questa, conscia del suo essere indifesa, sbatté le palpebre e congiunse le mani all'altezza della vita.
    «Io non vi farò nulla. Non sono una guerriera e non vorrei mai esserlo. Ho visto troppa violenza per poterla infliggere a mia volta. Se deve esserci violenza circa la mia persona preferisco che sia inflitta e non data. Ad una schiava di compagnia si chiede questo.»
    L'accolita lasciò cadere la cornice, che si frantumò sul pavimento in un trionfo di cristalli di mechargento vetrato in frantumi e gelido conservante alla mercyra-sana sparsa in tante macchie violette. Il picto-quadro si distrusse come un pezzo di mosaico, rompendo l'incantesimo fino ad allora protetto a denti stretti da ogni avversità.
    «Oh, mi è caduto. Che sbadata!» Un ghigno lupesco si stampò sul volto dell'accolita nel momento in cui disse tali parole. Svelò una chiostra di denti bianchissimi in contrasto con il colorito azzurrino venato di sfumature verdi della pelle. Nelle iridi marcate di nero si accese una scintilla di potere magico atto ad intimidire e si riflesse l'immobile sagoma della schiava.
    Avanzando di due passi verso Ayarra, la guerriera al soldo di Ismeria fece scivolare le sue mani sull'impugnatura delle daghe cerimoniali e strattonò con fermezza per sbloccare i microscopici ganci di manutenzione a mercyra-sana viva. Era scalza eccezion fatta per una minuta ghetta di tessuto blindato che dagli schinieri scendeva a legarsi sotto la pianta e a fissarsi sull'alluce. Le protezioni da cui nasceva, gli schinieri, erano solidamente sbalzati eppure flessibili come dei pantaloni. Si attardavano fino alla parte delle cosce immediatamente superiore al ginocchio.
    Il paludamento stretto in vita si chinava fino a coprire diversi centimetri di quelle protezioni, lasciando solo un limitato spacco in prossimità della coscia destra. Le orecchie e gli occhi avevano un taglio più appuntito e ferino di quello umano, i capelli sembravano fili di tenebra sorretta dal vento.
    Non essendo una solariana, Ayarra non provava nessun sentimento di odio bruciante verso le specie diverse dalla sua. Per loro non provava altro che indifferenza, accettandone l'esistenza e non alzando una parola circa i genocidi compiuti da loro o dalla Confederazione.
    «Noi abbiamo una tradizione, schiava. Con noi mi riferisco al mio Y'kyn, il mio sangue. Usiamo dire il nostro nome alle vite che portiamo via così che sappiano, ovunque esse vadano, chi è stato ad ucciderle.»
    «Voglio essere onesta con voi» mormorò Ayarra senza retrocedere di un solo passo. «Se dovete uccidermi allora non perdete tempo a parlarmi. Sono un oggetto, nel caso non l'aveste ancora capito, non una “vita”. Potete risparmiarvi questa tradizione per qualcun'altra.»
    «Quando penso» l'accolita si fermò a fremere di rabbia, «che...che ci sono delle mie simili nelle tue stesse condizioni, messe a fare le eterne schiavette di piacere per qualcuno dei vostri nobili...mi chiedo chi siano i selvaggi e chi i civilizzati tra noi Elveras Y'kynari e voi umani di Solaria. Che diritto avete di riferirvi a noi come “bestie”, se voi praticate una cosa come la schiavitù?»
    Ayarra alzò un sopracciglio in un moto di curioso e contenuto sbigottimento. «Forse state ponendo questa domanda alla cosa sbagliata.»
    «Metyeina dello Y'kyn Ravager: questo è il mio nome.»
    Metyeina roteò le due lame cerimoniali all'altezza delle spalle con una gestualità che si traduceva nella musica dei fili d'argento che tagliavano l'aria. Si erse in tutta la sua snella ed aliena altezza, trionfante di quasi cinquanta centimetri su quella della schiava umana, e chinò il viso dai tratti affilati.
    Arrestò il moto delle sue armi riprendendone i manici con urgenza, il volto si tese con uno spasmo di paura alla porta d'accesso, irradiata di energia blu dall'esterno, e le labbra le si schiusero nel tentativo d'esprimere un verbo che non ebbe mai il tempo di pronunciare.
    «Ayarra, abbassati e copriti le orecchie!» Esclamò Xantares mentre attraversava la porta come se fosse un muro d'acqua. Metyeina ringhiò qualcosa e fece per afferrare la serva, ma questa si era sottratta alle sue attenzioni con una leggerezza quasi magica.
    Prima che potesse sbracciarsi per afferrarle il colletto dell'abito, Metyeina fu travolta da un assordante fronte di Aura bianco-azzurra che irruppe su di lei come un fortissima onda di marea. Mentre sbatteva contro il muro, sbrecciandolo quasi fosse fatto di marzapane, le sembrò di essere stata colpita in pieno dalla marcia a pieno regime di un corazzato.
    L'onda la scagliò a terra e lei rotolò per far scemare il dolore, i palmi ora disarmati delle due lame s'appoggiarono al terreno e sopportarono il suo scattare in ginocchio. Alzò la testa con uno scatto che non sarebbe stato sbagliato accostare a quello di un felino in procinto d'attaccare e, nel farlo, studiò il suo avversario.
    Con la mano sinistra ancora imposta in avanti e immersa nel pulsare dell'Aura, Xantares Xeralla la stava scrutando con il più solariano disgusto xenofobo del multi-verso. La giacca era stropicciata dalle correnti soprannaturale alzate dal fluire della magia nel salotto e gli conferiva l'aria di un Inquisitore pronto a condannare un centinaio di mondi alla morte per Purificazione.
    «Stai bene?» Domandò alla sua schiava, che rispose con un cenno d'assenso. Concentrando tutta la sua attenzione sulla guerriera Ravager, Xantares storse la bocca in un'espressione di odio che Metyeina scambiò per genetico.
    Si sbagliava.
    Un solariano normale avrebbe cercato di ucciderla per il suo appartenere ad una razza normale. Xantares Xeralla l'avrebbe disintegrata in un miliardo di pezzi che poi avrebbe seppellito sotto due tonnellate di asfalto liquido per il suo aver tentato di uccidere Ayarra.

    200px-Lelith_Hesperax


    Metyeina desidera che i lettori lascino un commento, oppure andrà a acasa loro e svelerà il suo nome prima di procedere nell'ucciderli con una morte artisticamente artificiosa...stupida aliena.
    Mettendo da parte gli scherzi, mi sono basato su quest'immagine per la creazione della nostra lveras accolita! ^^
     
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12 replies since 4/2/2013, 02:29   129 views
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