The Damned Book

Harry Potter | A capitoli

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    The Damned Book



    _autore: pyscopath.
    _fandom: harry potter
    _genere: Mistero, Erotico, Horror (più avanti)
    _rating: Rosso
    _pairing: Draco/Hermione, Blaise/Daphne (Harry/Ginny)
    _personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Blaise Zabini, Harry Potter
    _tipologia: Capitoli
    _breve descrizione: Draco ed Hermione vengono costretti a lavorare ad un mistero che gira attorno al mondo magico: babbani al ministero e uno strano libro maledetto portatore di guai. I due si ritrovano a collaborare anche intimamente, però alcuni pericoli si mettono in mezzo e succederanno cose che nemmeno i protagonisti sanno spiegarsi.
    _note: Ho abbandonato la FF, da un po', ma spero di riprenderla, mi manca molto. Purtroppo gli impegni mi hanno tenuta lontano.


    Capitolo 1
    Sunday



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    Hermione Granger aveva perso tutto. Aveva perso suo marito, i suoi amici e tutta la sua popolarità nel mondo magico. Tutto ciò era accaduto per un singolo motivo: Ronald Weasley era morto. Erano oramai passati cinque anni dal loro matrimonio. La settimana prima che i due festeggiassero i loro tre anni di matrimonio, Ron era morto. La strega più grande di tutti i tempi, adesso si era presa una pausa, da oramai due anni. Hermione non praticava più la magia dalla morte di Ron e non aveva più niente a che fare con essa; perché la magia le ricordava lui e per quanto potesse averlo amato e per quanto lo ami ancora, Hermione aveva deciso di chiudere la sua vita e di iniziarne una nuova. Viveva in una casetta modesta nella Londra Babbana, il più possibile lontana dal Ministero della Magia e con tutto il resto delle cose che avevano caratterizzato la sua vecchia vita, riceveva ancora ogni mese una lettera di Ginny, che la pregava di tornare nel mondo magico, Harry invece aveva smesso di chiederlo: semplicemente si limitava a salutarla e chiederle come stava. Hermione rispondeva ogni due mesi, dicendo che era stata troppo impegnata e si scusava per il ritardo. Non aveva tutto quel da fare in realtà, ma da anni a questa parte aveva smesso di essere in uno stato di coma vegetativo e si era data da fare per avere l’agenda sempre piena di impegni e avere la testa piena di cose a cui pensare, riempiva la testa di cianfrusaglie per non pensare – pensare troppo per non pensare affatto, già – e poi quando tutto si faceva buio – era troppo stanca per pensare e così crollava sul divano, con una copertina color indaco e un barattolino di gelato divorato guardando un film drammatico. Faceva la dentista di mattina, nello studio che suo padre anni fa aveva messo su con quei soldi che aveva guadagnato, poi di pomeriggio aveva assunto un giovane medico che prendeva il suo posto; il lunedì aiutava l’ospedale con del volontariato, il martedì era impegnata a presentare un nuovo libro al club di lettura, il mercoledì prendeva il thè a casa di Jane – la sua vicina con la demenza senile e nove gatti – giovedì pomeriggio aveva il corso di giardinaggio e di sera quello di cucina, il venerdì si era iscritta al gruppo dei malati di cancro al seno come psicologa di turno, il sabato guardava il nipotino Jane – Michael – lei oramai era troppo malata per prendersene cura e la domenica spesso prendeva il treno e se ne andava al mare, a Brighton: dava da mangiare alle oche che stavano sul ponte, oppure dava da mangiare ai pesci.
    O semplicemente passava le giornate in biblioteca fino all’orario di chiusura.
    Hermione odiava la domenica.
    La Granger cadeva in una pura e semplice malinconia.
    Quella domenica, Hermione aveva sentito al telegiornale che avrebbe piovuto più del solito, i media consigliavano di stare a casa e dedicarsi a sé stessi – ma cos’era poi, un oroscopo? – così Hermione aveva approvato l’idea della conduttrice bionda con due canotti rossi al posto delle labbra.
    Se avesse saputo cosa sarebbe successo quella domenica, avrebbe mille volte preferito prendersi un acquazzone in piena faccia e sporcarsi le sue ballerine preferite.
    Sedeva sul suo divano beige di lino, con in mano una tazza di the inglese fumante e dall’altra un libro statunitense: Le pagine della nostra vita. Immersa e un po’ affascinata dal protagonista Noah, Hermione sussultò.
    Avevano suonato al campanello.
    - Sarà sicuramente Jane. - pensò.
    Si avvolse nella sua coperta di cotone color indaco e andò ad aprire la porta. Ma colui che aveva davanti non assomigliava affatto a Jane, ma aveva un volto che Hermione non avrebbe mai scordato.
    Il suo migliore amico, Harry Potter, nonché mago più potente di tutti i tempi e Capo Auror del Ministro della Magia, abbozzava un sorriso – un autentico sorriso – poi mise la mani in tasca.


    Non importa. Ci sono persone, che quando le rivedi tutto riprende dal momento esatto in cui vi eravate interrotti. -- Eleonora Mazzini


    - Ciao, Hermione. -
    Sembrava che non fosse passato poi così tanto tempo. Sembrava un po’ che non fossero passati neanche due giorni. Harry era sempre il solito.
    - Harry… Oh cielo, cosa ci fai qui? - Il viso di Hermione era diventato improvvisamente pallido: vedere Harry era ricordare Ronald e lei si era ripromessa di non starci male, non che non pensasse più a Ronald: lo faceva sempre, ogni momento della sua vita – ogni cosa glielo ricordava, persino quando faceva uno di quei corsi di giardinaggio: Ron non avrebbe approvato – semplicemente lo pensava come un ricordo e quel ricordo non le faceva più male: era solo maledettamente nostalgico.
    - Lo so, lo so. Ho ignorato il tuo “sono sempre impegnata” e ho deciso di passare a trovarti. Devi perdonarmi. Quando mi metto in testa qualcosa, poi finisco per farla. Posso entrare? -
    Harry fa un passo avanti, fino a calpestare il tappetino verde davanti alla porta.
    - Certo. -
    Hermione ne fa uno indietro per permettere ad Harry di entrare.
    - Ho fatto del tè. Ne vuoi un po’? -
    - Non hai una burrobirra? -
    Hermione sorride, un sorriso senza ogni dubbio forzato, Harry intanto si siede sul un tavolino in legno color mogano.
    - No. Ho persino scordato che sapore abbia. – Hermione rimane a fissare il tavolo per un attimo, poi alza gli occhi al cielo e porta ad Harry una tazza di tè.


    - Grazie, Hermione. Come stai, allora? Come vanno le cose qui a Londra? - chiese Harry prima di buttare giù un sorso di tè.
    - Bene. - Rispose Hermione con poca convinzione.
    Dannazione!
    - Sto bene. Tu? Ginny? I ragazzi? -
    - Stiamo bene anche noi. Albus e James spesso litigano, ma Lily trova sempre il modo per far fare loro pace. Ginny sta da poco lavorando con le Holyhead Harpies. - Harry sorrise, con lo sguardo immerso in qualcosa di bello – E’ molto contenta. Ah! Non sa che sono venuto a trovarti. Mi avrebbe pregato affinchè potesse venire anche lei, ma è meglio di no. Per quanto mi manchi, ho capito che hai fatto una scelta di vita differente, lo capisco dal modo in cui ci scrivi. – Harry si guardò attorno – E ora ne sono ancora più convinto. Mi ero ripromesso di starti lontano, sai, per non evocare ricordi che possano far male, mi manchi Hermione, ma tengo più alla tua felicità che alla mia. – Hermione aprì bocca per parlare, ma Harry alzò un dito, facendole segno che non aveva ancora finito, poi, sospira. – Ma sono qui per un motivo più importante, per qualcosa che va oltre la nostra indelebile amicizia. Ne abbiamo parlato al Ministero e con i nostri vecchi amici. Ci serve il tuo aiuto. -
    All’udire quelle parole, Hermione sgranò gli occhi e scosse la testa.
    - No, Harry. Mi dispiace. Ho chiuso con queste cose… -
    Harry sospirò.
    - Sapevo che mi avresti risposto così. Ma permettimi almeno di spiegarti cosa succede, una volta che avrò finito, potrai decidere ciò che vuoi. -
    Hermione fissò a lungo Harry negli occhi, occhi verdi che per tanto tempo aveva guardato in cerca di qualche risposta. Poi annui e lasciò che il suo migliore amico iniziasse a parlare.
    - Il Ministero sta cadendo. Abbiamo degli infiltrati e purtroppo questa volta sembra essere peggio di quanto immaginassi. Dicono che siano babbani. – Hermione sgranò gli occhi.
    - Sì, babbani. Due settimane fa abbiamo trovato un babbano infiltrato nel Ministero, finta bacchetta, finti documenti: non era nemmeno un magonò. Non so come abbia fatto a scamparla per tutto questo tempo e non so nemmeno come abbia fatto ad entrare. C’è qualcuno che sta permettendo che questo accada e noi non sappiamo dove guardare, chi guardare. -
    Harry sospirò.
    - Quello che abbiamo pensato, o meglio ipotizzato è che ci siano maghi che stiano permettendo l’entrata di questi babbani all’interno del ministero, li spacciano per amici, conoscenti o addirittura per parenti. Non c’è altra soluzione. Il problema però, è scoprire chi sta compiendo queste cose. Bisogna fermarlo. Pensa se il mondo sapesse, pensa se sapesse di noi. -
    Harry guardò Hermione, che per tutto quel tempo era stata zitta, non aveva fiatato.
    - Tutto questo mi sembra folle, Harry. Secondo me c’è qualcuno – qualche mago oscuro s’intende - che sta cercando di architettare qualcosa, probabilmente sono babbani sotto la maledizione Imperio. Babbani al Ministero – Hermione alzò gli occhi al cielo e sorrise come se avesse sentito una barzelletta – Impossibile. –
    Nel sentire quelle parole, Harry abbassò gli occhi, deluso.
    - No, abbiamo indagato: nessuno dei babbani trovati era sotto effetto della maledizione Imperio. Siamo a quota dieci, ma temo che aumenteranno. –
    Harry guardò Hermione con l’aria di chi è disperato e non sa che pesci prendere.
    - Perché sei venuto da me? -
    - Perché sei la mia unica speranza -

    La speranza è il peggiore tra i mali, poiché prolunga i tormenti degli uomini. -- Friedrich Nietzsche

    Dopo un attimo di silenzio, Hermione si alzò dal suo piccolo tavolino color mogano, prese le tazze di tè dal tavolo e le appoggiò nel lavandino: le avrebbe lavate – a mano – fra qualche minuto.
    - Mi dispiace Harry. Non posso aiutarti. -
    I due migliori amici si guardarono per un periodo che a Hermione sembrò un’eternità: era così dispiaciuta di dover dare una tale notizia al suo migliore amico, ma era più che convinta: non avrebbe rimesso piede nel mondo magico. Non più.

    L’arroganza è spesso compagna dell’eccellenza.

    Draco Malfoy, nonostante le sue numerose idee di sposarsi con una vergine purosangue francese di nobili origini e dopo aver declinato tutte le pretendenti e aver annullato il suo matrimonio con Astoria Greengrass, il bel Purosangue aveva assunto il titolo di scapolo più sexy del Ministero.
    Draco ne era, ovviamente, entusiasta.
    Non aveva mai pensato di poter vivere una vita del genere, non l’aveva programmata e tutti i suoi parenti non si sapeva se fossero invidiosi o semplicemente preoccupati. Draco Malfoy, unico maschio della famiglia, non aveva un erede.
    Eresia per un Malfoy.
    Ma Draco era cambiato, non aveva più voglia di dover vivere la sua vita come un libro stampato. Si, forse era sempre rimasto il solito spocchioso rubacuori serpeverde, ma forse un pizzico di maturità l’aveva acquisita. Molto nel profondo.
    Quella domenica sera, lo scapolo dai capelli biondi ben vestito e ben profumato era pronto per una delle sue solite partite a Poker Magico. Si smateriallizò da Villa Malfoy fino ad arrivare davanti alla porta color mogano dei Tre Manici di Scopa. Quando entrò, la maggior parte delle donne presenti iniziò a sogghignare e ridacchiare, senza rendersi conto di non fare niente altro che ingigantire l’ego già enorme di un pavone. Un pavone incredibilmente vanitoso.
    Non salutò nemmeno i baristi, si limitò ad entrare in quella saletta privata dove si svolgevano gli incontri di poker e in quel momento tutti alzarono lo sguardo verso di lui: ad alcuni si illuminarono gli occhi, altri improvvisamente sparirono dalla sala, altri spensero i sigari che avevano fra le labbra: il silenzio . Malfoy era il re del poker. Era stato lui ad aver fondato quel club che adesso contava più di duecento membri, era lui ad aver dato a questi uomini la possibilità di potersi divertire: era per questo che tutti lo vedevano un po’ come il boss, il proprietario.
    E ovviamente, Malfoy, ne era entusiasta.
    - Buonasera – un ghigno divertito si dipinse sul volto pallido – quasi cadaverico – del Malfoy. Era così bianco che vederlo al buio avrebbe spaventato chiunque, eppure quel suo pallore sapeva essere in qualche modo maledettamente affascinante.
    - Draco! – esclamò Theodore Nott, dopo aver buttato giù un bicchierino di Whiskey Incendiario.
    Ah. Nott. Era oramai sull’orlo del lastrico: viveva con lo stipendio di sua moglie, Pansy Parkinson, che lavorava al Ministero – principalmente con uomini, in questo periodo – mentre suo marito spendeva tutti i soldi che aveva in un gioco che oramai era diventato la sua dipendenza.
    Che poi, il poker l’aveva consumato fin da quando era giovane.
    - Theo. Sei messo… Salazar, fai schifo. Da quanto non ti fai la barba, Theo? Pansy ha dimenticato di rasarti, quest’oggi? -
    Draco si avvicinò al suo amico d’infanzia e lo guardò da testa ai piedi.
    - Dovresti farti una doccia -
    Esclamò, dopo averlo guardato attentamente.
    - Si si, dopo. Draco. Sono convinto che oggi sia il mio giorno fortunato. Ti va una partita? -
    Gli occhi di Theodore già brillavano al suono della parola partita.
    - Salazar, Theo. Sei un masochista -
    Draco Malfoy si sedette sul tavolo da poker e aspettò che ci fossero tutti gli altri per dare inizio alla partita.
    - Theo, ti rubo Galeoni dal terzo anno di Hogwarts. Sei proprio sicuro di voler sfidarmi ancora? -
    - Più che certo, Draco! Riscatterò tutti questi anni di perdite -
    Theo sembrava sotto effetti allucinogeni: già, lui si faceva di poker. Quello si che lo mandava in palla. Era peggio della droga.
    Draco era ovviamente più che certo di poter vincere, non c’era nessuno in grado di batterlo ad un gioco che praticava da più di dieci anni, nemmeno Theo che si era allenato con lui.
    Si accese una sigaretta, passò una mano fra i capelli biondi e setosi e poi rilanciò il piatto di quaranta galeoni.
    Bluff? Oh, lui bleffava il novanta percento della volte, ma quella volta poteva vincere senza nemmeno pensare ad una strategia. I turni passarono così lentamente che Draco per non annoiarsi riuscì a fumarsi quasi mezzo pacchetto di sigarette, quando una voce al suo orecchio lo svegliò da quella catalessi che si era impossessata della sua mente.
    - Draco, ho indagato sulla cosa che mi avevi chiesto di fare. Ho delle novità e sono piuttosto interessanti -
    Blaise Zabini e quella sua voce profonda. Draco non solo aveva riconosciuto il suo migliore amico dalla voce, ma anche da quel profumo di ospedale che lo accompagnava.
    Blaise, alla fine, fra tutti i serpeverde del gruppo dei mal foi – i malafede – era quello che alla fine aveva una vita più normale di tutti. Sposato con Daphne Greengrass che adesso portava in grembo un maschietto – un bel primogenito – e un lavoro invidiabile persino da quelli del Ministero, soprattutto ora che questo era in crisi: Primario Guaritore al San Mungo.
    Se l’era comprato. Ogni singola stanzetta di quell’ospedale era sua. Completamente sua.
    Il San Mungo adesso portava il cognome Zabini.
    Draco annuì alle parole di Blaise e poi, tempismo perfetto si trovò fra le mani le carte che lo portarono alla vittoria.
    - Scala Reale – sogghignò, per poi mostrare agli avversari le carte che aveva fra le mani.
    Draco Malfoy era fortunato nel gioco e fortunato in amore.
    Un autentico diavolo.
    Si dice che il diavolo si celi sotto le forme più affascinanti: cosa può essere più ammaliante di Draco Malfoy?
    - Signori –
    Esordì il diavolo in questione con voce solenne, alzandosi dal tavolo e congiungendo le mani l’una con l’altra. – Vorrei continuare questo gioco ma non vorrei costringervi a giocarvi le mogli – sogghignò divertito.
    Theodore iniziò a contare quei miseri soldi che aveva in tasca, rendendosi conto di non aver neanche un quarto di ciò che aveva perso.
    Draco non prese neanche un centesimo di quei galeoni che Nott tentava di dargli: lui non faceva guadagno sulla sfortuna degli amici.
    Si dileguò seguendo Blaise fuori dal Pub e una volta aver fatto qualche passo, si materializzarono al San Mungo, dove il cadavere del Babbano suicida al Ministero giaceva su un lettino ben igienizzato.
    - Allora, che cosa hai scoperto? -
    Blaise tolse il velo che ricopriva il cadavere.
    - Salazar, Blaise! Non mi interessa guardarlo in faccia! – esclamò Draco allontanandosi il più possibile dal corpo di quell’uomo un po’ grassoccio e portandosi immediatamente un fazzolettino al naso.
    - Ah, già. Mi ero dimenticato di quanto fossi schizzinoso – sogghignò l’uomo dalla pelle scura.
    - Ma come siamo simpatici. Fai colazione ai Tiri Vispi? Fai poco lo spiritoso e dimmi cos’hai scoperto. -
    Blaise ridacchiò.
    - L’uomo in questione è certamente un babbano, ma al contrario di quanto ti abbiano riferito al Ministero, Draco, non è morto per una maledizione senza perdono. -
    Lo sguardo di Draco si fece più sottile.
    - Era già gravemente malato: dall’autopsia che ho effettuato questo pomeriggio, ho rilevato che il suo sangue era completamente nero: era questione di giorni. E’ morto di Cancro, una malattia babbana che la nostra magia è in grado di curare, ho trovato tracce di pozioni guaritrici, ma a lui non hanno avuto alcun effetto, perché insieme alla pozione, quest’uomo ingeriva un antidoto. -
    Draco si accigliò.
    - Cosa significa? Prendeva una pozione ma ne prendeva anche un antidoto? -
    Blaise annuì.
    - Significa che chi lo ha curato non è di certo un babbano e ha ovviamente provocato la sua morte -
    I due si guardarono.
    - Dunque. Al Ministero abbiamo trovato una decina di babbani. Questo qui – Draco lo indicò con molto disprezzo – E’ morto prima che potessimo interrogarlo. Avevano detto per una maledizione senza perdono. Gli altri che sono rinchiusi e sotto sorveglianza, sono tutti in buona salute, abbiamo consumato quasi tutte le scorte di Veritaserum: con loro con funzionano: sembrano quasi esserne incompatibili. La sputano. – Una smorfia di disgusto si dipinse sul volto di Draco.
    - C’è qualcosa sotto, sembra che qualcuno stia tentando di proteggerli, senza esporsi. -
    - Di certo non è uno di loro. E’ troppo abile. E questi sporchi babbani non possono essere in grado di fare queste cose. -
    Draco espose tutto il suo disprezzo e poi si appoggiò al muro freddo dell’ospedale.
    - Beh, grazie Blaise. Ne parlerò al Ministero. -
    Si diedero una pacca sulla spalla, un piccolo abbraccio e poi Malfoy sparì nell’ombra pensando e ripensando ai mille pensieri che oramai pagavano l’affitto nella sua testa.



