Il futuro alle estremità, l'anima stremata

poesia

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    Il futuro alle estremità, l'anima stremata



    _autore: Spark in a firework



    Respirare è un ticchettio
    che ci separa dall'esanime epilogo,
    scandisce pregnanti i secondi
    all'anima desiderosa di scindersi,
    costei s'ingegna affannosamente
    per alterare il proprio status quo
    supponendo che il suo mondo
    non sia un modulo già compilato
    o in dirittura d'arrivo
    - la vità è un corriere espresso?
    la vita è un disdicevole controsenso?
    -
    nel temerario desiderio
    di lasciare la propria testimonianza.
    Ed ogni affermazione - tentata
    per l'esattezza - sottrae
    una foglia alle foreste equatoriali,
    riesumando città perdute
    gloriose e da dimenticare,
    come quell'Europa unita
    che i cuori, scissi, smantellarono.

    L'irritante tictac che avanza
    provoca scompiglio, le genti si evolvono
    ed i loro traguardi si scompongono
    in particelle specializzate
    e tuttavia inconsistenti perché
    incapaci d'essere costitutive.
    I cuori si fanno immobili
    e la loro tensione è affidata
    a teneri velivoli, dalle ali
    ampie e dalle spalle forti,
    così solide da reggere il peso
    del nucleo della terra
    e della sua anima iraconda
    e mezzi anfibi pronti ad imbarcare
    i respiri esalati dagli umani
    spiccheranno il volo nei cieli
    affumicati, sarà rapida eutanasia:
    la vita ha raggiunto aliquote alte
    e i sogni volano bassi.

    All'appello mancano alcune entità
    insature, costoro tentano
    di stabilizzare quel respiro
    altalenante ma vigoroso,
    si premurano di abbassarne
    la criticità, lo sguardo
    non si spegne facilmente.
    Sono i privilegiati,
    accompagnati da una fede
    - si tratta di una delle tante -
    verso lidi distanti, si dirigono
    all'ultima sponda del ciclo
    migratorio, il conto alla
    rovescia avrà così pace.
    Dietro di loro declina
    la civiltà occidentale.
    Il futuro alle estremità,
    l'anima stremata.
     
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    Bella e profonda, come tutte quelle che scrivi.
    Il ticchettio cui si accenna pare rimandare ad un battito del cuore meccanizzato ed espropriato della sua spinta vitalistica. I molti termini che rimandano al campo semantico di un luogo di civiltà, come la città, ci introduce nelle contraddizioni della politica e della società odierna: uffici che non funzionano, università che non insegnano e non educano ma, dietro la falsa teoria della specializzazione del sapere, in realtà lo disgregano e distruggono, la delusione riguardo chi ci governa ed il sistema del mondo. Di tutto questo si prevede una fine rapida, inevitabile e non priva di dolore, ma quantomeno -forse- liberatoria.
     
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    È come dici tu, il trionfo dell'artificializzazione è per certi versi spaventoso e i suoi effetti negativi (così come quelli indubbiamente positivi) sono sotto gli occhi di tutti. Ho pensato a questa poesia come ad un'orazione funebre: non di tutta l'umanità, ma solo della Civiltà occidentale, che ormai deve lasciare il passo a quelle nuove realtà estreme e alle estremità (del mondo) che ormai si accingono a rilevarne il ruolo di predominio. Non dico che sia un male quest'avvicendamento: la civiltà occidentale ha peccato troppo spesso di superbia ed avidità, ha creato un sistema capitalistico che si è reso indipendente ed incontrollabile (sono tanti gli scrittori che hanno predetto un futuro in cui le macchine si ribellerano agli uomini; oggi, intanto, è l'economia a rivoltarsi contro i propri "creatori"), le loro ambizioni imperialistiche sono sfociate in non so quanti conflitti, circoscritti o mondiali. Stiamo raccogliendo ciò che abbiamo seminato, oggi il resto del mondo si è adeguato a seguire il modello che nei secoli abbiamo proposto e che, probabilmente, ci condurrà all'autodistruzione - potrei sembrare apocalittico, me ne rendo conto, ma io sono purtroppo convinto che si stia fortemente sottovalutando il fenomeno dell'inquinamento, con annessi effetto serra, buco dell'ozono, riscaldamento globale, scioglimento dei ghiacciai. Temo che le generazioni future avranno molto da ridire sul nostro operato.
    E certamente sarà la civiltà occidentale ad avere la responsabilità morale per tutto ciò, ma quando verrà il momento in cui si dovranno prendere decisioni drastiche non avremo più i mezzi per farlo: le sorti del mondo non dipenderanno più da noi e non avremo modo di rimediare ai nostri errori. Potremo solo sperare che le estremità del mondo si rivelino, nei decenni a venire, più sagge di quanto l'Occidente non sia stato negli ultimi sei secoli.

    Mi sono dilungato, grazie ancora Rita! *arrossisce*
     
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    Non sei drastico. Hai solo gli occhi aperti e ci vedi e non fingi che le cose stiano altrimenti. Anche io percepisco in questo periodo storico un'aria di cambiamento: è un momento di decisione. Che ci sia ancora speranza o meno mi astengo dal giudicarlo... posso solo sperare per il sì e agire incoraggiandolo nel mio piccolo.
     
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3 replies since 27/4/2014, 23:25   91 views
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