Blue Eyes

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  1. MidoriMoe
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    CAPITOLO 4: Ricordi come pareti bianche e vuote di un ospedale

    Mi sono sempre immaginata che l’inferno fosse come un grande ospedale, dove le povere anime degli uomini non possono trovare pace o sollievo. Dove la malattia ricorda ogni giorno la fragilità e la mortalità . Tutt’attorno a me potevo intravedere solo pareti bianche e vuote. Cercai di mettermi in posizione seduta dalla posizione distesa in cui ero. Ma non ci riuscii.Il mio corpo era quasi completamente indolenzito e bloccato. Focalizzai meglio con gli occhi l’ambiente in cui ero. Mi resi conto di trovarmi in ospedale, meglio, su un letto di ospedale con una gamba ingessata e un flebo attaccato al mio braccio. Fuori pioveva.
    Le pulsazione si fecero veloci. Una sensazione di inquietudine mi pervase. Come ci ero finiti li? Come mai avevo una gamba rotta? E soprattutto, cosa era successo la notte prima, da quando entrai in quella casa abbandonata. Gli altri pazienti nella mia stessa camerata mi guardarono con aria dubbiosa e scioccata.
    «Cosa avete da osservare?» gli dissi. « Invece di stare li imbambolati a giudicare,che qualcuno mi dica cosa ci faccio qui!! Io non dovrei essere qui. Che giorno e’?»
    Una voce femminile proveniente dal letto vicino al mio mi rispose :
    Oggi e il 29 Marzo 2017. Sei stata portata qui il 19 Marzo in condizioni non serie ma abbastanza critiche. Una banda di uomini avevano catturato te e altre ragazze nei pressi di ****. Una ragazza l’hanno trovata già morta quando la polizia e sopraggiunta al covo di questi. Tu eri ancora viva e l’altra ragazza, dai capelli rossi, non ce l’ha fatta. E’ morta una settimana fa. Devi ritenerti molto fortunata, perché nostro Signore ti ha dato una seconda possibilità»
    E così ogni mio dubbio e quesito fu chiarito. Voltai lo sguardo verso la finestra e iniziai a contemplare il cielo grigio. Riflettei sulle ultime parole dette dalla signora. Dio mi aveva dato una seconda possibilità, era proprio così? Oppure Dio ha voluto punirmi e tenermi nuovamente in questo oblio.
    ***

    «Dov’e’ finita quella ragazza? Non era con le altre due vero?»
    «Mi sembra di no. Anche perché sarebbe subito corsa dalla polizia»
    «Hai ragione. Aspetta forse e’ la proprietaria di quell’auto nera ferma davanti ad un albero caduto»
    «Giusto! Ma cosa ci faceva qua? In un posto del genere ?»
    «Che t’importa. Abbiamo una preda in più. Il motivo per cui era qui non ci interessa. Si e trovata nel posto e nel momento sbagliato, non e’ colpa sua. Chissà dove e’ andata a nascondere quella puttanella»
    «Ehi! Hai sentito pure tu questo rumore?»
    «Non avrai mica paura, eh? Sarà la ragazza! Vieni proveniva da questa stanza!»
    «Aaah!»
    «Che c’e? Maledizione.. Ci farai scoprire!!»
    «Ho visto una persona attraversare quel corridoio. E penso che non si la ragazza. Era completamente vestita di nero. Ed era alta!»
    «Dovresti smettere di guardare film dell’orrore!»
    «Ti ho detto che non me lo sono immaginato! Ehi guarda, eccola di nuovo!»
    «Ma che cavolo … e’? Non possiamo andarcene. Dobbiamo trovare quella ragazza. E’ una possibile testimone»
    «Hai sentito questo urlo!! E il tonfo?»
    «Si! Che cavolo sta succedendo qui? Andiamo a vedere!»
    «E’ la ragazza. Come ha fatto a cadere da qui. Meglio che lasciamo questo posto mi sembra infestato»
    «Si, hai ragione ma prima prendiamo lei»
    «…Jessie svegliati. Muoviti, svegliati e alzati prima che arrivino giù. Jessie svegliatiiii»