    Ancora scossa dalla visita del suo migliore amico, Hermione Granger decise di andare a fare un salto in biblioteca. Indossava un paio di jeans, una maglietta a maniche corte bianca, un giubbotto di jeans e un paio di ballerine color panna: prese la metro di Londra, quella babbana.
    In dieci minuti arrivò nella sua biblioteca preferita: era così antica che il profumo dei libri oramai era più forte dell’odore di chiuso e di vecchio: amava quel posto.
    Salutò la custode che oramai la conosceva tanto bene da sapere perfettamente che regalo farle a Natale, poi si addentrò nei lunghi corridoi contornati da libri.
    Quella sera, la copertina color mogano di quel libro attirò l’attenzione della giovane Hermione Granger.
    “Sono fra noi” era il titolo di quel volume che la ragazza teneva fra le mani: dopo averlo tastato un po’, Hermione lesse la trama.
    “Siamo in una Londra futuristica del 3500.
    La ricerca ha scoperto che fra gli umani vivono – in un modo nascosto e a parte – degli stregoni: si fanno chiamare maghi e streghe, e nascono così senza un preciso motivo. Alcuni sono figli di maghi, altri di umani stessi. Alcuni sono di sangue puro, altri di sangue sporco. Questi maghi hanno torturato e assassinato gli umani, rendendogli la vita impossibile e per farlo hanno utilizzato la magia. Per nascondersi hanno cancellato a tutti gli umani la memoria. Tranne che a Giade, protagonista del libro. Lei sa tutto.”




    Capitolo 2
    Wedding



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    Matrimonio.
    Spesso, per i purosangue di alto lignaggio, la parola matrimonio non era niente altro che sinonimo di contratto. Un compromesso, un accordo. Stabilito, la maggior parte delle volte, dai genitori dei rampolli benestanti che – al posto che darsi da fare a copulare con la propria moglie – se ne vanno in giro per la Francia o la Russia o l’Inghilterra nella speranza di trovare una purosangue abbastanza graziosa per il proprio figlio maschio. Una dolce puledra.
    Più sei di una scala sociale elevata e più hai l’opportunità di ottenere una fanciulla più carina, o perlomeno non una cicciona coi baffi.
    Non era il caso di Flitt, ovviamente.
    Era brutto lui e così anche la sua adorata promessa sposa che, proprio quest’oggi, avrebbe sposato. Draco era arrivato al matrimonio con qualche minuto di ritardo. Indossava un completo elegante, degno del suo nome. Uno smoking bianco, gioielli con lo stemma di famiglia albergavano fieri sui suoi polsi.
    - Draco, si sposa Marcus Flitt e tu ancora ti diverti a sollazzarti fra le gambe di qualche sgualdrina. Quando ti deciderai ad esaudire le speranze dei tuoi genitori? – esclamò Blaise, dopo aver lasciato andare sua moglie Daphne a chiacchierare con Pansy Parkinson.
    - Blaise. Tu non apprezzi il lavoro che sto facendo. Sono io che faccio in modo che i matrimoni non cadano in rovina. –
    Draco ghignò.
    - Non capisci, amico mio, portandomi a letto queste purosangue costrette a dover sposare un uomo di cui non sono attratte nemmeno un po’, io faccio felici sia loro che il marito stesso. Se sono soddisfatte da me, la smetteranno di essere delle acide verginelle casalinghe, pronte a rimproverarvi quanto più capita. Voi siete felici perché non avete quella costante rottura di maroni: potete tradire, divertirvi, giocare a poker fino a tardi. Loro non vi diranno nulla: smetterete di sentire quella voce gracchiante nelle orecchie e io… beh, io mi diverto. -
    Il ghigno di Draco si fece sempre più pronunciato.
    - Io li salvo i matrimoni, bello. Il mio lavoro permette lo sviluppo dell’umanità. Credo che dovrebbero darmi un trofeo, per questo. O comunque uno stipendio fisso. E’ stancante, sai. Dover sottoporsi a tante donne in calore. -
    Blaise alzò gli occhi al cielo e rise divertito.
    - Amico, un trofeo dovrebbero dartelo in testa. – sogghignò – tutti i mariti a cui stai soffiando la moglie. -
    Draco ghignò e scrollò le spalle.
    - Prendi Pansy, per esempio. -
    Draco poggia lo sguardo sulla ragazza che per tanto tempo ha frequentato durante Hogwarts.
    - Theo è già quasi ubriaco: ha finito una bottiglia di Whiskey Incendiario. Vaga per la Sala a raccontare stronzate e delle sue partite di poker.
    Tu la conosci Pansy. -
    Draco ghignò.
    - Una come lei sarebbe impazzita a dover presentare un marito del genere ad un matrimonio. -
    Blaise fissò attentamente Pansy ridere di gusto con sua moglie.
    - E invece no: addirittura ride. Theo non sta passando minimamente per la sua testa. -
    Draco prese dal tavolino due bicchieri di Whiskey, per poi porgerne uno al suo migliore amico.
    - Ora guarda attentamente, Blaise. -
    Draco da le spalle a Pansy e Daphne, si mette a guardare l’altro lato della Sala, pur rimanendo a parlare con Blaise.
    - Pansy è rilassata ma allo stesso modo è stanca. Il suo abito è perfetto, ma se la osservi attentamente puoi notare che non porta più quel rossetto rosso che aveva ad inizio serata; e il ciuffo che aveva cotonato con un incantesimo si è afflosciato. Inoltre… -
    Draco ghignò palesamente divertito.
    - Le manca un orecchino. -
    Blaise si girò verso l’amico che, fra le mani, giocherellava con l’orecchino mancante di Pansy. Sogghignò.
    - L’ho trovato nel taschino della mia giacca. Dev’esserle accidentalmente caduto mentre era intenta a poggiare le sue labbra sul mio collo. O chissà in quale altra parte del corpo… -
    Draco rise, divertito, nel vedere il volto sorpreso e divertito del suo migliore amico.
    - Sei una serpe, Malfoy. -
    - E’ sempre stato il mio animale preferito, in effetti -

    Nella maggior parte dei matrimoni ad uso di purosangue, c’era una specie di regola che tutti tendevano a rispettare: il non-coinvolgimento emotivo (tante volte anche quello fisico.)
    In queste coppie già predestinate, non c’è alcun affetto, alcun sentimento: l’unica emozione che i due coniugi avevano era il rispetto reciproco. Non era – ovviamente – per tutti così, ma per la maggior parte dei matrimoni, uomo e donna non provavano neanche un minimo di attrazione fisica: come provarla, d’altronde per qualcuno che sei stato costretto a sposare senza il tuo consenso. Le famiglie purosangue si limitavano a fare un figlio solo, maschio ovviamente, che potesse ereditare il cognome e l’alto lignaggio, all’età di sedici anni sarebbe stato promesso sposo, il resto alla fine contava davvero poco. Non contava che i due genitori si amassero realmente, dovevano solo mostrarsi spensierati, eleganti e rilassati davanti a qualsiasi altra famiglia: era l’apparenza, la cosa fondamentale.
    Malfoy era cresciuto dove il motto di Malfoy Manor era: Gli affetti sono la più grande debolezza. E noi non sentiamo e non ci interessa.
    Non era stato così per Blaise Zabini.
    Blaise era nato da una donna purosangue, famosa per la sua bellezza fisica e per la sua grande fama da seduttrice. Non avevano molti soldi, ma la fama di avere il sangue puro: Myria sedusse la maggior parte degli uomini e poi rubò loro l’eredità. Blaise non andava fiera di sua madre eppure grazie a lei adesso aveva ottenuto una grande fama nel mondo magico, il che gli aveva permesso di diventare uno degli uomini più ricchi e ben visti del mondo magico senza aver preso acceso al Ministero.
    Ma, al contrario di tutti gli altri matrimoni combinati, Blaise e Daphne Greengrass si amavano davvero. A dire la verità, quando Daphne scoprì di essere promessa sposa a Blaise trattenne un sorrisetto di gioia: lei aveva una cotta per lui dal terzo anno, lui la giudicava una bellissima ragazza e soprattutto molto più intelligente del resto delle altre serpi della sua compagnia, in qualche modo gli piacevano quei capelli biondi e la sua ossessione per la pulizia, ma come ogni serpeverde aveva voglia di divertirsi, perciò prima del matrimonio non la corteggiò minimamente: erano grandi amici, tanto che Blaise pensò che forse quel matrimonio avrebbe rovinato tutto e quando glielo disse, lei scrollò le spalle e gli disse che un rapporto come il loro poteva solo migliorare.
    Si sposarono praticamente subito dopo aver completato gli studi, passarono gli anni come due piccioncini innamorati, tanto che provocarono la nausea a Draco per parecchi giorni. Ogni mese visitavano un posto diverso, Irlanda, Russia, Brasile. In seguito vennero assunti al San Mungo, dove Blaise sette anni dopo ne diventò il proprietario.
    Durante il soggiorno a Mosca, Daphne scoprì di essere incinta e quando lo disse a Blaise, lui non pensò che avrebbe dovuto essere per forza un maschio, non pensò a tutte quelle voglie di Daphne che avrebbe dovuto sopportare, non pensò ai galeoni che avrebbe dovuto spendere e agli sbalzi d’umore di sua moglie; era semplicemente contento, no contento non rende l’idea. Blaise era in estasi.

    - Credo che qualcuno abbia rubato l’orecchino a Pansy. Dovrei dirglielo? Ho paura che si prenda un infarto. – Sussurò Daphne, prima di prendere a braccetto suo marito.
    Blaise alzò gli occhi al cielo e rise.
    - Meglio di no, amore. Credo che se ne sia già accorta -
    Pansy Parkinson, infatti, si dirigeva a passo spedito verso Draco Malfoy che – con il suo solito sorrisetto ironicamente divertito – sedeva su una poltrona a fumare una sigaretta e a godersi la scena.

    As much as it hurts being broken up, being alone is way worse -- Teen Wolf

    Hermione, alla fine, aveva deciso di ritirare quel libro e portarselo a casa. Tuttavia non aveva avuto ancora l’occasione di poter iniziare a leggerlo: quel Lunedì, infatti, era dovuta andare alle prove del matrimonio della figlia di Jane: Cassandra.
    Cassandra era l’unica amica che Hermione era riuscita a farsi in tutto quel tempo, perché alla fine lei aveva rifiutato qualsiasi contatto sociale ed umano che andasse oltre il semplice e puro rispetto e l’educazione. Cassandra le ricordava incredibilmente Ginny, forse era proprio per quello che ci andava d’accordo. Aveva passato tutto il lunedì mattina ad ordinare rose perfettamente bianche, modificare il menù – Cassandra odiava il pesce, mentre il marito l’amava – e trovarne uno che potesse accontentare tutti. Un tempo, Hermione avrebbe amato queste cose, era solita farsi in quattro per gli amici, organizzare perfettamente tutto ciò che le chiedevano, mostrare a tutti quanto valesse: ma quel giorno, la giovane Granger desiderava soltanto stare a casa a leggere quel libro che tanto l’aveva incuriosita dal momento in cui l’aveva preso fra le mani. Continuava a pensare solo ad esclusivamente a quella copertina e al colore giallastro di quelle pagine: sapeva di vecchio, eppure sembrava così recente.
    Quando tornò a casa, Hermione si tolse di dosso il suo paio di ballerine preferite e si sdraiò sul divano, massaggiandosi i piedi.
    Improvvisamente, un post-it sulla libreria attirò la sua attenzione.
    Hermione – seppur stanca – si alzò dal divano.
    Circolo dei lettori ore 16. Annunciava il post-it giallo.
    Stiamo scherzando? Pensò Hermione, passandosi una mano sul volto.
    Beh, credo che debba andarci.
    Si rimise le scarpe, prese una borsetta e poi aprì la porta di casa.
    Un attimo.
    E se me lo portassi dietro? Pensò.
    Cosa?
    Ma come cosa, il libro!
    Quel maledetto libro che aveva stregato Hermione – senza che ancora avesse iniziato a leggerlo -.
    Lo mise in borsa e poi uscì di casa.


    Quando finalmente arrivò al circolo dei lettori – rigorosamente puntale, era sempre Hermione Granger d’altronde – si sedette davanti ad una di quelle poltrone rosse ancora non occupate, proprio davanti ad un tavolino pieno di tè e biscotti.
    Quando più o meno furono tutti presenti, Genevieve McAllister – capo e fondatrice del circolo dei lettori – iniziò a salutare tutti e a parlare del nuovo libro che aveva iniziato a leggere e che consigliava a tutti i presenti.
    Hermione non aveva neanche sentito il titolo.
    Di colpo, però, la donna dai capelli rossi finì di parlare e poggiò lo sguardo su Hermione che, invece, aveva lo sguardo assorto e fisso nella sua borsetta di tessuto dove strabordava quel libro importante.
    - Hermione, se non ti interessa ciò che ho da dire quella è la porta – disse Genevieve, con voce grave.
    Hermione alzò subito gli occhi verso l’interlocutore e arrossì appena.
    - Oh no, scusatemi. Ero solo un po’ sovrappensiero. – Hermione si passò nervosamente una mano fra i capelli ed accavallò le gambe.
    - Potresti proporci tu, qualcosa da leggere. – Genevieve si avvicinò ad Hermione facendo rimbombare i tacchi nella sala dove è caduto un silenzio tombale.
    - Magari questo, per esempio. -
    Genevieve tirò fuori dalla borsetta di Hermione il libro che lei si è portata dietro.
    Lo sguardo di Genevieve si fece preoccupato, tanto da far cadere il libro sul tavolino in legno davanti a lei.
    - Come osi portare questo libro in casa mia? – tuonò Genevieve puntando il dito contro Hermione.
    - Cccos… io… - Hermione cercò di costruire una frase di senso compiuta ma la reazione di Genevieve la incuriosì troppo.
    Mentre Hermione tentò in qualche modo di giustificarsi, i presenti iniziarono a blaterare nell’orecchio e a fissare Hermione come se fosse un’eretica.
    - Io… Genevieve davvero, non capisco cosa ci sia di male in quel libro.. – Disse Hermione allargando le braccia in segno di resa.
    - Quel libro è il male. Puro. Il demonio. -
    Genevieve si fece più seria e fissò Hermione dritto negli occhi: una volta accertatasi che Hermione non ne sapeva davvero nulla, si rivolse hai presenti.
    - Qualcuno spieghi alla signorina Granger perché consideriamo di malo auspicio quel libro. -
    E poi tornò a sedersi.
    Per qualche secondo nessuno osò fiatare. Sembravano tutti come imbambolati a fissare quel libro, altri guardavano Hermione con aria preoccupata.
    Poi qualcuno aprì bocca.
    A parlare fu Rosalie, nonché una dei membri più anziani di quel circolo.
    - Non so se lei ha già letto quel libro signorina Granger, ma quello che le posso caldamente consigliare è di… -
    - Sbarazzarsi di quel libro. – completò la donna accanto alla vecchia.
    - Lo bruci. O comunque faccia in modo che nessuno possa trovarlo, nemmeno lei stessa – gli occhi di quella donna sono sgranati e preoccupati.
    - Se non vuole fare una brutta fine -
    Hermione rimase sempre più confusa.
    - Non capisco – disse, semplicemente.
    - Si narra – riprende Rosalie – che quel libro sia maledetto. Alcuni dicono dalla stessa autrice, altri ipotizzano da un lettore. Fatto sta che, tutto quello che sappiamo è che chiunque abbia letto quel libro o è impazzito oppure è stato trovato morto, senza segni di violenza. Tipo un suicidio -
    Hermione alzò un sopracciglio.
    - Oh, non faccia quella faccia. Tutti coloro che sono impazziti sono ricoverati al Bethlem Royal Hospital e sono tutti terrorizzati dal colore verde, specialmente dalla luce, verde. -
    L’anatema che uccide. Pensò Hermione.
    - Francamente non ho mai letto quel libro, ma credo che quella loro fobia sia descritta nel libro come incantesimo, che le streghe di quel libro chiamano Kedavra. -
    Hermione sbiancò.
    Impossibile.
    - Mi creda, Hermione, dovrebbe lasciar perdere quel libro. Ne va della sua incolumità -


    Arrivata a casa, Hermione non si spogliò neanche, si lanciò sul letto e intraprese la lettura di quel libro maledetto.

