Letter from an orphan.

angst|rosso

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    Letter from an orphan.


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    _autore: SybilByOscar/Divine Insanity
    _genere: angst
    _rating: rosso
    _tipologia: one shot
    _breve descrizione: C' sempre un momento nella vita di un uomo in cui egli abbia il desiderio di sviscerare ogni suo sordido desiderio. Ogni suo pensiero viene alla luce senza filtri, come se fosse giusto così. Forse lo è, forse no. Ma i rimpianti, i rimorsi che non dovrebbero mai esserci ci sono, per aver vissuto una vita fatta di sogni e paure. Una vita come nessuno vorrebbe vivere.
    _note:


    Rabbia rabbia che sale e scende fottuta rabbia viscerale nausea conati di vomito bastarda rabbia che morde forte con denti affilati famelica fame di uno stomaco stanco in peristalsi continua per la rabbia rabbia che scende e sale divorando disarmante ogni cellula del corpo mentre questo si accascia sul pavimento freddo lo senti il gelo che cala e percorre a ritroso un percorso basso non molto alto lo senti il desiderio di rivalsa che non se ne va non si stacca e si incarna invece sottopelle delirante il suo pensiero lo senti tendimi la mano Dio posso vederti sfocato ma presente ti vedo dietro occhi stanchi scomposte ciglia fronte corrucciata per la fioca vista Dio la stanchezza avanza esula dal resto del mondo ma tu non parli perché non parli non dici una parola mutismo forzato obbligato alla lontananza quando guardi verso me superandomi e vai oltre ti vedo scruti

    qualcosa

    o

    qualcuno

    Dio sì quel qualcuno è dietro un corpo fiacco – il mio – e ride sento risa ilari e non sei tu e non sono io – risata sorniona – perpetua musica di sottofondo in abusi di pazienza ma non voglio girarmi il capo duole bloccato da spalle doloranti per il peso di brutti pensieri li senti urlano cielo urlano a gran voce nella testa impedendo movimenti ardui e pacati per cancellare loro inutili e pressanti pensieri le senti le voci quelle voci vengono da una sola persona alle mie spalle il vigilante donna minuta di un fisico esile ferma nella posizione sita sul piedistallo della presunzione guardala la presunzione in corpo di ragazza mentre perdo quota inesorabilmente verso il basso mi chino ai vostri piedi nel mezzo dell’impotenza per qualcosa che non ho e scivolano via gli anni cielo anni passati a crogiolarmi nello studio di vite diverse imparando quanto lezioni di vita non possono insegnare

    «e manca questo»

    dici subito ti ascolto

    «manca questo»

    nell’esistenza odierna

    «consapevolezza di essere speciali»
    sottolinei perché sei tu speciale e pregna di odio mi volto studiando il viso di chi non si muove e parla senza fiato parla e insegna spiega in silenzio di qualcosa che non si conosce eppure guarda me ora in piedi barcollante quando mi avvicino severa nell’espressione tirata nel volto a pochi passi da lei sfilo pacata e decisa brividi lungo la schiena braccia e mani impercettibili formicolanti prima di sparire e si annulla tutto il baratro di una vita costruita su misura senza te per un istante ma il desiderio aumenta a dismisura aumenta e il suo cranio si apre senza che grida di dolore si innalzino soffocati come tappi a pressione sopraffina la sua mente e la calotta si sfalda si sfila perdendo gocce di un rosso porpora che cadono su guance perlate smagrite e batte quel cervello che non dovrebbe vivere di vita propria guardalo il suo cervello diviso in aree che agiscono per loro conto e le danno comandi sì comandi consoni a comportamenti impagabili ma viene con me tra mani congelate il cervello che prelevo da una cavità morta cancrena istantanea quando il cuore smette di far correre sangue e non vive più lei sbarazzina arrogante mentre scivola ai piedi mie calzature pregne di energia mancante – la sua – e studio quella parte anatomica la livello con i polpastrelli sorridendo sì mi vedi amore sorrido sorrido annientando ogni forma di umanità in me presente e non dovrei farlo taccio dovendo parlare sorrido e non dovrei farlo incapace di parlare circondata dal vuoto

    «salvati»

    dici a me di salvare un’anima morta crudele persona che spera e sogna mangiando merda ogni ora consapevole della solitudine e la merda tesoro è il cervello che si sta sciogliendo poltiglia tra le dita carnose unghie curate conficcate nella cultura avida di chi non ne ha più bisogno per scomparire inutile presenza nell’assenza amore di me e te ancora e la merda sale ricoprendomi depersonalizzando me immonda vita e la merda scende disumanizzandomi come diavolo innato percorrendo strade sterrate incurante dei bisogni e delle voglie e quella stessa deprivazione diviene necessità linfa che aiuta e sorregge quando ancore non ce ne sono più eppure divorando ciò che di quella ombra resta

    «ti sento come vivo ti sento come vita cuore che pulsa»


     
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    Quindi non è successo davvero, giusto? Era solo nella sua testa?

    Molto bello questo pezzo! Intenso, sembra di correre a perdifiato durante la lettura. Complimenti :)
     
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    tutto nella mia testa, assolutamente =)
    Ti ringrazio, è stato scritto tra l'altro interamente a mano su un foglio di carta. Per la prima volta ho scritto un racconto a mano! E ammetto che senza punteggiatura è stato complicato, ma sono contenta che il risultato sia piaciuto!
     
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2 replies since 23/5/2013, 22:32   61 views
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