    6 Aprile 2017
    Mi svegliai di soprassalto in camera mia, in un lago di sudore. Avevo lasciato l’ospedale da pochi giorni. E sa poche sere continuavo a fare incubi confusi, inverosimili. Tanto da mettere in dubbio la mia sanità mentale. Guardai che ora fosse. Le tre e mezzo del mattino. Mi maledissi. Così decisi di alzarmi e di fare un giro in cucina. Una volta li mi feci una camomilla. Mentre aspettavo in silenzio sentii il ticchettio della pioggia fuori. Stava piovendo ancora. Ormai era quasi un mese che continuava a piovere. Ripensai al sogno precedente. Quell’ultima voce, si quell’ultima voce io sapevo di chi fosse. Ma era possibile che quel che avevo sognato fosse un frammento di ricordo a riguardo di ciò che mi e’ accaduto quella notte.
    I giorni seguenti casa mia fu invasa da amici, parenti, sconosciuti e da un psicologo. Un psicologo. Questa si che era la ciliegina sulla torta a proposito della mia vicenda. I miei genitori mi consideravano pazza. Tuttavia da un lato non avevano tutti i torti, avevo provato a togliermi la vita. Era una motivazione più che approvabile. Ma, come facevano a sapere i miei genitori, la mia intenzione di suicidarmi quella sera, se mi hanno ritrovato in covo , rapita da quattro malintenzionati, per non dire omicida? E anche questa volta la mia domanda trovò, con amarezza, la sua risposta. Dalle analisi fatte in ospedale era risultato che le altre ragazze siano state violentate da queste tizi e che mentre compivano queste violenze sessuali siano state sotto l’effetto di droga e altri stupefacenti. Le mie analisi mostravano che avevo avuto segni di violenza ma nel mio sangue non c’era traccia di droga o stupefacenti. Ammetto che sapere di essere stata abusata, abbia reso la mia stabilita’ mentale più fragile. Io stessa mi sentii più fragile. Mi sentivo violata.
    Io e Mr Psycho, come l’avevo soprannominato, passammo molti pomeriggi insieme. Ogni seduta era come il terzo grado. Cercai sempre di evitare di uscire con il discorso suicidio e camuffai il motivo per cui ero in quel bosco, con questa bugia:
    «La verità e’ questa. Io ero li perché tornando a casa avevo visto questi tizi che si stavano comportando in una maniera strana con quelle ragazze. Una volta capito il perché cercai di fuggire e nascondermi, ma invano. Il cellulare purtroppo pensavo di averlo con me, invece lo avevo lasciato in auto (mezza verità )»
    Diciamo che il psicologo mi credette, ma non completamente. E neppure io credevo ai miei ricordi, anche perché i miei ricordi sembravano pagine bianche. Sembravano vuoti e privi di veridicità. Sfortunatamente alle sedute con il psicologo furono affiancante anche delle visite periodiche all’ospedale. Se non era noto, io odio gli ospedali.
    Tutto ciò stava diventando per me un incubo.
    A metà Aprile ci fu anche la sentenza contro i miei rapitori. Avrei voluto parteciparvi, ma non me la sentii. Seppi che furono accusati a 20 anni di carcere. Rabbrividii all’idea che una volta fuori quelli dal carcere, mi avrebbero cercata e fatta sparire. Ma, sapevo che sarebbe stato impossibile. Perché io sarei sparita già molto prima della loro uscita. Qualche giorno dopo, sul giornale, lessi la notizia che i due si erano suicidati. Rimasi scioccata. Perché uccidersi se sarebbero usciti, anche grazie la buona condotta, tra una decina, una quindicina di anni? Questa notizia, pur sempre brutta, rasserenò gli animi dei miei genitori, parenti e amici.

    Maggio 2017
    E finalmente arrivò il mio caro Maggio! La vicenda che mi riguardava incominciava a perdere di notorietà e a lasciarmi condurre una vita normale. Ricominciai a uscire, a trovarmi con i miei amici, a ballare in discoteca, a tornare alla mia vita di prima, nonostante le persona mi riconoscevano per strada e mi etichettavano come la ragazza violentata ma graziata. Era insopportabile. A volte avrei voluto tirare un bel pugno in faccia a tutti loro. Ma non si può, e’ maleducazione, mi hanno detto.
    E giunse pure il 26 Maggio, il giorno del mio compleanno. Organizzai una festa tra intimi. Sapete quale fu il regalo più gettonato? I libri Guida all’autostima e Io sono una donna e non un oggetto. Wow, pensai tra me e me. Che tristezza.
    Ciò nonostante, percepivo che un regalo inatteso e che avrebbe cambiato la mia vita, era proprio li dietro l’angolo, in attesa di uscire e sorprendermi.
    E giunse così a giugno.
     
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7 replies since 10/3/2014, 11:51   181 views
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