    Mi chiamo Giade è questo è il mio diario.
    E’ buffo, pensare che voglio parlarvi di qualcosa che sto leggendo dal diario di mia sorella. Potrei semplicemente copiarlo, ma quello che voglio non è fare una mera descrizione di quanto ho scoperto su mia sorella, io voglio rendervi partecipi su cosa davvero è successo a lei.
    Ai suoi undici anni, i miei genitori mi dicono che Lene – mia sorella – frequenterà una scuola fuori da Londra.
    Perché non anche io?
    Gli chiedo.
    Non mi rispondono subito. Poi mi dicono semplicemente che ci andrà con mio cugino Fred e che loro e gli zii hanno deciso così.
    A undici anni magari potrai andarci anche tu.
    Mi dicono.
    Niente di più buffo. Pensai fosse un collegio di rango elevato e che i miei genitori ci mandano Lene perché non possono permettersi di mandarci entrambe. Lei è più grande perciò tocca a lei.
    Mi viene da ridere perché mia sorella in questo diario scrive che le è arrivata una lettera, che dice che lei è destinata a frequentare la scuola di Magia & Stregoneria di Hogwarts.


    Hermione andò in panico.

    Perché mi prendono in giro? E cosa vuol dire Magia e Stregoneria?
    Non lo compresi fino a quando, non trovai mia sorella in giardino.
    Lei e Fred ridevano ma attorno a loro stava accadendo qualcosa di strano. Non ci credetti, inizialmente. Pensai fosse un nuovo gioco o comunque qualcosa che fosse razione.
    Enormi fiori crescevano e sparivano accanto a loro, e i due ridevano divertiti.
    Mi spaventai così tanto che quando mia sorella entrò a casa le urlai contro e le dissi le peggior cose. Lei mi spiegò di essere una strega e che quello doveva essere il nostro piccolo segreto.
    Mi fidai di lei. Era mia sorella: come puoi non fidarti di sangue del tuo sangue?


    […]

    Gli anni passarono e così anche il rapporto con mia sorella.
    A sedici anni scoprì che aveva una relazione con Ned, il ragazzo per cui io avevo una cotta da anni. Lei lo sapeva: ma non mi disse nulla, me lo nascose.
    Quella stronza.
    Così lessi il suo diario e scoprì che nel loro mondo noi umani veniamo chiamati babbani.


    Hermione avvampò.

    Già. Babbani che vengono disprezzati, considerati peggio della faccia. Pensate che nel loro governo, quelli come noi li fanno fuori, carne da macello dove sperimentare quei loro incantesimi da quattro soldi.
    Vogliono abbatterci e conquistare Londra, chissà magari trasformarci in schiavi.


    Godric, tutto questo non può essere vero. Pensò Hermione.
    Andando avanti con la lettura, Hermione finì di leggere quel libro e desiderò di bruciarlo davvero.
    Erano tutte stronzate! Come poteva la gente credere a quelle cose? Alcune cose erano vere, come i nomi dei posti e degli incantesimi, ma la maggior parte degli eventi erano tutte invenzioni.
    Hermione era furiosa.
    Chi aveva inventato simili cavolate? E soprattutto, perché il Ministero non aveva già fatto fuori quei libri? Ad Hermione i conti non quadravano: non quadravano affatto.
    Ripose il libro nella sua biblioteca e poi tornò a letto, a tormentare la sua mente con oscuri pensieri.
    Erano le tre di notte quando Hermione chiuse finalmente gli occhi.

    Un uomo dai capelli rossi e le lentiggini giaceva morente sul terreno sporco di una foresta abbandonata. Il sangue scuro come la pece fuoriusciva a fiotti da ferite sull’addome.
    - Hermione… Hermione… -
    E’ la voce rauca e sottile di un uomo morente.
    - Hermione devi salvarmi… Hermione devi salvarci… -
    E quando la ragazza si avvicina al corpo morente, urla come una dannata.
    L’uomo ai suoi piedi è Ronald Weasley.



    Draco e Blaise sono seduti davanti al cadavere dell’ennesimo babbano morto di cancro.
    - Sai, Draco… Continuo a pensare che solo una persona potrebbe capirci qualcosa di più in questa storia… -
    Draco fa un tiro dalla sua sigaretta.
    - Hermione Granger. -



    Capitolo 3
    Scream



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    Quando Hermione spalancò gli occhi, facendo leva sui gomiti per alzarsi dal letto, emise un grande urlo. Sia perché era sollevata dal scoprire che ciò che aveva visto era solo un sogno, ma principalmente per lo spavento.
    Cosa voleva dire quel sogno? Non sognava Ron da quasi un anno e adesso, proprio dopo aver
    completato quel libro pieno di cianfrusaglie, Ronald tornava nei suoi sogni, chiedendole aiuto.
    Cosa significava quel sogno? Hermione era pronta a scommettere che c’era qualcosa che andava oltre un semplice incubo. Iniziò a pensare che forse quel libro era davvero maledetto.
    Sciocchezze Si disse.
    La Granger raccolse quella chioma di capelli ribelli con un elastico nero che portava al polso, poi scese dal letto e andò in cucina a prepararsi un enorme tazza di caffè, per cercare di sopravvivere a quella nottata che sembrava interminabile.
    Quando arrivò davanti al lavandino della cucina, Hermione si bloccò.
    Cosa diavolo è stato? Si chiese, mentre si guardava attorno con gli occhi di un felino.
    Poi non sentì nulla.
    Continuò a cercare la tazza, o meglio, la sua tazza preferita che conserva dai tempi di Hogwarts: uno dei pochi ricordi che teneva di quel mondo, quando quel maledetto rumore, una sorta di musichetta macabra, le tornò alla testa.
    Hermione si girò lentamente verso il corridoio di casa sua.
    Una sagoma sembrava sbucare da quel corridoio nero senza luce.
    La ragazza, leggermente impaurita, fece un passo indietro andando a sbattere contro il lavandino.
    Non può essere. Si disse.
    E’ frutto della mia immaginazione.
    Ma il frutto dell’immaginazione di Hermione si avvicinò sempre di più a lei: oramai quella sagoma aveva iniziato a prendere forma… una forma umana: una donna dai capelli lunghi e neri.
    - Hermione Granger… - la voce rauca di quella donna le rimbombava nelle orecchie.
    Ad Hermione cadde per terra la sua tazza preferita: si ruppe, in mille pezzi. Iniziò a correre ansimante e con il volto preoccupato, gli occhi sbarrati dalla paura.
    - Hermione Granger dove credi di andare… Non puoi sfuggirmi… - Erano sussurri, sussurri così leggeri e sottili, ma che nella testa di Hermione rimbombavano come urla.
    La ragazza si mosse velocemente, fino a salire le scale a chiocciola che portavano alla sua stanza, inciampò e la donna-spettro rise.
    La donna che rincorreva Hermione, lo spettro così reale che la inseguiva, ora capiva. Era questo lo spettro, lo spettro che perseguitava fino ad uccidere chiunque leggesse quel libro.
    E lei stava per essere uccisa.
    Devi salvarci La voce di Ron rimbombava nella testa di Hermione, e lei capì: capì di non poter morire. Corse fino al piano di sopra, mentre lo spettro la raggiungeva. Hermione si precipitò verso il comodino in legno, aprì impacciata il cassetto fino a tirar fuori la bacchetta, quel pezzettino di legno che non toccava da così tanto tempo.
    Non appena la prese in mano, il corpo di Hermione si alluminò di qualcosa di nuovo: la magia che scorreva nelle sue vene finalmente poteva tornare in vita.
    Aveva letto in un libro che scacciare uno spettro era un po’ come scacciare un dissennatore, con la piccola differenza che lo spettro non sarebbe più stato in grado di attaccarla. Ma da quanto non evocava un patronus? Forse dalla fine della seconda guerra magica. Mentre pensava a tutte quelle cose, lo spettro si era avvicinato a lei, forse fin troppo, tanto che Hermione sentì improvvisamente freddo. Conosceva bene quella sensazione. Con uno scatto felino si girò, puntando la bacchetta allo spirito.
    La donna dai capelli neri, lo spirito, si allontanò tanto in fretta, urlando. Come se un demone avesse visto un crocifisso.
    - Tu… Tu cosa? Come fai! Tu… tu non sei una strega! - Sebbene fosse confusa, Hermione, tenne saldamente la presa alla sua bacchetta e la puntò ancora verso di lei.
    Lo spirito prese quasi la rincorsa, per andare contro Hermione, per divorarla. Ma Hermione, che di ricordi belli sembrava non conoscerne, fece l’unica cosa che in quel momento le venne naturale di fare.
    Hermione urlò.
    Urlò a gran voce, facendo tremare i mobili della stanza. Lo spirito si allontanò di colpo, ma mentre se ne andava, una parte del suo grigiume si attaccò ad Hermione, che, priva di sensi cadde a terra.
    Era stato come se l’urlo di Hermione avesse colpito talmente tanto lo spirito da farlo quasi frantumare, ma quello che lo spirito aveva perso, adesso si era attaccato al corpo di Hermione, come un parassita.



    - Cosa significa “non so dove si trova”? -sbottò Draco Malfoy, poggiando i palmi delle mani sulla scrivania.
    Harry Potter sospirò. - Malfoy te l’ho già detto. Hermione non ne vuole sapere. -
    Draco Malfoy era incredulo. Non poteva dire di essere stato un grande amico di Hermione Granger, anzi, ma non riusciva a credere come una strega come lei potesse aver deciso di lasciar perdere quella situazione che stava logorando il ministero dall’interno. Insomma, persino Draco Malfoy aveva deciso di darsi da fare e a collaborare con Potter, pur di ottenere un risultato, ed Hermione si tirava indietro?
    C’era qualcosa che Potter non gli stava dicendo, ma Draco aveva proprio intenzione di scoprirlo. - La morte di Ron l’ha distrutta.. - Si, si. Era almeno la dodicesima volta che lo ripeteva.
    Eppure c’era qualcosa che non quadrava, insomma, Draco non se le beveva. Uscì dall’ufficio del Capo Auror e camminò spedito verso l’Ufficio di un’altra persona, qualcuno che doveva un favore.
    Spalancò la porta senza neanche bussare, e trovò il suddetto Marcus Flitt pendere dalla scollatura di una dolcissima segretaria del Ministero.
    - Flitt, vorrei ricordati di come sono riuscito a far in modo che tua moglie non ti scoprisse con la testa in mezzo al petto di questa graziosa ragazza. - sorrise, sedendosi sulla poltrona davanti a Flitt.
    - Draco, capiti sempre a fagiolo. - disse ironicamente l’uomo dai denti storti. Era sempre stato piuttosto brutto, ma era stato bravo a Quidditch: e dopo aver accumulato una grande cifra di denari, aver sposato una francese non purosangue, ed essersi rotto il polso sette volte, Marcus Flitt si era ritirato al Ministero, dove era il Capo dell’organo Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici.
    - Che ti serve? -
    Chiese, facendo un cenno alla signorina, indicandole di lasciare la stanza. Draco sorrise alla segretaria maliziosamente, e poi tornò al suo obiettivo.
    - Mi servirebbe un indirizzo. -
    - Non puoi farlo da solo? -
    Draco inarcò un sopracciglio. - Voglio che non si sappia che sono stato io a cercarlo. E lo chiedo a te perché so quanto sei ben conosciuto fra le segretarie di questo Ministero, e non voglio essere io a sporcarmi le mani, non so se mi spiego. - Ghignò, accavallando una gamba sull’altra e aggiustandosi la giacca.
    - Avanti. Di chi sarebbe questo indirizzo? -
    - Hermione Granger. -

    Dopo aver ottenuto l’indirizzo, Draco Malfoy si materializzò nei pressi di una Londra babbana. Percorse qualche isolato, trattenendosi dal guardar con ribrezzo quei babbani che poco apprezzava. Si trovò davanti ad una casa modesta, grigia, e nascosta dalla vita frenetica di Londra.
    Una volta arrivato davanti alla porta, Draco suonò tre volte il campanello.
    E attese.



    Capitolo 4
    Memories


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    Era passata una sola notte da quando Hermione era stata attaccata da quello spettro, eppure gli sembrava sempre che quell’essere potesse tormentarla ancora. Non era neanche uscita di casa a prendere il libro che il circolo dei lettori gli aveva mandato.
    Thierry, il postino, come al solito le aveva suonato per darle di mano il libro: faceva così solo con lei, Hermione lo faceva entrare e offriva lui una tazza di the caldo e qualche biscotto comprato al supermarket. Facevano due chiacchiere, e Thierry ogni volta si chiedeva se un giorno sarebbero potuti diventare più che due semplici amici che si incontrano una volta ogni due settimane. Più volte aveva desiderato darle un abbraccio piuttosto che un normale e formale bacio sulla guancia, più volte aveva immaginato Hermione sfilarsi il maglioncino rosa antico e sussurrargli che lo desiderava. Ma ogni volta le sue fantasie venivano smontate da un: “Ho molto da fare adesso, è stato un piacere, al prossimo mercoledì, Thierry.”
    E così Hermione tornava alla sue faccende domestiche.
    Hermione era immobile. Da quando lo spettro l’aveva attaccata, tutto il mondo sembrava esser morto. Sedeva, con le gambe al petto, davanti alla televisione e davanti ad una delle sue serie televisive preferite: Criminal Minds. Era una serie che trasmettevano ogni mercoledì alle venti di sera, ed Hermione non perdeva neanche una puntata, le piaceva provare ad indovinare chi fosse l’assassino, e cercava di comprendere ogni caratteristica del carattere del serial killer. Si immedesimava quasi completamente nel Dr. Reid, come lo chiamavano tutti, quel giovane so-tutto-io che tanto le ricordava se stessa quando ad Hogwarts insieme ad Harry e Ron indagava sulle stranezze che accadevano al castello, e lei faceva la parte di Reid. Saputella e con geniali intuizioni.
    Quando suonò il campanello, Hermione sussultò. Guardò la porta in legno battuto e non si mosse dal suo divanetto davanti alla televisione.
    E mentre Hermione si domandava chi ci fosse dietro la porta, la puntata di Criminal Minds finiva, con la voce di Reid:
    Stephen King una volta disse, "I mostri sono reali. Anche i fantasmi sono reali. Vivono dentro di noi e, a volte, vincono."
    Hermione guardo Spencer Reid sullo schermo, e per un attimo si chiese se quella frase era indirizzata proprio a lei. Pensò che lui non avrebbe mai permesso ai mostri di vivere dentro di lui, e nemmeno lei avrebbe dovuto farlo.
    Ma stava lasciando che le sue paure e i suoi tormenti vivessero dentro di lei. I fantasmi, stavano iniziando a costruirsi una casa dentro di lei, e si alimentavano con lei sue parole.
    Non vincerete questa volta, non con me.
    Hermione aprì la porta, senza nemmeno guardare nello spioncino.
    La persona che si trovò davanti, non gli era passata minimamente per la testa.
    A dire la verità, Hermione aveva praticamente rimosso quei capelli biondi e quel ghigno malefico dalla sua vita.
    - Ehi. –
    I capelli biondi avevano parlato.
    Draco Malfoy aveva parlato.


    Non avrebbe mai pensato che Hermione Granger potesse vivere in una casa così grigia. Non è che ci avesse pensato nella sua vita, ma ora che si trovava davanti, gli faceva un po’ strano. Insomma, alla fine si era sposata un Weasley – anche se ora era morto – di certo non poteva vivere nel lusso, ma quella casa era proprio triste e lugubre. Pensò che Hermione forse non aveva superato la morte del marito, ma di certo non pensava che si sarebbe lasciata andare così… aspettando che la morte prendesse anche lei.
    Quando la Granger aprì la porta, Draco si trovò davanti una Hermione Granger cresciuta, maturata, ma stanca e quasi senza vita. Si trovò davanti la persona con cui – sebbene non per amicizia – aveva passato la maggior parte dei giorni a scuola. Già, perché nel bene o nel male, se gli avessero chiesto con chi avesse passato la maggior degli anni, Draco avrebbe pensato sicuramente a Zabini, a Pansy, a Daphne, Nott, Tiger e Goyle, ma alla fine c’era anche lei. C’era anche Hermione. C’erano le litigate fra i corridoi, gli schiantesimi, il voler superare l’altro, parità di voti, c’erano gli sguardi d’odio. C’erano i problemi di sangue, due casate differenti, due famiglie diverse. C’era odio, astio, ma alla fine entrambi, ne avrebbero avuto il ricordo, anche se nel male. Draco le guardò i capelli, e ricordò di come e quanto li aveva presi in giro.
    “Non c’è un modo per tenere a bada quei capelli, Granger? Sono forse loro che spaventano tutti i ragazzi di Hogwarts?”
    Draco non era stato una bella persona, non con lei. Draco non lo era e basta. Non lo era prima e non lo era anche adesso. La vita è fatta di scelte, e Draco ha sempre preso quelle che – per altri – erano sbagliate. Forse guardando indietro, anche egli stesso pensa di non aver scelto esattamente le cose migliori, ma lo aveva fatto, e le sue scelte lo avevano reso com’è adesso. Un po’ si era pentito, ma non era poi cambiato così tanto.
    - Ehi -
    Era questo che Draco Malfoy era riuscito a tirar fuori dalla sua bocca.
    Un semplice Ehi.
    I due nemici non si vedevano da anni, e non sapevano che dire.
    Che diavolo ci faceva, li, in effetti?
    - Ehi -
    Si sentì rispondere. Fu allora che comprese che lei si chiedeva la stessa identica cosa: che diavolo ci faceva li?
    Hermione fece un passo indietro e con un gesto della mano lo invitò ad entrare in casa sua. Un tempo non l’avrebbe mai fatto, eppure adesso, in qualche modo, gli era quasi venuto naturale.
    Cosa diavolo stava succedendo? Perché Hermione l’aveva invitato a casa sua e lui stava semplicemente entrando?
    Draco non proferì parola ed entrò nella casa di Hermione.
    Fu invaso da un profumo caldo, accogliente, e dolce. Un profumo di casa. Quel profumo che Draco non aveva mai sentito in vita sua. Guardandosi attorno vide molte librerie, piene zeppe di libri. Osservò che ogni oggetto era messo al suo posto, come se fosse li da cent’anni. Come se alla fine tutti quegli oggetti fossero inutili suppellettili di bella presenza. Quella casa non era viva.
    E non lo era nemmeno Hermione.
    Aveva visto tutti i sentimenti su di lei: odio, gioia, orgoglioso, soddisfazione. Ma non aveva mai visto quello sguardo, non aveva mai visto il vuoto, negli occhi della Granger.
    - Quindi questa è casa tua. -
    - Cosa vuoi, Malfoy? -
    Tagliò corto lei, improvvisamente.
    Già. Come dimenticarsi infondo. Lui era un Malfoy, lei era la Granger.
    Non potevano semplicemente sedersi a tavola e parlare.
    - Mi piacerebbe sapere perché hai detto a Potter che non hai intenzione di scoprire cosa sta succedendo al mondo magico. -
    - Non è affar mio. Se sei venuto a persuadermi, quella è la porta. Non credo che tu sia nella condizione per convincermi, Malfoy. L’ultima volta che ho controllato, mi risulta che ci odiassimo. -
    Draco ghignò appena.
    - Mi sorprende il fatto che tu pensi che io sia venuto per farlo -
    Hermione portò le braccia al petto.
    - E allora perché sei qui? -
    Draco si prese tempo per rispondere. Per riflettere. E mentre lo faceva, il suo sguardo si posò sul lavandino della cucina, pieno di cocci di un oggetto che poteva essere un bicchiere, o un tazza.
    - Come mai non l’hai riparato? Ricordo che fossi una delle più brave con l’Incantesimo Reparo. -
    Hermione scrollò le spalle.
    - Non c’è niente di incantato qui dentro. -
    La ragazza sbruffò appena.
    - Harry non te l’ha detto? Ho smesso di praticare magia. -
    Draco rimase interdetto.
    - Tu… cosa? Granger, ti ha dato di testa il cervello? -
    - Oh, non penso proprio. Non riesco più a fare un incantesimo. -
    Il biondo inarcò un sopracciglio.
    - Cioè tu mi stai dicendo che tu, Hermione Granger, colei che molte persone hanno definito la miglior strega del suo anno, non sa praticare un incantesimo? – ghignò.
    - Avanti, Granger. A me sembra solo che tu sia spaventata. -
    - Tu non sai niente di me. -
    Draco la fissò.
    In effetti forse non conosceva la nuova Hermione, ma poteva dire di conoscere quella vecchia.
    - Già. Forse non conosco questa Granger. Ma posso dire di aver passato anni a detestare quella vecchia. Non so te, ma io conosco molto bene i miei nemici, Granger. E la Grifondoro che conoscevo io non avrebbe mai rinunciato alla magia. -
    - Evidentemente ti sbagli, Malfoy. -
    - Si, evidentemente si. Sono deluso, Granger. Devo ammetterlo. -
    - Non si vive per accontentare gli altri – scrollò le spalle la ragazza, abbassando lo sguardo sul pavimento.
    - Babbani infiltrati al ministero. Morti per cause apparentemente naturali, ma non è ovviamente così. Il mondo magico sta per essere scoperto. E tu mi dici che questo non ti tocca? –
    - Per nulla -
    Draco la guardò negli occhi.
    - Sai una cosa, Granger? – Iniziò, avvicinandosi a lei.
    - Pensavo che le tue conoscenze in fatto di babbani mi avrebbero aiutato. Per questo sono venuto qui, ero già convinto che sapessi della situazione, e volevo ottenere delle informazioni.
    Poi quando ti ho visto, ho visto un’altra Granger. Non so che cosa ti sia successo, e non mi interessa saperlo. Sono fatti tuoi, ma posso dirti che se Harry Potter ti compatisce, ti accarezza il volto e ti dice che gli dispiace, ma che ti capisce, io ti dico che no, non ti capisco.
    Anzi, io penso che tu sia una codarda, Granger.
    Pensi di poter vivere una vita così? Tu non sei questa persona. Fingi di vivere una vita che non è tua. Una vita che è solo una corsa lenta verso la morte. Si vive solo una volta, mezzosangue -
    - Non azzardarti a chiamarmi così, Malfoy! -
    - Se no? Senza bacchetta non sei una minaccia, sei alquanto inutile in effetti. Se da adolescente potevo dire di considerarti un abile nemico con la bacchetta, ora posso dire che non vali nulla. -
    - Tu.. Adesso basta! Non ti permetto di parlare in questo modo! -
    - La verità ti fa male, Granger? -
    Draco fece qualche passo avanti.
    - Sei una codarda Hermione Granger. E pensare che il serpeverde qui ero io.
    Forse il cappello magico ha sbagliato a smistarti.
    Dovevi finire a Tassorosso.
    Fra le persone inutili -
    Hermione fece un passo avanti, fino a trovarsi ad un palmo da lui.
    - Io, inutile? Ti ricordo che sono stata io ad aver affiancato Harry Potter nella seconda guerra magica, io sono stata torturata da tua zia, io ho contribuito alla sua morte e a quella di Voldemort, io ho fatto in modo che il mondo magico non finisse a pezzi a causa di quelli come te che hanno passato la vita nella tristezza, e nell’oscurità. Io ho lottato fino alla fine, senza mai arrendermi. Io ho creduto nella magia.
    Io sono importante per il mondo magico. –
    Aveva sbottato Hermione, senza prendere respiro. Allora Draco aveva sorriso. Aveva sorriso – se così si poteva chiamare quel ghigno divertito – perché il suo piano aveva funzionato. Il problema era che Hermione non si sentiva più abbastanza: dopo la morte del marito aveva perso fiducia in se stessa, e Draco voleva fargliela riprendere. Quale miglior modo se non quello di farglielo capire da sola? Lui la conosceva.
    Per quanto potessero odiarsi, detestarsi, loro conoscevano una gran parte l’uno dell’altro.
    Malfoy fece un passo indietro, mentre Hermione respirava quasi con affanno, visto che aveva parlato senza mai stopparsi. Andò verso la porta dove poco tempo fa era entrato, la aprì, e poi si voltò un attimo. Hermione era rimasta proprio dov’era.
    - Ripara quella tazza, mezzosangue -
    E poi scomparve nell’oscurità della notte di Londra.


    Non riusciva a credere se quello fosse successo davvero o se era solo frutto della sua immaginazione. Fra tutte le persone che avrebbero potuto convincerla a prendere in mano la bacchetta, proprio Malfoy ci era riuscito. Sempre in modo subdolo e scaltro, ma cosa ci si poteva aspettare da un ex serpeverde?
    Il ragazzo che le aveva rovinato la vita, che aveva fatto in modo che lei vivesse con la paura di non essere abbastanza, di essere sbagliata. Il ragazzo che però l’aveva fatta crescere. Non con frasi incoraggiatrici e con carezze, o no, lui l’aveva presa a schiaffi, l’aveva fatta cadere ogni volta, soprattutto quando tentava di rialzarsi. Ma alla fine Hermione si era alzata tante volte, fino a quando aveva smesso di cadere, dando una lezione a Malfoy. Era cresciuta, grazie a lui. Con la competizione, l’odio, Hermione era diventata una donna.
    Prese la bacchetta, la puntò contro i cocci della tazza e formulò l’incantesimo Reparo.
    Con scarsi risultati.
    Provò di nuovo.
    Nulla.
    Avanti Hermione, devi crederci.

    Alla settima volta, Hermione riuscì a riparare l’oggetto. Scoprì con gioia che era ancora tremendamente abile con quell’incantesimo.
    Guardò la bacchetta e poi sorrise.
    Quando si rimise a letto, Hermione era tranquilla. Non c’erano più ansie a tormentarla, ma solo una gran voglia di lottare, voglia di mettere fine all’ennesima forza che tentava di piegare il mondo magico.
    Questa volta sarebbe stato più difficile, perché Hermione era in piedi. Salda come una colonna greca.


    Capitolo 5
    Before Christmas Eve



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    - Buone vacanze, Harry! -
    Aveva sorriso Penelope Light, una delle sue colleghe che lavorava al Ministero. Oltre ad essere un Auror, Penelope si interessava molto ad altri scompartimenti del Ministero della Magia. Tante volte infatti lei sostituiva i malati, o aiutava chi era troppo impegnato. Inoltre istruiva tutti gli apprendisti e aveva persino il tempo di portare uno Sciroppo di Ciliegia ad Harry. Era senza dubbio una delle donne più preparate del Ministero, impiegava il suo tempo a lavoro perché a casa non aveva nessuno che l’aspettasse: non si era sposata e viveva da sola in una modesta casa nella Londra Magica: malata della pulizia e dell’ordine incantava gli oggetti affinché si pulissero da soli e quando la gente le chiedeva perché non si fosse sposata, lei semplicemente rispondeva che si era sposata la conoscenza.
    Non c’era cosa che Penelope non sapesse. Era forse persino irritante, la sua conoscenza.
    Ma Harry Potter voleva bene a tutti, e la maggior parte delle persone voleva bene anche a lui. Lui e Penelope erano quasi sempre gli ultimi ad uscire dal Ministero prima che chiudesse: molti non vedevano l’ora di uscire da quel posto, mentre Harry e Penelope avevano troppe cose da fare, e spesso si dimenticavano di guardare l’orologio.
    - Anche a te, Penelope! – sorrise, e poi si materializzò a Godric’s Hollow.
    Ogni volta che vedeva quel palo magico della luce illuminare la sua abitazione, Harry si sentiva a casa. Comprare una casa a Godric’s Hollow era stata una delle migliori decisioni che avesse mai fatto, dopo aver sposato Ginny. Da fuori, Harry vedeva Ginny sventolare la bacchetta qua e la, ordinando gli oggetti al proprio posto. Quando entrò, andò verso sua moglie, che non avendolo sentito entrare, lasciò cadere la tazza dove James poco fa aveva bevuto il suo succo di zucca. Harry prontamente puntò la bacchetta contro la tazza, in modo che non cadesse per terra, facendo un gran baccano e svegliando i bambini.
    Ginny ed Harry sorrisero all’unisono. Harry appoggiò borsa e cappotto sul divano poi andò verso Ginny e la stampò un bacio sulle labbra.
    - Ciao tesoro – aveva detto Ginny proprio sulle sue labbra. – I bambini dormono. James voleva aspettarti a tutti a costi. Poi si è addormentato con le Fiabe di Beda e il Bardo fra le mani. Voleva che gliele leggessi. -
    Harry sorrise.
    - Ho fatto tardi a lavoro. Ultimamente sto passando troppo tempo li. Forse prenderò qualche giorno… insomma, prima di Natale. -
    - No Harry! Come farà il Ministero senza il grande Harry Potter? – sorrise Ginny, per poi poggiare le mani sul suo collo.
    - Harry, i bambini dormono… Pensavo che magari potevamo prendere un po’ di tempo… per noi.. –
    Harry aveva sorriso, un sorriso autentico.
    Quel sorriso che aveva permesso ad Harry giovane di sconfiggere Voldemort.
    Il prescelto prese la sua donna in braccio e la portò in camera da letto. Una volta varcata la soglia, Harry aveva adagiato sua moglie sul letto, la quale si era sfilata di dosso il maglione color magenta di dosso. Aveva fatto segno ad Harry di avvicinarsi, ridendo, e suo marito aveva sorriso, avvicinandosi su di lei, poggiandosi sul letto con i gomiti. Aveva preso a baciarla lentamente, con dolcezza, ma allo stesso tempo con desiderio: desiderio di far l’amore con l’unica donna che avesse mai amato in vita sua: la madre dei suoi figli. Ginny Wealsey in Potter affondò le dita nei capelli del primo amore della sua vita – e l’ultimo – e ricambiò i suoi baci.
    Poi, le urla della piccola Lily affondarono tutti i desideri dei due genitori. Risero, insieme.
    Avere un po’ di intimità con tre bambini piccoli non era semplice. Ginny fece per alzarsi dal letto, ma Harry la fermò.
    - Tranquilla, vado io. –


    Domani sarebbe stata la vigilia di Natale.
    E Draco non aveva nessuno con cui passarla.
    In effetti Blaise e Daphne lo invitavano sempre a casa loro, ma Draco rifiutava. Non gli piaceva dover interrompere la loro intimità: Draco sapeva di essere il benvenuto in quella casa, ma pensava che Blaise e Daphne meritassero un po’ di tempo per loro, soprattutto adesso che Daphne portava in grembo un erede Zabini. Sarebbe sicuramente passato a casa loro il giorno di Natale, avrebbe consegnato a Blaise e Daphne un regalo, e poi sarebbe andato via dopo che Daphne avrebbe insistito – invano – che lui restasse per la cena, insieme alla famiglia di lei. Draco aveva rifiutato di sposare Astoria, ma lei non ne aveva sofferto più di tanto: i matrimoni combinati non piacevano nemmeno a lei, perciò far cena con la famiglia Greengrass sarebbe stata alquanto imbarazzante.
    Dopo aver fatto esplodere con la bacchetta la sveglia che aveva disturbato i suoi piacevoli sogni, Draco si rigirò nel letto, stanco, reduce di una sbronza persa e di una notte giocata con Theo a poker.
    - Padrone.. Un gufo per lei, padron Malfoy. -
    La voce gracchiante di Alyion – il suo elfo – lo fece innervosire ancora di più. Aprì gli occhi, rendendosi conto troppo tardi che quella bestia poco importante aveva aperto la finestra – per far entrare il gufo – facendo entrare la luce del sole che colpiva a morte Draco Malfoy. Prese la bacchetta dal comodino e la puntò verso le tende grige-argento, che obbedienti, si richiusero.
    - Non azzardarti a svegliarmi in questo modo mai più, stupido elfo. O la prossima volta punterò la bacchetta verso di te – disse, indicando la sveglia rotta in mille pezzi sul pavimento.
    - Si padrone, Alyion si scusa moltissimo. Alyion può fare qualcosa per voi, padron Malfoy? -
    Ma Draco non lo stava più ascoltando, perché la sua attenzione, adesso, era da un’altra parte.
    La calligrafia ordinata di Zabini era dipinta sulla lettera che il gufo aveva poggiato sul comodino, prima di volar via.
    Lei chiede di te.

    Draco Malfoy abbassò lo sguardo, lentamente, poggiando la lettera dentro il cassetto del comodino accanto al suo letto a baldacchino. Senza rispondere all’elfo che lo guardava, paziente di ricevere un ordine, il biondo andò verso il suo moderno bagno. Dopo essersi tolto di dosso il suo pigiama di seta, Draco entrò nella vasca da bagno di architettura ottocentesca, e si immerse profondamente, fino ai capelli. Dopo qualche secondo il tormentato Draco riemerse, passandosi velocemente una mano sui capelli biondo cenere.
    Quei capelli che erano etichetta della sua famiglia, della sua origine.
    Uscito dalla vasca, Draco si vestì con cura, e mentre si guardava allo specchio, si materializzò dove la testa lo portava.
    Dove il cuore lo portava.





    Svegliarsi non era mai stato così bello, per Hermione.
    O almeno, per quell’Hermione che aveva deciso di recuperare la magia. Gli era venuto in mente Ron, fra un incantesimo e un altro, e si era stranamente resa conto che non faceva più male. Si era improvvisamente resa conto che Ron l’avrebbe preferita così: contenta.
    In pace con la magia.
    Ancora non riusciva a credere che era tornata così grazie a lui, grazie a Draco Malfoy.
    Insomma, fra tutte le persone possibili non avrebbe mai immaginato che proprio lui le avrebbe aperto gli occhi. Aveva usato il suo solito metodo furbo, scaltro, tipico di un serpeverde, ma alla fine aveva ottenuto il suo obiettivo: e questa volta il suo obiettivo non aveva fatto del male a nessuno, anzi.
    Che Draco Malfoy fosse diventato una brava persona?
    No, questo non era nemmeno da mettere in questione.
    Draco Malfoy non era una brava persona.
    Hermione annuì convinta ai suoi pensieri. Una volta in piedi, dopo aver fatto un’abbondante colazione – era forse la magia che le metteva tutta quella fame? – la Granger prese il telefono – quell’oggetto babbano con cui Hermione comunicava con i suoi conoscenti babbani – e chiamò la persona che avrebbe alleggerito la sua giornata.
    - Ciao Markus, sono io. Hermione – disse mentre con la bacchetta metteva in ordine felicemente i suoi libri sparsi per la casa.
    - Volevo dirti che ho preso un brutto raffreddore – Hermione tossì – e oggi non riesco a venire in Studio. Puoi andarci tu? – chiese.
    - Grazie, Markus. Puoi chiudere prima. Passa delle buone vacanze e salutami Meredith! –
    Poi Hermione fece un’altra serie di telefonate, avvertendo che quel giorno lei aveva la febbre.
    Hermione Granger non sarebbe stata reperibile per un po’.





    Il San Mungo era sempre stato un posto particolarmente inquietante.
    Forse lo era solo per Draco Malfoy, che aveva sempre avuto paura degli aghi e di ferite malmesse.
    Quella volta che Tyger si era spaccato la spalla, Draco era svenuto e quando si era ripreso per poco non aveva vomitato il pranzo di Hogwarts. Quelle cose gli facevano proprio schifo: inoltre, in fatto di sangue, Draco era sempre stato piuttosto schizzinoso.
    Quando entrò, una delle giovani infermiere diede una gomitata a quella che aveva accanto. Insieme sorrisero, con le gote rosse per l’imbarazzo.
    - Buongiorno. – Sorrise, mellifluo.
    - Dove posso trovare Blaise Zabini? -
    Chiese, ad una delle due giovani imbarazzate.
    - Ehm, glielo chiamo subito, signor Malfoy. – L’infermiera dai capelli corvini gli fece un sorrisetto malizioso, e poi agitò la bacchetta sulla sua gola: - Il signor Zabini è richiesto alla Reception – e la voce divagò per tutto l’ospedale.
    Draco abbassò appena la testa in segno di approvazione, e poi ricambiò quel sorrisetto furbo.
    Blaise arrivò dopo poco tempo: sapeva che Draco si sarebbe fiondato li non appena avrebbe ricevuto la lettera.
    I due amici lasciarono perdere i convenevoli: a loro bastava un solo sguardo per capirsi e per salutarsi.
    - Ti accompagno – disse prontamente Blaise, intraprendendo una strada del corridoio dell’ospedale.
    Una volta arrivati, Draco osservò attentamente una donna leggere un libro, completamente estraniata dal mondo intero.
    - Continuava a ripetere il tuo nome. Diceva che doveva proteggerti. Dal Natale -
    Draco abbassò lo sguardo.
    - Grazie, Blaise. -
    Zabini abbassò lo sguardo e sorrise appena, poi tornò alle sue faccende.

    Quando Draco entrò nella stanza, lo sguardo della donna s’illuminò.
    Lei sorrise.
    E Draco e fece lo stesso.
    - Ciao, mamma. -




    Sebbene avesse ripreso con la magia, Hermione non se la sentiva ad utilizzare la materializzazione. Era sempre stato un incantesimo impegnativo, e utilizzarlo dopo tutto quel tempo le sembrava un rischio che poteva evitare di correre. Lei, Hermione Granger, aveva deciso che avrebbe raggiunto il Ministero della Magia a piedi, schiarendosi le idee e preparando il discorso da fare al suo migliore amico.
    Una volta arrivata a quell’edificio londinese dove si sarebbe – più o meno volentieri – scaricata da uno dei bagni che nessuno più utilizzava per la loro funzione propria.
    Osservò parecchia gente mettersi in coda per accedere al Ministero, in fila ordinata, senza proferir parola.
    Le venne quasi da ridere nel vedere tutte quelle persone guardare dritto e scaricarsi dentro ad un wc.
    Non lo faceva da così tanto tempo che era diventato persino divertente.
    Quando arrivò il suo turno, Hermione entrò, e mettendosi in piedi sul gabinetto
    - Andiamo, Hermione – si disse
    Tirò lo sciacquone.

    - E’ Hermione Granger! -
    - Si ti dico! Proprio lei! -
    - Hermione! -
    La Granger non poteva far a meno di sorridere sentendo quelle parole. Le persone la riconoscevano.
    Era quello il suo posto, lo era sempre stato.
    Camminò a passo spedito verso uno degli ascensori, cercando di evitare il più possibile tutte quelle persone. La maggior parte di loro erano giornalisti della Gazzetta: fremevano al pensiero di poter ricevere un’intervista da lei.
    Hermione Granger torna al Ministero dopo un lungo periodo d’assenza.
    Hermione rabbrividì al pensiero.





    - Tesoro -
    Narcissa Malfoy aveva sorriso a trentadue denti. – Tesoro sei venuto. -
    - Sì. – Aveva mormorato Draco. – Scusa se non sono venuto a trovarti spesso ultimamente. Ho avuto un po’ di cose da fare. - sospirò. – Hai ricevuto le mie lettere, però? -
    - Oh sì, Draco. Le ho rilette almeno venti volte, amore mio. -
    Sembrava così pura, così dolce. E Draco l’aveva rinchiusa in quell’ospedale perché era incapace di badare ai suoi deliri.
    Incapace di capirla: e di guardarla andare in crisi.
    Così aveva deciso che non sarebbe stato lui a dover guardare sua madre impazzire, ma i guaritori del San Mungo.
    Codardo.
    Ancora una volta, Draco non aveva avuto il coraggio di affrontare le sue paura.
    - Questa volta il Natale non ti farà niente, Draco. Te lo prometto. -
    La donna annuiva nervosamente. – Lui non c’è più. Potrai comprare tutti i giochi che vuoi.. -
    E mentre delirava, sua madre le accarezzava il volto.
    Ma quello che Draco vedeva negli occhi di sua madre era il vuoto: vuoto totale.
    Il ragazzo abbassò lo sguardo, sospirando, mentre i ricordi della sua infanzia si disegnavano nella sua mente..

    Un piccolo bambino dagli occhi grigi e i capelli biondi scendeva le maestose scale trotterellando. Una volta che finì di scendere, corse velocemente verso l’albero di natale.
    - Sono arrivati i regali degli zii? Quando andremo a prendere il mio regalo? – Il bambino adesso stava tirando nervosamente la camicia della madre.
    Narcissa sorrideva. – Su, Draco. Non essere impaziente. Ci andremo adesso, è questione di pochi minuti. Stiamo aspettando che tuo padre torni da lavoro. -
    - Uffa! Mamma! Ma io lo voglio adesso! – aveva quasi ringhiato il bambino.
    - Draco! – Lo aveva subito ripreso Narcissa.
    - Uffa, va bene. – aveva replicato il piccolo Draco, con la voce triste.
    Quando Lucius Malfoy era apparso – materializzandosi davanti alla porta di Malfoy Manor – il volto del bimbo si era illuminato.
    - Papà! Finalmente sei tornato! Presto, andiamo da Zonko! Dobbiamo ancora acquistare il mio regalo! – Il piccolo Draco camminava sul pavimento, saltellando qua e la evitando le righe orizzontali del pavimento: era un gioco che lui e Blaise avevano inventato: se avessero pestato le righe, sarebbero caduti in un fuoco eterno.
    - Draco, smettila di saltellare in… questo modo. – Lucius aveva tirato fuori la bacchetta e con disprezzo l’aveva puntata verso il pavimento. – Così la smetterai di fare quello stupido gioco. -
    Draco si era fermato, mortificato.
    - Ma papà… -
    - Niente ma, Draco. Così la smetterai di comportarti come uno sciocco. Il tuo regalo l’ho già comprato io. -
    Lucius poggiò un pacchetto sotto l’albero di Natale.
    Il volto di Draco si rallegrò appena.
    - E’ uno degli scherzi di Zonko vero? Lo sapevo che mi avresti comprato qualcosa, grazie papà! – Il bimbo gli si era attaccato alle gambe.
    Ma quando Draco aveva aperto il pacco, aveva scoperto che il regalo non era niente di quello che si era aspettato. Non c’era un animale da compagnia: non un gatto, non un gufo. Non c’erano delle api frizzole incartate, non c’era uno dei più costosi trenini.
    C’erano gli scacchi.
    Gli inutili scacchi che Draco odiava.
    - Bisogna stimolare l’intelligenza da bambini. Un Malfoy non perde tempo con quelle sciocchezze – Aveva annuito Lucius, convinto.


    - Tu hai rovinato nostro figlio! – Narcissa Malfoy, adesso si era alzata, picchiando rumorosamente sul petto di Draco.
    La donna, l’aveva scambiato per Lucius. Ogni qualvolta sentisse parlare di suo marito, Narcissa colpiva ogni uomo dai capelli biondi, scambiandolo per Lucius Malfoy.
    - Brutto bastardo! -
    Draco aveva tentato invano di calmarla, ma alla fine erano intervenuti i guaritori: le avevano fatto ingerire a forza una pozione calmante, e Draco poi era scomparso.
    A testa bassa.
    Con il cuore a pezzi.


    - Hermione! -
    Una voce familiare l’accolse e l’abbraccio, calda come una coperta di lana.
    Come la sua coperta preferita.
    - Harry! – Aveva sorriso lei. – Che.. che ci fai qui, Herm? Pensavo… -
    - Già. Pensavi. C’è una cosa di cui vorrei parlarti, Harry. -
    Il sopravvissuto annui e la invitò nel suo studio.
    Hermione osservò le pareti: non c’erano quadri magici, era un normalissimo studio. Cosa si aspettava? Doveva essere particolare solo perché era dell’uomo che aveva sconfitto Voldemort?
    La Granger tirò fuori dalla sua borsetta un libro.
    Quel libro che fino a qualche giorno fa aveva suscitato così tanto scalpore.
    Lo porse ad Harry. – L’ho portato qualche giorno fa al circolo dei lettori. – Iniziò Hermione. – Una cosa babbana. Il punto è che quando l’ho tirato fuori, tutti sono rimasti meravigliati. L’hanno etichettato come il libro del demonio. – Lo sguardo di Harry si fece confuso.
    - Il demonio è, per i babbani, il male. Un po’ come per noi lo era una volta Voldemort. – Hermione annui ed Harry comprese. – Da quando ho capito, è stato ritirato dal commercio perché tutti coloro che lo leggevano morivano. O impazzivano. Quelli impazziti continuano a parlare di una luce verde. -
    - L’Avada Kedavra. – Aveva subito detto Harry.
    - Io l’ho letto, Harry. Tutti gli altri libri sono stati tolti dalle librerie: tranne questo. Quello che c’è scritto è assolutamente… - Hermione non sapeva nemmeno come descriverlo.
    - Ti leggo qualche passaggio. -
    - Mia sorella in questo diario scrive che le è arrivata una lettera, che dice che lei è destinata a frequentare la scuola di Magia & Stregoneria di Hogwarts. – Lo sguardo di Harry si fece più serio.
    - Così lessi il suo diario e scoprì che nel loro mondo noi umani veniamo chiamati babbani. Già. Babbani che vengono disprezzati, considerati peggio della faccia. Pensate che nel loro governo, quelli come noi li fanno fuori, carne da macello dove sperimentare quei loro incantesimi da quattro soldi.
    Vogliono abbatterci e conquistare Londra, chissà magari trasformarci in schiavi. -
    - Tutto ciò è senza senso! – Aveva sbottato Harry. – Quale babbano potrebbe sapere queste cose? -
    - Me lo sono chiesta anche io. Se fosse un mago ad averlo scritto? – Chiese, più a se stessa, che ad Harry. – Ma la cosa curiosa, è che il giorno dopo è venuto a trovarmi uno spettro. Una donna. – Lo sguardo di Hermione si fece più sottile, come se stesse rivedendo quella scena. – Sono sicura che volesse uccidermi, Harry. Come ha fatto con tutti gli altri che hanno letto quel libro. Ma non ha considerato che io.. insomma, che sono una strega. – Harry annui.
    - Come hai fatto a scacciarla? -
    - Inizialmente si è spaventata vedendo la bacchetta. Ma ero agitata e dopo tutti questi giorni senza magia… Insomma, ero in panico. Poi ho fatto l’unica cosa che mi sentivo di fare. -
    Harry la guardò.
    - Ho urlato. E lei è scomparsa. Come se si fosse distrutta. -
    - Al ministero non ne sapevamo nulla, insomma dei libri, attacchi ai babbani… -
    - Oh. -
    - Babbani al ministero, Hermione! Ecco perché non ne sapevamo nulla. Loro ce lo impedivano! -
    Hermione annuii. – E se utilizzassero quel libro come una guida? Se pensano davvero che noi vogliamo utilizzarli come schiavi? -
    La Granger si strinse nelle spalle: non lo sapeva.
    Ma Harry sapeva benissimo cosa fare. Quella situazione non si sarebbe risolta facilmente.
    Harry si allontanò dall’Ufficio per un attimo, ed Hermione decise di aspettarlo li: non aveva voglia di essere assalita da personaggi subdoli della Gazzetta del Profeta.

    Quando Harry entrò, Hermione scoprì con sorpresa, che non era solo.
    - Oh, Granger. Ultimamente ti vedo troppo spesso. -
    Quella voce.
    - Forse il destino vuole punirmi per le cattive azioni che ho commesso? -
    Harry lo guardò torvo, ed Hermione roteò gli occhi.
    Draco ghignò ed alzò le braccia al cielo, in segno di resa.
    - Harry? – fece la ragazza, interrogandosi del motivo per cui Harry aveva portato nella stanza Malfoy. Erano passati anni dalla fine della scuola, ma la visione di Malfoy non era per lei così tanto piacevole.
    Harry si schiarì la voce. – Bene. Qualunque cosa io stia per dire, non è discutibile. – Harry li fissò, ma stette a guardare un po’ più a lungo Hermione, forse perché lei era l’unica in quella stanza in grado di farlo.
    Draco fece una smorfia.
    - Ho convenuto che, questa situazione va analizzata al fondo. E il coinvolgere persone che non ne sanno nulla potrebbe far girare delle voci, diffondere il panico.
    E sappiamo bene quanto una folla in panico sia controproducente, agli scopi del Ministero. -
    Hermione annuii, e Draco si appoggiò meglio alla poltrona, mettendosi in una posizione quasi svaccata.
    Totalmente a suo agio.
    - Indagherete su questo caso, esclusivamente voi due. -
    Gli sguardi contrariati arrivarono subito, così come le loro lamentele.
    Harry puntò verso di loro la bacchetta, lanciando un Silencio. Il sopravvissuto sorrise, mentre la sua migliore amica e il suo nemico d’infanzia lo guardavano in cagnesco.
    - Andrete a trovare ogni vittima ancora viva di quel libro, o andrete a parlare con i parenti dei defunti. Dovrete scoprire qualcosa in più su quel libro, tutto quello che è necessario sapere. Chi l’ha scritto, chi l’ha letto, chi è quello spettro.
    E’ un ordine. -
    Il capo Auror aveva decretato la sua sentenza.
    - Se vi chiedete perché ho scelto proprio voi due – disse, guardando prima uno e poi l’altra – E’ perché non conosco persona che odi i babbani più di Draco Malfoy. E che non li voglia nel Ministero – disse, indicandolo e guardandolo.
    - E ho scelto te, Hermione, sia perché mi fido di te più che di me stesso e perché – aveva iniziato Harry,
    - Perché non conosci persona che conosca meglio i babbani -
    La voce di Draco aveva continuato per Harry.

    Lo sfregiato – così lo chiamava Draco – li aveva lasciati andare.
    Aveva lasciato una Hermione confusa e perplessa e un Draco che invece si chiedeva di quale libro Harry Potter stesse parlando. Una volta aperta la porta dell’Ufficio di Harry, una sfilza di giornalisti della Gazzetta fotografava Hermione Granger.
    Lei e il suo grande ritorno dopo un periodo d’assenza.
    Draco – con grande sorpresa di Hermione – si mise davanti alle fotocamere.
    - Non c’è nulla da vedere, signori. Fareste bene a tornare ai vostri dilettevoli interessi. – Disse, prendendo la Granger per il braccio e tirandola via di li.
    - Andiamo, Granger, a passo spedito. -
    E i due si ritirarono al primo camino magico, sparendo dalla vista di quelle vipere di Giornalisti.

    Quando si trovarono in mezzo alla Londra babbana, Granger e Malfoy furono costretti a ripararsi sotto i tetti di alcune case: pioveva a dirotto.
    Il cielo tremava, tuonava e lampeggiava.
    Non era proprio una bella giornata, per Londra. Un venditore di giornali continuava a ripetere a gran voce – Allerta Meteo! Allerta Meteo! Si consigliano i cittadini di non viaggiare in automobile. Metro, treni e pullman inattivi! -
    - Oh, fantastico. -
    Sospirò Hermione.
    - Cosa, Granger? – chiese il biondo, fissando con disprezzo quell’uomo che continuava ad urlare per la città.
    - Ma sei sordo, Malfoy? Non hai sentito che ha detto? – sbottò Hermione, nervosa.
    Draco alzò un sopracciglio, scettico.
    - Perché dovrebbe interessarti? Puoi tornare a casa usando la magia, Granger. -
    Disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
    Hermione incrociò le braccia al petto. – Preferirei non materializzarmi. Non lo faccio da molto tempo… E, sai… - disse, per poi alzare lo sguardo verso di lui.
    - Oh. Ma perché ne parlo con te? Perché dovrebbe anche minimamente interessarti? -
    Disse. – Beh, troverò un modo per tornare a casa. O affitterò una stanza d’albergo.
    Buonanotte, Malfoy. – Disse liquidandolo.
    Ma Draco Malfoy non si faceva certo abbandonare in quel modo.
    A dirla tutta lui non si faceva abbandonare e basta.
    Il biondo le afferrò il braccio.
    - Una stanza d’albergo? Davvero, Granger? – disse, ridacchiando appena.
    - Non penso di averne mai viste qua nei paraggi. Non è bene che una donna giovane vaghi per le strade scure di Londra, durante un temporale. -
    Hermione alzò un sopracciglio. – Cosa dovrei dunque fare, sentiamo. -
    - Casa mia è piena di letti, Granger. -


    Capitolo 6
    Presences



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    Lo sguardo di Hermione si era incupito.
    - Draco Malfoy. – Aveva sentenziato, come se lo avesse appena visto.
    - Trovi che sia divertente? -
    Draco si strinse nelle spalle.
    - Trovo divertente il fatto che tu non ti renda conto che sono dannatamente serio, Granger. -
    Hermione lo fissava attentamente, cercando di cogliere il minimo fallo nel suo sguardo: ma tutto ciò che vedeva era un ghigno palesemente divertito.
    - Mi stai invitando a passare la notte con te? -
    Draco si lasciò sfuggire una risata divertita.
    - Non ho mai detto che tu debba passare la notte con me Granger, ma se è proprio questo che vuoi… -
    Draco fu certo di averla sentita ringhiare, sotto quella massa di capelli.
    - Malfoy! – Aveva replicato. – Come ti salta in mente? Non volevo intendere quello, ovviamente. -
    - Ovviamente – aveva subito preso a dire lui, prendendola in giro.
    Ad Hermione sembrava di essere tornata ad Hogwarts, fra i banchi di scuola.
    - Perché mai dovresti invitarmi a casa tua, Malfoy? Soprattutto per tutta la notte. -
    Draco la guardò.
    - Mi hanno insegnato le buone maniere, Granger. -
    - Non nei miei confronti. -
    Draco si strinse nelle spalle.
    - Senti, mezzosangue – Draco la sentì ringhiare ancora e non riuscì a trattenersi dallo sfoggiare un sorrisetto – ti sto solo offrendo un letto dove passare la notte. Al posto di un albergo. Se tu fossi abbastanza furba accetteresti, piuttosto che guardarmi in questo modo scettico -
    Hermione distolse lo sguardo da lui.
    - Cosa ne ricavi? -
    - Assolutamente nulla, Granger. -
    Hermione lo scrutò.
    - Potresti smetterla? E’ alquanto irritante questo tuo sguardo indagatore, Granger. Mette pressione. -
    - Impossibile. Quando mai Draco Malfoy fa qualcosa senza doppi fini? -
    - Si o no, Granger? -
    Hermione lo guardò.
    - Sì.




    Hermione si era lasciata andare. Per un motivo apparentemente senza senso, la ragazza aveva deciso di accettare un invito dal suo nemico d’infanzia.
    Incredibile.
    Hermione poggiò la mano sul polso di Draco, e dopo essersi guardati – l’una in cagnesco, l’altro in modo divertito – si materializzarono davanti a Malfoy Manor. Quando furono davanti, Hermione si trovò di fronte ad un posto che le ricordava tante cose.
    Non propriamente belle.
    L’ingresso principale era rimasto invariato: stesso cancello austero e nero che con un colpo di bacchetta di Draco si aprì. Fecero qualche passo fino ad arrivare alla vera porta di quella maestosa villa: un grosso portone nero, antico.
    Draco lo aprì, senza entrare.
    - Dopo di te, Granger. -
    Aveva detto, facendo riemergere Hermione dai suoi pensieri.
    Una volta entrata, Hermione si trovò davanti ad una grande maestosità. Quando ci era venuta – molto tempo fa – aveva solo visto nero, oscurità. Quello che vedeva adesso era una villa austera ben arredata, principalmente di tre colori: nero, verde, argento.
    Draco doveva proprio tenere alle origini, se aveva decorato casa sua come una sala comune serpeverde. Si immerse ad osservare ogni oggetto di quella casa, in particolare le tende: erano di un tessuto spesso – in modo che filtrasse poca luce – e di un colore misto al verde e all’argento: un colore così bello, che Hermione dovette toccarlo per vedere se fosse vero.
    - Giù le mani! -
    Alyion, l’elfo, puntava severo lo sguardo verso Hermione, che sobbalzò al suono di quella voce gracchiante.
    - Alyion – sentenziò Draco, e l’elfo abbassò subito la testa. – E’ un ospite. E in quanto tale mi aspetto che tu la tratti meglio di me. -
    Hermione sgranò gli occhi.
    - Chiedi alla signorina Granger cosa desidera mangiare per cena. -
    Disse, per poi levarsi di dosso il cappotto, rivelando i suoi vestiti di marca.
    - Malfoy, sono contraria alla schiavizzazione degli elfi. -
    - Quindi? -
    Aveva replicato lui.
    - Quindi non dirò al tuo elfo cosa cucinare. Dovrebbe essere libero. -
    Draco scrollò le spalle.
    - Casa mia, regole mie, Granger. Se non cucina lui credo che moriremo di fame, questa sera. -
    Hermione lo fissò.
    - Potrei cucinare io. -
    Draco alzò lo sguardo verso di lei, ghignando.
    - Chi mi assicura che non tenterai di avvelenarmi? – chiese – Eri piuttosto brava a pozioni. Non quanto me, però. -
    - Sta’ zitto. Solo perché Piton ti adorava. -
    Draco sogghignò, poi si avvicinò a prendere il cappotto che Hermione si stava togliendo, dandolo con noncuranza ad Alyion, che subito lo portò in una stanza.
    - Malfoy, ma non hai nulla che serva per cucinare! Come fai? – Gli chiese, osservando tutto ciò che poteva vedere nella cucina.
    Sembrava che in quella cosa non ci fosse nulla, di utile, per lo meno.
    Draco, evidentemente, passava davvero poco tempo in quella casa.
    - Semplice: non lo faccio. –
    Ghignò.
    - Ti mostro la tua camera, Granger – disse, dirigendosi verso il corridoio e iniziando a salire le scale.
    Hermione lo seguì, un po’ più indietro, ancora intenta ad osservare quella casa che era piena di reminiscenze.
    Draco aprì una delle tante porte chiuse e le fece cenno di entrare, poi si appoggiò alla porta.
    - Spero sia di tuo gradimento, mezzosangue. -
    Hermione alzò gli occhi al cielo sentendo ancora una volta quella malefica etichetta, poi osservò attentamente la camera.
    Doveva essere almeno grande quanto la cucina: una grande libreria poggiava contro il muro, un maestoso letto matrimoniale era posto davanti ad essa, le lenzuola erano color argento, i cuscini verdi, e il copriletto nero e bianco. A sinistra una grossa finestra copriva tutta la parete: Hermione vedeva la pioggia adagiarsi al vetro e scivolare lentamente.
    E’ bellissima – pensò Hermione.
    Nella sua semplicità.
    - Va bene, Malfoy. -
    Si limitò a dire, lasciando perdere i complimenti.


    Alla fine Hermione lasciò che fosse l’elfo a cucinare: per quanto fosse contraria a quel genere di cose, gli sembrava che quell’elfo non fosse proprio così maltrattato.
    Forse Malfoy lo trattava bene?
    Non lo sapeva, ma qualcosa gli diceva che quell’elfo ne sapeva molto su Draco Malfoy, forse più di lei.
    Mentre aspettarono di mangiare e nell’atto stesso di cenare, Hermione e Draco parlarono esclusivamente di lavoro: di quel mistero che incombeva sul mondo magico.
    Non ci furono battute, battibecchi, sorrisetti, ghigni. C’erano stati solamente due colleghi di lavoro.

    Hermione guardò l’orologio appeso sopra un mobilio.
    - Beh, si è fatto tardi. Domani dovrò essere a casa presto, quindi sarebbe meglio andare a dormire. – Si alzò da tavola.
    - Buonanotte, Malfoy. – disse, senza guardarlo negli occhi.
    - Buonanotte, Granger. – rispose, apparentemente distratto.
    Hermione alzò lo sguardo verso di lui, lo guardò per un po’ e non vide più il ragazzino viziato che aveva conosciuto: vide un uomo, cresciuto e forse maturato.
    - Ehm, Malfoy? -
    - Si, mezzosangue? -
    Quasi si pentì di ciò che stava per fare, ciò che stava per dire.
    - Grazie. – Disse, decisa. – Di tutto. -
    Draco capì che quel grazie non era solo per l’ospitalità. Quel grazie era riferito anche alla notte scorsa, quando lui le aveva fatto capire che il ministero aveva bisogno di lei, che tutta la magia ne aveva bisogno: ma soprattutto, che Hermione aveva bisogno di tornare nel luogo dove era cresciuta.
    Nel mondo magico.
    Draco sorrise divertito.
    - Non abituartici, mezzosangue. – la guardò – Dopotutto, sono il ragazzo che ti ha rovinato la vita. -
    Draco le fece l’occhiolino e Hermione si strinse nelle spalle, sorrise appena e poi si ritirò nella sua stanza.



    Draco era rimasto per tutto il tempo seduto sul divano – ancora ben vestito – con in mano i fascicoli del caso. Draco Malfoy era al buio, con solo la luce fioca della sua bacchetta che illuminava le pagine che leggeva. Quella situazione gli sembrava molto strana, e il non avere delle ipotesi o delle tracce, lo innervosiva particolarmente. Era abituato ad avere tutto sotto mano, conoscere i suoi nemici, questa volta però non sapeva niente: era perso, nella sua ignoranza.
    Poco dopo allora si rese conto che Hermione aveva letto il libro, l’aveva letto ad Harry – o per lo meno in parte - ma lui non lo aveva ancora fatto. Poggiò i fascicoli sul tavolino e poi salì le scale: avrebbe letto quel libro.
    Trovò la porta della camera della mezzosangue aperta, bussò, ma in quella stanza non c’era nessuno. Ne approfitto per prendere il libro dalla copertina scura – si trovava in mezzo ad un mucchio di vestiti -
    Vestiti?
    Draco si accigliò. Andò verso il bagno, dove vi vide la luce accesa.
    Era lì.
    Fu – stranamente – sollevato.
    La porta di quel bagno era socchiusa: e Draco non resistette allo sbirciare.
    Hermione Granger indossava solamente un paio di Jeans, era voltata di schiena, quella schiena candida e snella.
    La Granger portò le mani alla schiena e slacciò il reggiseno bianco,
    puro,
    lasciandolo cadere a terra.
    Con le mani raccolse i capelli con un elastico, mostrando a Draco quel collo stretto, affusolato, che Draco in quel momento avrebbe riempito di baci.

    Cosa?

    Draco sbiancò. Davvero stava desiderando di baciare il collo della Granger? Perché non desiderava spezzarglielo?
    La Granger si mise di profilo, e Draco pensò di morire.
    Scorse il suo seno, bianco e roseo. Vide i suoi capezzoli turgidi, a causa del freddo.
    Era il seno di una donna, sodo, pieno: ma come aveva fatto a non notarlo prima? Dove l’aveva tenuto nascosto? Hermione si passò una mano sul seno, come una carezza.
    Draco s’irrigidì.
    No, no solo lui.
    Quando si accorse che qualcosa in mezzo alle sue gambe stava richiedendo attenzione, prese il libro e scese velocemente le scale, cercando di liberarsi da quei pensieri malvagi.
    Si, erano malvagi.


    Prese il libro fra le mani, ma l’unica cosa che continuava a venirgli in mente era la Granger che si spogliava tranquilla dei suoi abiti.
    Dannazione.
    Sto impazzendo.
    Stava davvero pensando di aver mangiato del veleno.
    Poi prese coraggio – quel coraggio che non pensava di avere – e iniziò a leggere quel libro, mentre Hermione Granger aveva trovato il modo di Trasfigurare la sua sciarpa in una lunga maglietta: avrebbe dormito con quella. Entrò nella sua stanza e sedette sul letto, quel letto dove forse nessun altro aveva dormito. Ma il suo sguardo fu attirato da un’altra cosa: il libro maledetto mancava dal suo posto.
    Si alzò immediatamente e prese a cercarlo nella stanza: ma di quel libro non c’era traccia.
    Poi, le venne in mente.
    Draco Malfoy.
    Scese nervosamente le scale così com’era, perdendo l’elastico – mentre correva sulle scale – liberando i capelli ribelli che esprimevano perfettamente la sua rabbia.
    - Ladro! – esordì, guardandolo leggere il libro.
    Malfoy sogghignò, senza alzare lo sguardo dal libro.
    - Direi, a mia difesa, che l’ho preso in prestito. Non avevo alcuna intenzione di rubarlo, Granger. Non è nel mio stile. – disse, alzando lo sguardo.
    Quando la guardò, Draco quasi sbiancò.
    Lo sguardo del biondo partì dai capelli – ribelli, dannatamente ed esageratamente ribelli – poi scese fino alle labbra: rosee, carnose: deliziose. Il collo affusolato che aveva desiderato fino a poco fa di poter baciare: quel maglione allargato fino alle ginocchia, maglione che metteva in evidenza le sue curve: quel seno che poco fa aveva visto a nudo, i fianchi sinuosi.
    Non c’era più la ragazzina che aveva conosciuto.
    C’era una donna.
    Poi vide le gambe,
    Quelle gambe.
    Snelle e formose, quelle gambe che lei aveva coperto – senza pietà e con malvagità in tutti quegli anni – ma adesso erano nude, scoperte. Lisce.
    - Granger. – Disse, con la voce gutturale.
    - Copriti. – Tossì.
    Ma la ex grifondoro non lo ascoltò, si avvicinò e gli strappò il libro dalle mani.
    - Dovresti imparare a chiederle, le cose, Malfoy. -
    - E’ solo un libro Granger, te lo avrei ridato domani. -
    Ma Draco non era nemmeno in vena di ribattere: la sua attenzione, il suo interesse era attratto dalla donna che aveva davanti.
    E ancora non riusciva a crederci.
    Lei non disse nulla, e salì a passi spediti verso la sua camera, mentre Draco rimaneva ammaliato dal suo fondoschiena.
    Mentre rimaneva ammaliato da Lei.




    Spesso Draco aveva passato le notti in bianco, ma quella volta la situazione era più pericolosa di quanto immaginasse. Avevo lo sguardo perso nel corpo della Granger, pensava di spogliarla, sognava di accarezzarla, baciarla, lambirla. Se prima, da adolescente, si sarebbe suicidato piuttosto che toccarla, adesso invece si sarebbe suicidato pur di toccarla.
    Si passò nervosamente una mano fra i capelli e sospirò.
    Era malato? La Granger gli aveva fatto un sortilegio?
    Pozione dell’amore nel cibo?
    Ma a che scopo, poi?
    Era impossibile. I suoi pensieri su di lei non erano cambiati del tutto: la Granger era pur sempre la mezzosangue adolescente che aveva odiato, la so-tutto-io con cui era sempre in competizione e che l’aveva rovinato, la sfigata di turno, secchiona e irritabile; ma se prima la vedeva come anche una brutta ciospa che solo Lenticchia si sarebbe preso, adesso vedeva nella Granger una leonessa seducente.
    Forse si era solamente reso conto che la Granger era una donna, ed era anche bella?
    Salazar.
    Doveva essere sicuramente stato stregato.
    Improvvisamente, una figura oscura apparve ai piedi del letto.
    Draco rimase immobile: pietrificato. La presenza oscura indossava una maschera, mentre gli occhi brillavano di un rosso acceso.
    Draco si strinse nel letto, cercando nervosamente la bacchetta, quando la trovò, la puntò minacciosamente verso quella presenza che sembrava fluttuare nel vento.
    Ma ella con un solo gesto della mano fece cadere la bacchetta di Draco e si avvicinò a lui, poggiandogli una mano sulla guancia ed immobilizzandolo.
    Gli occhi dietro la maschera si fecero più rossi, e quando Draco tentò di urlare, si scoprì senza voce.
    - Hai già conosciuto il tormento, Draco Malfoy… La sofferenza. C’è già oscurità in te… - Aveva mormorato una voce femminile dietro la maschera.
    - Draco Malfoy, tu sei ancora te stesso, la tua magia non permetterà a nessuno di entrare… -
    Poi Draco aveva sentito un profondo dolore dietro l’orecchio; ma prima che potesse replicare o fare qualcosa, Draco cadde inerme sul letto, con gli occhi sbarrati e le labbra contorte in una smorfia di dolore.
    Quando credette che quella oscura presenza l’avrebbe ucciso, la Granger, armata di bacchetta, la puntava verso l’oscurità che l’aveva attaccato.
    Ma questa le fece cadere la bacchetta, si mosse velocemente verso Hermione e tentò di prenderla per il collo.
    Ma Hermione Granger fece qualcosa: qualcosa che forse nemmeno lei stessa riusciva a spiegarsi. Mossa da chissà quale forza, Hermione bloccò la mano della presenza, fino a piegarla verso il basso.
    Poi guardò attentamente gli occhi rossi dietro la maschera ed urlò.
    Come aveva fatto l’altra sera.
    Il lampadario della stanza di Draco tremò, così come il letto dove Draco era rimasto paralizzato.
    L’oscurità scomparve, ed Hermione si gettò su Draco.







    Capitolo 7
    Christmas Eve



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    Draco giaceva inerme sul suo letto, quel letto dove aveva passato molte notti insonne.
    Hermione gli si gettò addosso, lo afferrò per il collo e prese a scuoterlo violentemente.
    - Malfoy! – I suoi occhi erano diventati verdi smeraldo.
    - Draco Malfoy ti ordino di svegliarti! –
    Hermione lo chiamava invano, mentre in qualsiasi modo cercava di svegliarlo.
    - Oh, andiamo! -
    Hermione scese dal letto, prese la bacchetta che era caduta per terra e la puntò verso il corpo inerme di Draco.
    - Innerva! -
    Niente.
    - Reinnerva! – Ancora nulla.
    - Locomotor! – ma Draco non aveva proprio intenzione di muoversi.
    - Finite Incantatem! -
    Draco non si risvegliava.
    Hermione iniziò a scartabellare tutti i libri di Magia che riuscì a trovare a casa Malfoy, provò un numero infinito di incantesimi: forse era colpa sua, se Draco non si svegliava? Forse lei non sapeva più fare gli incantesimi?
    - Malfoy! Svegliati! -
    Hermione urlava invano. – Andiamo, non puoi essere morto. Godric! -
    Imprecazioni, scuotimenti, pugni sul braccio, ma Draco non si svegliava.
    - Expulso! – aveva urlato Hermione in un momento d’ira. Quell’incantesimo generava una piccola scossa elettrica, sebbene il corpo di Draco si mosse appena, i suoi occhi rimasero sempre vuoti e sempre più verdi.
    - Reducto! -
    Allora Draco si era svegliato, aveva fatto un grosso balzo sul polso e aveva preso a respirare, come se fosse stato in una perenne apnea.
    Hermione gli si gettò al collo, urlando il suo nome, il suo primo nome, non Malfoy.
    Draco.
    Lui la accolse fra le sue braccia e se la strinse al petto, affondando il volto fra i suoi capelli mossi e setosi. Quando i due si staccarono, l’uno completamente avvolto nell’altro, si guardarono negli occhi.
    In quel momento Draco si accorse di come gli occhi di Hermione fossero di un colore semplice, ma non banale.
    Nocciola.
    Era la prima cosa che gli era venuta in mente guardando gli occhi di Hermione. Nocciola, quel gusto delizioso che si scioglie in bocca. Uno dei suoi gusti preferiti.
    Ghiaccio.
    Era la prima cosa che era venuta in mente ad Hermione quando aveva visto gli occhi di Draco. Grigi. Chiarissimi. Non li aveva mai notati: erano di un colore particolare, sicuramente un colore che non si vedeva spesso.
    Gli occhi di Draco scesero fino alle labbra della Granger, schiuse in un’espressione sorpresa.
    Invitante.
    Fu la prima parola che venne in mente a Draco.
    Deliziosamente invitante.
    Hermione si alzò di scatto, puntandogli minacciosamente il dito contro.
    - Si può sapere cosa diavolo hai combinato, Draco Malfoy?! -
    Aveva esclamato, adirata.
    - Per prima cosa ti avevo avvertito che leggere quel libro sarebbe stato pericoloso. -
    - Non leggo mai le istruzioni d’uso, Granger. -
    - Beh avresti dovuto farlo! – Hermione incrociò le braccia al petto.
    - E secondo, mi hai fatto prendere un accidente! -
    - Credevo fossi morto! -
    Draco sogghignò. – Eri preoccupata per me, mezzosangue? -
    - Non farti strane idee, Malfoy. Ero preoccupata perché mi sentivo responsabile. Se no ti avrei lasciato crepare sul tuo adorato letto da mille galeoni. -
    Draco ghignò, annuendo ironicamente. – Come no. -
    - Al diavolo. – esclamò. – Me ne torno a dormire. Sai, in teoria domani dovremmo lavorare. -
    Hermione fece per andare.
    - Buonanotte, Granger. – Ghignò, mentre lei lo mandava a fanculo, per poi spegnere la luce.
    C’era una cosa che non riusciva a comprendere: nel suo stato inerme, Draco aveva visto la Granger fare qualcosa che andava oltre le sue capacità da strega; aveva compiuto qualcosa di straordinariamente strano e preoccupante.
    La stanchezza si impossessò subito delle sue ossa e così Draco cadde in sonno profondo.


    Hermione sedeva su una vasca da bagno elegantissima. Perfetta, immacolata. Tutta perfettamente bianca e in marmo, era fin troppo perfetta che starci seduta sopra sembrava quasi di sporcarla. I rubinetti erano color oro, così come i piedi che la tenevano attaccata al pavimento ma un po’ rialzata. Era completamente nuda, appoggiata al bordo, con i capelli raccolti su un lato e il volto pallido. Hermione si immerse nella vasca, facendo adagiare il bacino al bordo e appoggiando i piedi contro il muro. L’acqua era quasi ghiacciata, ma Hermione non provava alcun freddo.
    Si immerse fino a quando l’acqua le arrivò fino a capelli, chiuse gli occhi andando sott’acqua, ma quando fece per risalire, si accorse di non poterlo fare. Aprì gli occhi e si trovò davanti lo spirito di quella donna dagli occhi rossi che aveva attaccato lei qualche sera fa: ma quello spirito, sembrava diverso da quello che aveva attaccato poco fa Draco. Lo spirito rideva, fissandola annegare, guardandola cercare di aggrapparsi alla vasca, pur di risalire.
    Hermione tentava di respirare, senza risultati: tutto ciò che ingeriva era solo acqua. Vide le sue vene scoppiare, vide il suo sangue sporcare tutte le pareti ed infine sentì la sua vita scivolare dal suo corpo.

    Quando riuscì finalmente ad aprire gli occhi, i veri occhi, Hermione scoprì di essere nel letto dove poco prima si era addormentata, era nel letto, con le mani che stringevano le lenzuola e nel mentre urlava dal panico.
    Avrebbe continuato ad urlare, se non fosse per il fatto di aver visto Draco: il ragazzo infatti era giunto – quasi correndo – alla sua porta, e subito si era avvicinato a lei.
    Gli si gettò completamente fra le braccia.
    Hermione, trovò spazio fra le braccia di Draco in un modo così naturale e semplice che fu strano persino a lei: si strinse così in un abbraccio anormale.
    E’ proprio vero che la notte cambia le nostre prospettive di vita.
    - Granger… -
    Le sussurrò lui, sentendola tremare al suo tocco.
    Lei non rispose, ma Draco sentì che il suo tremare si faceva sempre meno forte.
    - Era solo un incubo – la rassicurò lui, forse troppo esperto di quel genere di sogni.
    - E’ tutto finito. -
    Hermione annuì, senza riuscire comunque a staccarsi dalle sue braccia.
    In quella situazione, i due sembrarono più uniti di sempre.
    Da dove veniva fuori quell’affetto? Quella rassicurazione?
    Era forse perché Draco conosceva bene gli incubi, e per quello si sentiva in dovere di aiutarla, o forse semplicemente lui voleva aiutarla?
    E perché lei vedeva le braccia di Draco come l’unico posto sicuro sulla terra?
    Quelle braccia, quell’abbraccio, erano praticamente diventati la casa di Hermione.
    - Stavo annegando… -
    La Granger aveva ripreso a tremare. – Ssh – le aveva sussurrato Draco fra i capelli.
    - Non pensarci. Era un sogno. Solo un sogno. -
    - Non so cosa è reale. – Hermione aveva iniziato a guardarsi attorno, nervosa.
    - Questo è reale? -
    Lo sguardo di Hermione si era fatto più confuso, poi spento, poi vuoto.
    Hermione guardava Draco con uno strano sguardo: assente, diverso: come se dentro di lei ci fosse l’anima di un’altra persona.
    - Granger! – l’aveva chiamata, come per richiamarla alla realtà.
    Hermione non sembrava sentire. Era caduta in una sorta di crisi post-incubo, in cui si era estraniata dalla realtà, non riuscendo a capire se quella fosse la realtà vera.
    - Granger! Ascoltami. -
    Hermione sembrava caduta in trans, e mentre lo guardava, Hermione respirava a fatica. Sembrava stesse annegando, ancora una volta, ma questa volta realmente.
    - Dannazione mezzosangue! -
    Draco aveva preso velocemente la sua bacchetta, e dopo avergliela puntata addosso aveva detto: - Anapneo – e le vie respiratorie di Hermione si erano liberate.
    - Stai bene? -
    - Non lo so -
    Aveva risposto lei, alzando lo sguardo verso il suo. Non si dissero nulla.
    Si limitarono a guardarsi, incatenando i loro sguardi.
    Sguardi che dicevano una sola cosa:
    Stai con me.
    Resta con me.
    Draco Malfoy, intercettò quei pensieri alla perfezione, così si sdraiò nel letto accanto a lei.
    E lei fece lo stesso.
    Prima di chiudere gli occhi, Hermione lo guardò.
    Poggiò una mano sulla sua, come a ringraziarlo di averla salvata quella notte. Draco non disse nulla.
    Tutte quelle emozioni nuove erano troppo estranee e lui era incapace di gestirle tutte in una volta.
    Incrociò le sue dita con quelle di lei e poi chiuse gli occhi.
    - Dormi, mezzosangue. E’ un ordine. -
    E lei, da brava obbediente, chiuse gli occhi, senza lasciare la sua mano.



    -Stai scherzando, vero? – La voce isterica della Granger quasi fece tremare l’entrata di Malfoy Manor.
    - Che c’è, Granger? Hai visto un fantasma? -
    Hermione ringhiò. – Okay, pessima battuta. -
    - Malfoy, guarda qui! -
    Hermione gli buttò davanti la Gazzetta del profeta.
    - Siamo sulla copertina, Granger, guarda! -
    Draco ridacchiò.
    - Malfoy! Leggi che c’è scritto! -
    Sembrava una dittatrice.
    - Hermione Granger torna al Ministero dopo una lunga assenza: a salvarla questa volta non è il suo migliore amico, ma bensì lo scapolo più acclamato del mondo magico, nonché suo acerrimo nemico d’infanzia, Draco Malfoy -
    Draco ghignò. – Mi sta quasi piacendo questo articolo. -
    Hermione alzò gli occhi al cielo. – Continua a leggere, imbecille. -
    - Ehi, ehi. Piano con gli insulti. -
    - Sembra che i due siano usciti dal Ministero insieme, alcuni li hanno persino visti materializzarsi insieme. Forse il nostro scapolo ha deciso di mettere da parte il vecchio astio per concedersi una notte bollente con lei? E la nostra paladina del bene, Hermione Granger, si è concessa al suo nemico perché l’astinenza dal sesso la sta logorando? -
    Draco scoppiò a ridere.
    - Lo trovi divertente? -
    - Alquanto, mezzosangue. -
    Hermione prese la gazzetta e gliela tirò in testa.
    - Beh io no! Lo trovo offensivo – Sentenziò, incrociando le mani al petto, - E oltre tutto non veritiero! -
    - Non del tutto, Granger. -
    Hermione lo fissò. – Non sono in astinenza dal sesso. Cioè si, ma questo non vuol di certo dire che mi metto ad andare a letto con il primo che capita! – disse. – Si può vivere anche senza sesso, perché questi stupidi giornali non lo capiscono? E io che pensavo che Rita Skeeter fosse stata bandita dalla Gazzetta. -
    - Non sono d’accordo. – Aveva prontamente detto Draco, che invece faceva del sesso un elemento fondamentale della sua vita.
    - E poi tanto meno a letto con te! – Hermione emise un verso simile ad un ringhiò e Draco non riuscì a trattenere le risate. – Stupido giornale! -
    Hermione puntò la bacchetta verso la Gazzetta, facendola tagliare in mille pezzi.








    - Niente da fare, Granger. Il libro lo tengo io. -
    - Non ti appartiene! Dannazione Malfoy, devo rileggerlo, studiarlo. -
    - Granger: non si discute. Voglio leggerlo tutto, tu l’hai già fatto, se dopo le vacanze partiamo per la missione, non posso di certo mostrarmi impreparato. -
    - Posso raccontartelo io. -
    - Mezzosangue, il libro resta con me. Il caso è chiuso. – Sentenziò, glaciale.
    - E per quanto riguarda lo spirito? Se tornasse a farti visita? Che farai allora? -
    - Credi che io abbia paura di uno stupido spirito, Granger? – Draco inarcò un sopracciglio.
    Hermione sbruffò, arrendendosi alla decisioni di sua altezza Draco Malfoy.
    - A proposito, ha nevicato tutta la notte. Non credo che abbiano riaperto i mezzi, forse ti conviene aspettare stasera. – Hermione annuì.
    - Stasera andrò in stazione. -
    Ma prima che i due potessero accordarsi sul da farsi, un gufo andò a sbattere contro il vetro di una grossa finestra di Malfoy Manor. Hermione saltò in aria sentendo il botto, e quando scoprì che era solo un gufo sorrise fra se e se.
    - Blaise e il suo dannato gufo. E’ la volta buona che lo uccido. -
    Draco apre la finestra, prende la lettera del becco del gufo che, tenta di riprendersi dalla botta.
    Caro Draco,
    Sei ufficialmente invitato alla partita di Poker organizzata ai Tre Manici di Scopa in onore della Vigilia di Natale.
    Ti aspetto,
    Blaise.

    P.S: non accetto un no, coglione. Vedi di farti vedere, dopotutto è sempre il tuo locale. O dovrai subirti l’ira di Daphne incinta. Fidati: non è una bella cosa.
    A stasera

    Draco sorrise divertito, poi prese un foglietto volante che si era staccato dalla gazzetta – Hermione l’aveva fatta a pezzi – e con la bacchetta lo fece diventare totalmente bianco: dopo aver acciato la sua penna, iniziò a scrivere:
    Aggiusta il tuo gufo, Blaise. O la prossima volta non ci penserò due volte ad ucciderlo.
    A stasera.
    P.S: Non sono solo.

    - Granger, ti piace il poker? -
    Esclamò, sogghignando.
    - No, direi di no. Non mi piacciono i giochi d’azzardo in generale. – Hermione alzò lo sguardo da un libro di Magia. – Perché? -
    - Perché stasera assisterai ad una partita. -
    Hermione aggrottò la fronte.
    - Come scusa? -
    - Hai capito benissimo, Granger. Non amo ripetermi. – Sorrise, mellifluo.
    - E io non amo che le cose vengano decise al posto mio. Cos’è questa storia? -
    - Blaise mi ha invitato ad una partita di poker, come tutte le vigilie di Natale. E tu verrai con me. -
    - Non se ne parla. Non mi muovo da qui. -
    Hermione incrociò le braccia al petto, scuotendo la testa.
    - E dove hai intenzione di stare? -
    - Qui. -
    - A casa mia senza di me, oh si, mi sembra un’ottima idea. -
    Draco annuisce ironicamente. – Cosa ci sarebbe di male? -
    - E’ la vigilia di Natale, Granger. Per quanto io non abbia mai sentito l’atmosfera natalizia non credo che sia galante lasciare una signora a casa da sola. -
    - Signorina – lo corresse subito, con un sorriso amaro.
    - Voglia scusarmi – rispose, ridacchiando.
    - Se vengo mi restituirai quello stupido libro? -
    Draco sogghignò. La Granger era astuta, non doveva di certo sottovalutarla.
    - Affare fatto -
    Ma Hermione non sapeva che si fa male a scommettere con il diavolo.






    Quando Draco ed Hermione si materializzarono davanti a Tre Manici di Scopa, qualcuno li avrebbe potuti tranquillamente scambiare per una coppia.
    Chi, ovviamente, non li conosceva.
    Draco indossava un completo blu scuro elegante: con sotto una camicia bianca e una cravatta blu mare. Draco aveva convinto Hermione ad indossare un abito elegante di sua madre, anche se non aveva capito perché doveva vestirsi così bene per andare ai Tre Manici di Scopa, quel posto dove tutti andavano in jeans. Draco le aveva detto che stavano andando in un posto dove essere vestiti bene era il biglietto da visita.
    Il vestito di Hermione era semplice ma molto elegante. Le arrivava poco più sotto del ginocchio: era un tubino nero, senza maniche, con una sola bretella spessa che girava attorno al collo, per poi chiudersi dietro la schiena. Il tubino si stringeva sotto il seno, evidenziando quelle forme che Hermione per anni non aveva mostrato.
    Quando Draco l’aveva vista, aveva voluto dirle che era bellissima, ma il codardo si limitò ad annuire e a dirle che stava meglio a lei che a sua madre.
    - Pronta Granger? -
    - Per cosa? -

    Quando entrarono nella porticina nascosta, dietro i Tre Manici di Scopa, una musica jazz colpì le loro orecchie.
    Hermione osservò attentamente ciò che la circondava: era una stanzetta che da fuori sembrava molto piccola, mentre dentro era immensa. Tutto era addobbato con i colori serpeverde: nero, argento, verde: come Malfoy Manor. Ballerine danzavano su un palco e molti maghi sotto di loro ridevano ed applaudivano. Un maestoso bar incantato versava in continuazione drink diversi, e in aria carte da poker si mescolavano rumorosamente. La luce era soffusa e in altre parti molto forte, di colori diversi: rosso, blu, verde. Ad Hermione venne in mente uno di quei locali babbani dove una volta sua zia Jane l’aveva portata.
    - Wow – esclamò lei.
    - Ti piace? -
    - E’ particolare. Un bel posto. -
    - L’ho fatto io. E’ di mia proprietà. -
    Hermione si era voltata, sorpresa, verso di lui. Stava per dire qualcosa, ma non appena aprì bocca, fu un altro a parlare.
    - Draco! – Blaise Zabini, alto un po’ più di Draco e della pelle molto più scura della sua, si era avvicinato abbracciando il suo migliore amico.
    - Finalmente. Temevo che non saresti venuto – Poi Blaise la vide. – Oh – si limitò a dire.
    - Hermione Granger -
    Hermione lo fissò. Era forse finita in un covo di serpi pronte a mangiarsela?
    Blaise l’avrebbe insultata, ora?
    - E’ un piacere rivederti. Giochi a poker? -
    Hermione fu sorpresa dalla gentilezza di Blaise. Era sempre stato un tipo tranquillo, ad Hogwarts, ma era pur sempre un alleato di Draco e più volte Harry o Ginny erano finiti nel combattere contro di lui.
    Hermione sorrise. – Oh, ehm, no. Cioè so giocare, ma non penso di essere troppo brava. -
    - C’è tempo per provare. Visti i tuoi vecchi voti a scuola, scommetto che sei più brava di molti altri qua dentro. – Blaise sorrise, divertito.
    - Andiamo? – Chiese, rivolto ad entrambi.
    Hermione annuì: Blaise era più simpatico di Draco.



    Hermione venne convinta da Blaise a giocare, seppur Draco all’inizio non ne fosse così convinto. Seduti al tavolo, Hermione, Draco, Blaise, Theodore Nott, ed altri uomini che Hermione non conosceva, si misero a giocare.
    Draco quasi sborsò i due uomini che aveva davanti, sogghignando in modo malefico, ed Hermione pensò, in quel momento, che Draco sapeva essere molto affascinante. Cercava di togliersi quel pensiero della mente, ma più lo guardava, più se ne rendeva conto: quell’abito costoso, i capelli ordinati ma ribelli, quel ghigno malefico, la sigaretta fra le labbra, le mani che giocherellavano con un bicchiere di Whiskey Incendiario.
    Dannazione.
    Era come uno di quegli uomini che lei e Ginny guardavano nelle commedie d’amore. Ora capiva perché tutte quelle donne gli andavano dietro, capiva perché le donne in quel locale non gli toglievano gli occhi di dosso: Draco era bello, potente, ricco, affascinante.
    Si, ma Draco era arrogante, oscuro, perfido, orgoglioso, spocchioso, indifferente verso l’umanità, apatico, stronzo, calcolatore, vanitoso.
    Una vera serpe.
    Ed era colui che le aveva rovinato la vita.
    Davvero Hermione? E se ti avesse solo fortificata?
    - Che fai, Granger, non punti? -
    - Sto aspettando il giusto momento, Malfoy. -
    Lui ghignò, annuendo.
    - E per questo che mi stai fissando? Se stai cercando di capire la mia prossima mossa, mi dispiace deluderti, mezzosangue, ma sono piuttosto abile nel bluff. -
    - Lo so bene, Malfoy. -
    Hermione aveva dipinto sul suo volto un sorrisetto amaro. – Ma non sei l’unico a saperlo fare. -
    Draco alzò lo sguardo verso la Granger e incatenò lo sguardo al suo. Un sorrisetto sghembò apparì sul volto di Draco, e uno sguardo di sfida apparì su quello di Hermione.
    - Punto cinquanta galeoni -
    Aveva sentenziato Hermione.
    - Lascio – Aveva detto subito Nott, e a seguire anche i due uomini che Draco aveva quasi lasciato al verde.
    - Rilancio a cento galeoni -
    Aveva prontamente detto Draco. Blaise, dopo di lui, aveva deciso di chiamare.
    Erano rimasti in tre, ma in quel momento sembrava solamente che due persone si stessero sfidando.
    Draco sogghignò ed Hermione assottigliò lo sguardo.
    Draco poteva avere carte più alte di lei, ma Hermione continuava a fissare il suo poker, indecisa sul da farsi.
    - Rilancio a centocinquanta -
    - Duecento -
    Draco la fissava, divertito.
    - Duecento cinquanta – Hermione rispondeva al suo sguardo in modo deciso, quasi arrogante: lei non ne sapeva quasi nulla del Poker, se non fosse per qualche regola che Ron le diceva e qualche trucco di Ginny.
    - Trecento -
    - Lascio – Blaise aveva lasciato le carte sul tavolo, lavandosene le mani.
    - Quattrocento – Hermione sentiva il sangue pulsarle nelle vene: doveva ammettere che era alquanto interessante.
    - Settecento, Granger. -
    Draco sorrise, mellifluo.
    Valeva la pena rischiare, con i soldi? Draco fece un tiro dalla sua sigaretta, sempre non togliendo gli occhi di dosso da Hermione.
    - Novecento. -
    Blaise e Nott avevano iniziato a blaterare.
    - Rischioso, mezzosangue -
    - Dici? – Hermione sorrise amara.
    - Mille galeoni. -
    Sentenziò alla fine, Hermione Granger. Draco la guardò, ghignante, quel ghigno che tanto irritava Hermione.
    - Non vorrei essere costretto a farti un prestito -
    - Smettila con le battutine, che fai, Malfoy? -
    - Vedo -
    Draco girò le sue carte, mostrando un Full: tris di Re e coppia di nove.
    Era un Full alto, considerando il Tris di Re.
    Hermione non disse nulla, intenta a pensare alle frasi che Ginny le aveva ripetuto, un Poker batteva un Full?
    Sì.
    Hermione svelò le sue carte, mostrando un bellissimo Poker D’Assi.
    In quel momento, Hermione fu certa di vedere Draco sbiancare.
    Blaise e Nott esordirono in una fragorosa ed irritante – almeno per Draco – risata, i due uomini che Draco aveva poco prima sborsato iniziarono a fare battutine che Draco trovò incredibilmente fuori luogo. Malfoy tirò fuori la bacchetta e con un colpo schiantò i due uomini, poi se la rimise in tasca e ghignò ad Hermione.
    - Alquanto brava, mezzosangue. I miei complimenti -
    Hermione sorrise soddisfatta. – Grazie, signor Malfoy – lo prese in giro, e Blaise quasi si soffocò con una risata.
    Draco si voltò verso Blaise, guardandolo in cagnesco, poi ghignò.
    - Blaise, perché non chiediamo alla Granger di giocare nell’altra sala? – chiese, sogghignando, come chi ne sa troppe. – Con questa bravura potrebbe far rimanere molti uomini in mutande -
    Blaise lo guardò, curioso e divertito.
    - Letteralmente – Finì Draco.
    - Posso partecipare a questa conversazione? – domandò Hermione, ironica.
    - Hai promesso di giocare a poker questa sera, giusto, Granger? -
    - Per ottenere il libro. -
    - Esatto. Ma non ho specificato né quante partite avresti dovuto giocare, né che tipo di gioco avresti dovuto fare. – Draco si alzò, ghignando maleficamente.
    - Vorresti seguirmi, Granger? -
    Hermione inarcò un sopracciglio, ma in quel momento si sentì come catturata in una morsa.
    In trappola.
    Nella trappola di Malfoy.
    Un accordo era un accordo, e lei aveva omesso di definire le condizioni: lui, ne aveva approfittato.




    - Strip Poker? – strillò Hermione.
    Draco sorrise divertito. – Sapevo che non l’avresti presa bene -
    - Ovvio che non l’avrei presa bene! Merlino, che hai nella testa, Malfoy? Ho dei principi, di certo non posso… metterli da parte. Non giocherò a questo stupido gioco, che sia chiaro. -
    Lo sguardo di Hermione si posò su alcuni tavoli: era una saletta riservata e con la luce soffusa rossa: ogni tavolo era chiuso da un velo trasparente rosso: da fuori non si poteva vedere chi ci fosse dietro quel tavolo, ma si poteva assistere a qualcuno che si sfilava la camicia, o la gonna, o la cintura.
    - Allora dì addio al tuo caro libro, Hermione Granger -
    Draco la sentì ringhiare e sorrise divertito.
    - Perché diavolo ho deciso di contrattare con te? -
    Hermione alzò gli occhi al cielo e lo seguì verso uno dei tavoli verdi da poker. Draco si sedette, Hermione gli si piazzò davanti, e due donne – una dai capelli biondi, l’altra mora – sedettero accanto a Draco, che non riuscì proprio a trattenere un sorrisetto divertito. Hermione alzò gli occhi al cielo, infastidita. Ecco, ci mancava pure che avrebbe dovuto vedere quelle donne spogliarsi per Draco.
    Oh no, lei sarebbe rimasta vestita. Fino alla fine. Aveva vinto prima e poteva vincere anche adesso.
    Poco dopo un altro uomo si aggiunse al tavolo, sedendosi accanto ad Hermione e sorridendogli, mellifluo: aveva i capelli corvini e gli occhi verdi.
    Questa volta, fu Draco a ringhiare ed Hermone a sorridere divertita.
    Il mazziere chiuse le tende intorno a loro e prese a distribuire le carte: Hermione puntò qualche volta, senza mai però perdere il piatto: ogni volta una parte di punti veniva data a lei, e un po’ a Draco. Le due donne – che come aveva ipotizzato Hermione erano incapaci a giocare – avevano già perso la camicetta: adesso mostravano un seno prosperoso e un ghigno malizioso.
    Hermione le guardava, disgustata.
    L’uomo alla sua destra invece era rimasto in canottiera: ma stava cercando un modo per spogliare Hermione. Draco lo fissava in cagnesco: non gli andava a genio il fatto che lui ci provasse con la sua ospite.
    No, affatto.
    Draco perse la cravatta e la giacca a causa della sfortuna, ma la fortuna permise a lui di far togliere il maglioncino bianco di Hermione: adesso il vestito di sua madre metteva bene in mostra le sue forme, che lei aveva nascosto con un cardigan.
    Cardigan che aveva messo fuori gioco grazie ad una coppia di Jack.
    Draco svelò un tris di cinque, ma Hermione, ghignando, mostrò il suo tris di nove.
    - Malfoy, credo che tu abbia appena perso la camicia. -
    Draco si alzò, poggiando lo sguardo su Hermione. – Se è questo che desideri… -
    - Io non… - Hermione ringhiò fra i denti: adesso se lei vinceva era solo perché lo voleva spogliare?
    Draco Malfoy prese a sbottonarsi lentamente la camicia: lo fece con calma, prendendosi tutto il tempo del mondo, mentre Hermione evitava di guardarlo e le due donne pendevano dalle sue labbra. Draco fece scivolare la camicia sulle braccia, e poi la poggiò sul divanetto, rimanendo a petto nudo.
    Hermione lo guardò sedersi: vide il suo fisico scolpito, non troppo muscoloso, ma incredibilmente bello. Sembrava che il suo corpo fosse fatto di marmo bianco, sia per colore, sia perché sembrava liscio.
    Desiderò, Hermione, passare le mani su quel corpo scolpito.
    Hermione, sei pazza?
    Poi distolse lo sguardo da lui, e lo poggiò sulle carte.
    - Sembra che siamo rimasti soli, Granger. -
    Draco ghignò, tirando dalla sua sigaretta. – Gli altri non erano alla nostra altezza. -
    Hermione svelò le sue carte: Scala, come Draco.
    Il mazziere decretò il pareggio, e così entrambi furono costretti a togliersi qualcosa di dosso.
    Draco sfilò la cintura, lasciandola cadere sul pavimento – e il rumore fece sussultare appena Hermione, che deglutì – mentre la ragazza sfilò da sotto il vestito i suoi collant, mostrando le sue gambe snelle, quelle gambe che Draco la scorsa notte aveva visto.
    La guardò, prima in viso – e fu sicuro di vederla arrossire – poi le guardò le gambe: desiderò accarezzarle, baciarle, stringersele sui fianchi.
    Ancora una volta, Draco, si chiedeva se quella donna l’avesse stregato.
    Perché provava quel desiderio impellente verso di lei?
    Tutto da quando l’aveva vista in bagno.
    Da quando l’aveva vista quasi nuda.
    Hermione in cuor suo non poteva nascondere di sentirsi attratta da Draco, dal suo più grande nemico. Era forse la situazione? La musica? Quell’odore di tabacco che le inebriava la mente?
    Eppure, in quel momento, Hermione desiderava Draco.
    La sua pelle.
    Affondare le mani fra i suoi capelli.
    Baciargli le labbra.
    - Poker d’assi – Sentenziò Hermione, svelando le sue carte.
    - Scala Reale -
    Draco aveva vinto.
    Ma ancora non sapeva una cosa: Draco aveva vinto lei.
    Hermione si alzò, senza protestare, senza lamentarsi, senza dir nulla. Portò le mani alla cerniera del vestito e la abbassò: quel suono, irrigidì Draco.
    Il vestito di Hermione cadde per terra, senza far suoni, svelando l’intimo di Hermione: un intimo puro, normale, semplice, bianco.
    Draco la osservò: aveva la pelle candida, morbida: il collo quasi disegnato per essere baciato, il seno sodo ma non imponente: le maniglie dell’amore indirizzavano lo sguardo verso l’intimità di Hermione. Scese di nuovo a guardarle le gambe, desideroso di poterle toccare.
    Dio, quelle gambe.
    Quel seno.
    Draco alzò lo sguardo verso il viso della Granger: aveva le gote arrossate, ma allo stesso tempo era in piedi, stabile. Senza nasconder nulla.
    Quando Draco incatenò lo sguardo con quello della Granger, il suo corpo si irrigidì. Draco sentì i peli delle braccia irrigidirsi, ma non solo.
    Qualcosa in mezzo alle gambe richiedeva attenzione.
    Draco vide negli occhi della Granger qualcosa che non si era mai aspettato di vedere.
    Desiderio.
    Lo stesso desiderio che lui aveva provato l’altra sera, e lo stesso che provava ora. Glielo lesse negli occhi.
    Si alzò di scatto, incapace di star fermo, per tutte le emozioni che gli scorrevano nelle vene, e quando Hermione lo vide alzarsi, fu talmente travolta dal desiderio di andargli addosso che le sue labbra si schiusero involontariamente: aveva lo sguardo pieno di passione.
    Lei aveva lo stesso sguardo di lui.
    Lo schiudersi di quelle labbra fu il segno decisivo.
    Draco gli si lanciò quasi addosso, la attirò a sé prendendola dai fianchi, unendo le loro labbra in un violento, passionale e desiderato bacio.
    Quando Draco si staccò – a malincuore – dalle labbra della Granger, Hermione vide negli occhi di Draco un desiderio ardente: e lui vide in lei il medesimo sguardo.
    Con una mano Draco prese velocemente i vestiti, con l’altra afferrò la Granger.
    Si materializzarono a Malfoy Manor.


    Quando arrivarono, Hermione e Draco evitarono i convenevoli: Draco tornò ad assaggiare quelle labbra morbide e carnose, ed Hermione si alzò appena in punta di piedi, poggiando le mani sul collo di lui e aderendo al suo corpo. Lui la sollevò da terra, prendendola in braccio, in modo che lei potesse attorcigliare le sue gambe sui suoi fianchi: la spinse contro il muro ed Hermone non riuscì a trattenere un gemito soffocato dalle labbra di Draco, sia per la freddezza del muro di Malfoy Manor, sia per la violenza di quel gesto, che l’aveva fatta eccitare. Il ragazzo fece scivolare una mano sul fondoschiena di di lei, lo strinse appena, facendola aderire ancora di più a se, tanto che Hermione sentì la sua rigida erezione. Draco si staccò dalle labbra di lei, appoggiandole sul suo collo, quel collo che aveva desiderato così tanto baciare. Le baciò il collo, succhiandolo, mordicchiandolo appena: oramai non rispondeva più delle sue azioni. Hermione affondò una mano fra i capelli dell'uomo che la baciava, mentre lui faceva risalire la sua mano verso il suo seno. Lo accarezzò inizialmente, con il palmo aperto, fino a palparla con desiderio. Tornò sulle sue labbra, torturandole, lambendole, baciandole, mentre con una mano slacciava il reggiseno, lasciandolo cadere per terra, lui la riprese in braccio e la adagiò poco gentilmente sul letto, per poi mettersi sopra di lei, travolgendola di piacere.
    Draco riprese nella mano il seno di Hermione, rigido, indurito in quel momento, le accarezzò il capezzolo, per poi stringerlo appena fra due palmi di due dita, poi scese con le labbra su di esso; ed Hermione si morse le sue di labbra, incapace di contenere tutto quel piacere: allora lui giocherellò con la lingua con il capezzolo, mentre Hermione ansimava sotto di lui.
    Malfoy le baciò tutto il petto, poi il collo, fino ad arrivare alle sue labbra, che schiusero senza problemi: le loro lingue iniziarono una danza frenetica, veloce ed ardente. Hermione poggiò le mani sulle sue spalle, appendendosi ad esse e attorcigliò le gambe sul busto di Draco, che quasi rimase interdetto da quella presa di iniziativa.
    Si eccitò ancora di più e fece scivolare la mano sulla sua pancia. Hermione ebbe un piccolo brivido e gli morse il labbro inferiore. Draco fece scivolare la mano sulle mutandine della sua amante e, e lei inarcò istintivamente il busto verso l’alto. Lei lo sentì ghignare sul suo collo, e quando lui le abbassò il busto – rispedendola nel suo posto originario – accarezzandole l’intimità da sopra le mutande, Hermione si morse il labbro inferiore. La baciò ancora, lasciando che la lingua di lei gli schiudesse le labbra: si staccò dopo poco, lasciandola quasi a mezz'aria e le sfilò le mutandine. Draco le baciò il collo con foga, mentre le mani di lei lo accarezzavano: dai capelli, alle spalle, al petto: la mano di lui ora si infilava lentamente in mezzo alle cosce della Granger: quando Draco la toccò in superficie della sua intimità, Hermione sospirò forte e lui lo vide come un segno per osare un po’ di più. Lui scese a toccarla, a stuzzicarla più in profondità, mentre con le labbra le torturava il collo e la sentiva gemere sotto di lui. Scese con le labbra a baciarle tutto il corpo: il seno, il petto e poi pancia. Quando lei lo sentì lambirle la coscia, si accorse di ciò che lui stava per fare e incapace di dominare le sue pulsioni, Hermione aprì le gambe.
    Allora lui assaggiò la sua intimità, assaggiò lei, scoprendo che era deliziosa.
    Lei era deliziosa.
    Prese ad assaggiarla più in profondità, stuzzicandola, sentendola gemere per una sensazione del tutto estranea, una sensazione che non aveva mai provato.
    Si staccò a malincuore dalla sua intimità ed Hermione gli sbottonò i pantaloni, accarezzando volutamente la sua erezione che oramai era troppo stretta nei suoi abiti. Draco si sfilò le mutande e poi tornò su di lei, le girò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ed Hermone lo prese dalla nuca per baciarlo con foga. Comprese che era arrivato il momento, e con delicatezza – ma allo stesso tempo con foga, visto il desiderio che lo logorava – la penetrò, sentendosi parte di lei.
    Hermione lasciò uscire un gemito dalle sue labbra e Draco pure.
    Quella sensazione li aveva lasciati spiazzati, capaci solo di gemere.
    Lui prese ad ondeggiare dentro di lei, inizialmente piano, poi aumentando sempre di più il ritmo, fino a spingere con più ardore. Hermione lo baciò con foga, poggiando le mani alle sue spalle, aggrappandosi ad esse, e lasciò uscire dalle sue labbra gemiti di piacere: adesso i loro respiri non erano più sussurri, ma riempivano la stanza. I loro ansiti rendevano l’atto ancora più passionale di quanto già non fosse, Draco la sentiva ansimare sul suo petto, e non poteva chiedere di meglio.
    Il piacere la travolse.
    E prese anche lui.
    Hermione gemette forte quando insieme, raggiunsero l’apice.
     
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